La pandemia di Covid-19 avrà effetti a lungo termine sulla salute mentale. Urgente prepararsi e ampliare l'accesso alle cure, a partire da giovanissimi e fragili
La pandemia di Covid-19 ha letteralmente sconvolto il mondo che tutti eravamo soliti conoscere e vivere nel giro di pochissime settimane. Con quali effetti sulla sfera mentale e psicologica?
Da un lato i Governi dei paesi più colpiti hanno messo in campo una serie di azioni per mitigare il diffondersi dei contagi e attenuare la conseguente pressione sul sistema ospedaliero. Dall'altro lato la pandemia di Covid-19 ha provocato una serie di altri effetti a cascata che probabilmente saranno molto più difficili da attenuare e che espongono a conseguenze complesse, soprattutto le fasce più giovani e vulnerabili della popolazione. In particolare, a preoccupare numerosi esperti, in questo periodo di campagna vaccinale a spron battuto, sono gli effetti psicologici che la pandemia ha ingenerato e ingenererà sugli individui, in particolare sui giovani e sulle persone psicologicamente più fragili o più esposte alla crisi economica derivante dall’emergenza sanitaria.
PROBLEMI IN FAMIGLIA E SUL LAVORO
Diversi studi hanno considerato gli effetti del Covid-19 sulla sfera psichica. Secondo i risultati di uno studio realizzato dal Dipartimento di Scienze Biomediche di Humanitas University, la pandemia di Covid-19 ha impattato in maniera significativa sulla sfera psicologica ed emozionale degli individui. Questo studio preliminare, basato un campione di 2.400 persone, ha rilevato che nel periodo di pandemia il 21% degli intervistati ha notato un peggioramento nei rapporti con il partner e il 13% con i propri figli. Inoltre, il 50% del campione ha rivelato di aver subito un incremento della fatica percepita durante lo svolgimento di attività lavorative e il 70% degli studenti ha invece dichiarato un sensibile calo della concentrazione nello studio.
SINTOMI E RICORSO AI FARMACI
Non solo: nel corso dei mesi di emergenza sanitaria, il 14% degli intervistati ha dichiarato di aver iniziato ad assumere ansiolitici o sonniferi e il 10% ha fatto ricorso ad antidepressivi, mentre chi invece già faceva uso di questi farmaci prima della pandemia ha dovuto ricorrere a un incremento di dosaggio (19%). Inoltre, «il 21% ha riportato sintomi ansiosi clinicamente significativi e interferenti sulle proprie attività quotidiane, mentre il 10% ha avuto almeno un attacco di panico nel mese precedente la compilazione, senza mai averlo avuto prima nella vita. Il 20% ha riportato sintomi clinicamente significativi di disturbo post-traumatico da stress (PTSD) in relazione a esperienze legate alla pandemia, mentre il 28% ha lamentato sintomi ossessivo-compulsivi disturbanti e interferenti con il proprio funzionamento quotidiano», si legge nel report.
L’ALLARME DEGLI PSICOLOGI
Gli studi realizzati da numerosi team di scienziati in tutto il mondo nel periodo di lockdown e restrizioni descrivono in maniera pressoché unanime il pesante impatto che la pandemia ha avuto sulla sfera psichica degli individui. Proprio rispetto a questa problematica da mesi i presidenti di vari ordini regionali degli Psicologi avvertono della necessità di un piano che permetta ai cittadini di accedere a terapie e supporto psicologico.
ALLARGARE L’ACCESSO ALLE CURE
Negli ultimi mesi, proprio complici gli allarmi lanciati da numerosi professionisti del settore, si è acceso un dibattito sul tema che mira soprattutto a promuovere l’implementazione di un’azione programmatica per allargare l’accesso alle cure degli individui più a rischio, tipicamente i giovanissimi e i lavoratori che versano in uno stato di precarietà e che, causa bassi stipendi, hanno difficoltà ad accedere a terapie psicologiche ricorrendo al privato. Sono loro i soggetti che più hanno subito l’impatto psicologico della pandemia sviluppando anche disturbi come ansia, attacchi di panico e depressione.
IL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE SI PREPARI
«Il servizio sanitario nazionale si prepari agli effetti psicologici derivanti dalla pandemia, sintomatologie come ansia e depressione finora contenute dal contesto emergenziale stesso ma pronte a manifestare i loro effetti a lungo termine», ha avvertito lo scorso 11 maggio Armando Cozzuto, presidente dell'Ordine degli Psicologi della Campania, sottolineando che sarà necessario attenzionare il prima possibile soprattutto le fasce sensibili della popolazione, come bambini, adolescenti, anziani, persone con disabilità.
