Un'ottima notizia l'ha definita Lancet: si rilevano meno casi di demenza e un miglioramento delle facoltà cognitive degli anziani in Europa. Insomma: invecchiamo ma a mente lucida
Aumentano gli anziani nella popolazione, ma migliora il loro stato di salute, comprese le capacità cognitive. E’ questa la buona notizia che giunge da due studi europei, pubblicati sulla rivista The Lancet, che rilevano meno casi di demenza senile rispetto al previsto.
I DATI
Il primo risultato interessante arriva dall’ambito dei Cognitive Function and Ageing Studies, avviati dagli anni ’80 per valutare lo stato di salute degli anziani nel Regno Unito (). Secondo gli autori, esperti delle università di Cambridge e di Norfolk, fra persone con più di 65 anni, nelle stesse aree geografiche, nel 2011 si registra una prevalenza dei casi di demenza più bassa rispetto a quella attesa in base ai dati di vent’anni prima. Il 6,5% invece dell’8,3%. A questi dati fa eco uno studio danese, che ha confrontato lo stato di salute di due gruppi di novantenni, a un decennio di distanza. Le persone nate nel 1915 (e valutate a 95 anni), rispetto a quelle nate nel 1905 (e valutate a 93 anni), hanno mostrato una migliore sopravvivenza, migliori condizioni mentali e performance fisiche nelle attività quotidiane.
SEMPRE PIU’ VECCHI - L’impatto di quella che i commentatori sulla stessa rivista Lancet hanno definito «senza dubbio una buona notizia» è notevole. L’invecchiamento della popolazione nel mondo industrializzato pone delle urgenze. Secondo l’Istat, gli ultrasessantacinquenni, oggi poco più del 20% degli italiani, saranno il 33% nel 2056. Recentemente è apparsa una stima-choc secondo cui i casi di demenza negli Stati Uniti sono destinati a raddoppiare entro il 2030, così come il costo relativo, che per il 2010 oscilla fra i 157 e i 215 miliardi di dollari.
ANCHE LA SALUTE DEL CERVELLO SI PUO’ TUTELARE
Tutto da rivedere dunque? No, le preoccupazioni restano, secondo Giuseppe Paolisso, presidente della Società Italiana di Geriatria e Gerontologia: «Lo studio inglese, di grande appeal, evidenzia un calo del 24% nella prevalenza della demenza. Sembrerebbe la decrizione di un’isola felice. Ma va detto che i ricercatori usano il termine “demenza” nella sua accezione più ampia, includendo cioè pazienti con Alzheimer e pazienti con demenza vascolare. Non si può dire a quale tipo di deficit cognitivo sia da attribuire la diminuzione registrata, ma con ogni probabilità si tratta di patologie cerebrovascolari. Per queste forme di demenza, infatti, è possibile intervenire sui fattori di rischio, che sono gli stessi delle malattie cardiovascolari: fumo, dieta, ipertensione, ipercolesterolemia, attività fisica. Sono tutti aspetti su cui c’è un tentativo di educare la popolazione alla prevenzione, campagne che fra l’altro sono partite prima proprio nel mondo anglosassone».
SPERANZE
Siamo di fronte a una congiuntura felice e transitoria o possiamo essere ottimisti? «Senz’altro si può essere ottimisti, poichè non è da escludere che la differenza fra le stime attese e realtà sia proprio da imputare a stili di vita più salutari. Anche in Italia assistiamo a una riduzione delle malattie cerebrovascolari, vicina al 10-15%, che indica come le campagne di educazione e prevenzione funzionino anche per gli anziani». E per l’Alzheimer? Potremo mai prevenirlo? «Per prevenirlo si dovrebbero conoscere le sue cause. Per ora si conoscono alcuni aspetti dello stile di vita che paiono influenzare l’incidenza della patologia, ma siamo ancora nel campo delle probabilità e non delle certezze».
Donatella Barus
Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.