Sempre aperto il dibattito sugli psicofarmaci su cui pesa il pregiudizio. Una revisione internazionale di 522 studi accerta la loro efficacia, superiore al placebo. Ventuno gli antidepressivi riesaminati
Psicofarmaci: c’è chi sostiene che funzionano e c’è chi è convinto che non facciano niente. In questo perdurante dilemma, il New York Times di recente ha titolato: «Gli psicofarmaci funzionano». Lo ha fatto sulla base di una ricerca pubblicata dalla rivista The Lancet, condotta da studiosi di varie nazionalità e che ha come prima firma un italiano, Andrea Cipriani, professore di psichiatria della Oxford University.
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RIVISTI 16 MILA PAZIENTI
I ricercatori hanno pescato da vari circuiti di indagini internazionali 522 studi che nel complesso hanno coinvolto 16.477 persone. E quel che si è visto in termini di efficacia è che la totalità degli antidepressivi presi in esame si erano rivelati, in tutte le prove, più efficaci rispetto al placebo: una sostanza inerte, somministrata al paziente a sua insaputa. E che tuttavia in molti pazienti sembra suscitare, fino a un certo punto, risultati simili al farmaco vero, forse per autosuggestione.
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LA LISTA DEI 21
Nello studio sono stati presi in esame 21 antidepressivi di uso più comune. Già qualche anno fa lo stesso gruppo aveva revisionato l’efficacia di 12 psicofarmaci. Ora quelli sottoposti a indagine collettiva sono stati: Agomelatina, Bupropione, Citalopram, Desvenlafaxina, Duloxetina, Escitalopram, Fluoxetina, Fluvoxamina, Levomilnacipran, Milnacipran, Mirtazapina, Paroxetina, Reboxetina, Sertralina, Venlafaxina, Vilazodone, Vortioxetina, Amitriptylina, Clomipramina, Trazodone, Nefazodone. Alcuni si sono rivelati più efficaci nel contrastare la depressione maggiore acuta, precisamente sette: agomelatina, escitalopram, amitriptilina, mirtazapine, venlafaxine, paroxetine, vortioxetina. Fermo restando che la risposta ai vari psicofarmaci è personale.
TANTI STUDI FRAMMENTATI
A commento della complessa revisione, Cipriani spiega: «In psichiatria per le ricerche ci sono vantaggi e svantaggi: per la depressione per esempio ci sono tanti studi ma piccoli, quindi le informazioni sono molto frammentate. A differenza di quanto accade in oncologia, dove ci sono studi condotti su campioni molto più ampi di pazienti». Continua il professore: «Il vantaggio è che queste ricerche sono simili per come sono condotte e allora diventa facile metterle a confronto. Altro problema è come interpretarle, c’è un problema di inclusione ed esclusione: sì solo ai pazienti senza comorbidità e anche non anziani? Oppure ammettiamo l’una o l’altra possibilità? Noi abbiamo preso anche i 70-80enni».
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EFFICACI, MA…
Dunque, assodato che i 21 antidepressivi sopra elencati sono efficaci, il New York Times, nel riportare questa buona notizia commenta, però, che si tratta di risultati modesti. Di benefici di non grande conto per i malati di questa patologia che dilaga sempre più e che già ora, secondo John Geddes, psichiatra epidemiologo di Oxford, rappresenta la prima causa di disabilità nel mondo. Cosa ne pensa Cipriani? «Sono d’accordo, l’efficacia media resta in un livello modesto. In concreto posso dire che il 60 per cento dei pazienti rispondono agli antidepressivi: nel giro di otto settimane la gravità del loro stato si dimezza. Ma c’è un 40 per cento che risponde al placebo. Alla fine la differenza tra placebo e depressione è del 20 per cento. Vero è che la differenza è sottostimata perché c’è chi il placebo in realtà non lo prende, però…».
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VERO OSTACOLO: LO STIGMA
Prosegue Cipriani: «Sì, questo 60 per cento non è tantissimo. Quando noi abbiamo condotto la metanalisi, abbiamo messo tutti questi 21 antidepressivi in confronto con il placebo e in confronto tra di loro. Ora, se si considerano tutti gli studi, le differenze tra i vari farmaci appaiono più piccole rispetto alla reale capacità attiva. Ma se togli il placebo le differenze tra farmaci diventano più grandi». A lato degli studi, e dei loro possibili limiti, l'esperto sottolinea che il dibattito sugli antidepressivi è stato per anni condizionato da questioni ideologiche. Lo stigma è ancora notevole sulle malattie mentali e le loro terapie. «Ma la depressione non curata è un problema grandissimo, un peso per la società».
Fonti
Serena Zoli
Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.