OGGI RISORSE INSUFFICIENTI
Il problema è di ordine soprattutto finanziario: in Italia, la spesa sanitaria complessiva destinata alla salute mentale è pari in media al solo 3,5% del totale con grandissime punte di disuguaglianza tra Nord e Sud e Province autonome e, come sottolineato dal presidente della Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica Fabrizio Starace alla Conferenza Nazionale per la Salute Mentale, tenutasi lo scorso 13 giugno al Ministero della Salute, questo approccio rischia di comprimere la possibilità di accesso alle cure per i soggetti che ne avrebbero bisogno e non possono permettersi di ricorrere a professionisti del privato. Come soluzione alla problematica, sempre nell’ambito della Conferenza Nazionale, si è proposto di inserire nella griglia dei Livelli Essenziali di Assistenza strumenti per valutare anche i percorsi di salute mentale sul territorio non solo in ospedale, unitamente alla necessità di implementare un monitoraggio del sistema di cura, con la pubblicazione di una relazione annuale da parte del Ministero.
SERVIZIO PUBBLICO ANCORA DEBOLE
Il punto cruciale della gestione della futura emergenza psicologica derivante dalla pandemia è proprio questo: nonostante in Italia operino 130.000 psicologi, solamente il 5% lavora all’interno di strutture del sistema sanitario nazionale. Se da un lato, le strutture pubbliche che offrono aiuto psicologico si trovano a fronteggiare, con pochissime risorse a disposizione, le richieste di cittadini che avrebbero bisogno di un percorso di sostegno, dall’altro lato è inquantificabile il numero di cittadini che, per problemi economici, rinuncia a un aiuto psicologico perché, banalmente, non può permettersi di affrontare una spesa privatamente a prezzi di mercato, in particolare le categorie che hanno subito in maniera più concreta gli effetti della pandemia come giovanissimi o lavoratori precari.
LA RISPOSTA DELLA POLITICA
A questo proposito, quali sono le risposte della classica politica? Un primo passo è stato fatto con l’approvazione all’unanimità della mozione concernente iniziative in materia di salute mentale a prima firma della deputata Pd ed ex ministro della Salute Beatrice Lorenzin. Nella mozione si sottolinea che stando ai dati Eurostat «i letti per le cure psichiatriche in Europa nel 2018 erano in media 73 ogni 100.000 abitanti (nel 2004 erano 79) con notevole differenza fra i Paesi al primo posto, Belgio (135 posti) e Germania (128) e il fanalino di coda, l'Italia, con solo 9 letti ogni 100.000 abitanti (dietro Cipro con 18, e l'Irlanda con 34). Questo genera un problema oggettivo nell'assistenza ai malati psichiatrici e nella tutela dei più giovani. L'Istat ha stimato 4.000 suicidi complessivi ogni anno nel nostro Paese, di questi, oltre il 5 per cento riguarda i giovani sotto i 24 anni».
L'IMPEGNO DEL GOVERNO IN 4 PUNTI
La mozione impegna il Governo su 32 specifici punti, in particolare sottolinea la necessità di:
- implementare un nuovo piano nazionale per la salute mentale
- garantire l'accesso alle terapie psicologiche e psicoterapeutiche
- assicurare fino a dieci sedute dallo psicologo ai giovani depressi per via della pandemia
- istituire nell'ambito del Ssn degli ambulatori per l'assistenza dei pazienti cosiddetti long covid.
Come evidente e sottolineato dalla stessa Lorenzin durante l’intervento in Aula, il piano proposto al Governo necessita di un adeguato finanziamento del Fondo sanitario: «Chiederemo nella legge di bilancio che il Fondo sanitario sia messo in sicurezza per i prossimi anni, chiederemo che sia vincolata una parte più cospicua sulla salute mentale, chiederemo che si facciano assunzioni, concorsi sugli operatori sul territorio e che questo ci permetta di garantire il benessere della nostra società, non solo dei nostri bambini e dei nostri adulti, ma di come noi viviamo. Vivere in una società che sta bene, che è più accogliente, che è meno violenta, che sa prendersi cura degli altri. A questo dobbiamo arrivare».
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Fonti
Charlotte Matteini
Laureata in scienze della comunicazione presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, è giornalista dal 2016 e negli anni ha lavorato per numerose testate nazionali, specializzandosi in politica interna, debunking e fact-checking.