«Vogliamo migliorare la diagnosi precoce del cancro al polmone, prima chance per le persone più a rischio come i forti fumatori», dice il ricercatore Pietro Bruschini.
L’accento svela le origini romane e il tono di voce, malgrado gli sforzi, non riesce a mascherare la spossatezza e la tensione. Parliamo con Pietro Bruschini, 34 anni, chirurgo toracico in forze presso l’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (Mi), nel pieno dell'emergenza Covid-19, nel mese di marzo 2020. Come molti colleghi è impegnato, ed è stremato. «Sono stanco, ma sono felice di poter parlare di un progetto a cui tengo molto».
IL PROGETTO DI RICERCA
Il progetto in questione è la ricerca sulla prevenzione e lo screening per i danni del fumo, per il quale si è aggiudicato una borsa di ricerca Fondazione Umberto Veronesi, per il secondo anno consecutivo. «Con il nostro progetto vogliamo ottimizzare i programmi di screening per le malattie cardiopolmonari legate al fumo. Lo scopo è identificarle in fase precoce, utilizzando TC a basse dosi di radiazioni e marcatori molecolari». Lo studio coinvolge gli ospedali milanesi Humanitas e San Raffaele e si rivolge a persone definite ad alto rischio per malattie pericolose come quelle cardiovascolari, la BPCO (broncopneumopatia cronica ostruttiva) e i tumori del polmone. Di chi si tratta? «Soprattutto di forti fumatori, ex o attuali, che abbiano fumato per almeno 30 anni e abbiano almeno 55 anni d’età», risponde Bruschini. «Ma anche persone a rischio aumentato per altri motivi, come familiarità, patologie respiratorie con comitanti o l’esposizione a particolari sostanze, magari per lavoro. Sono uomini e donne esposti a malattie che si può sperare di curare bene solo se si scoprono presto».
DIAGNOSI PRECOCE E TUMORI DEL POLMONE
L’85-90 per cento dei tumori polmonari è attribuibile al fumo di sigaretta. Ecco perché la diagnosi precoce è fondamentale, spiega ancora Pietro Bruschini. «Il tumore del polmone dà segno di sé quasi sempre tardi. I sintomi (fra i più comuni la tosse stizzosa e persistente, sangue nell’espettorato, difficoltà a respirare, dolore puntiforme al torace) compaiono quando il nodulo è già grande. La scoperta di noduli piccoli e asintomatici è un’evenienza rara e fortuita, ad esempio mentre si fa una lastra al torace per altre ragioni. Ma proprio questi casi sono quelli che si possono curare meglio, con terapie meno invasive e meno costose. E soprattutto con probabilità di guarigione molto buone».
COME FUNZIONA LO SCREENING
Ormai sono numerosi gli studi in tutto il mondo che attestano che lo screening può ridurre la mortalità per tumore del polmone nelle persone ad alto rischio. Cosa succede alle persone coinvolte (gratuitamente) nello screening? «Ai partecipanti vengono effettuati un prelievo di sangue, che servirà per studiare i marcatori molecolari, cioè molecole rintracciabili attraverso un’analisi del sangue, e una spirometria per valutare la capacità respiratoria. Un passaggio fondamentale è il colloquio con gli esperti del centro antifumo, perché questa è anche un’occasione preziosa per motivare a smettere di fumare, aiutare chi non ce la fa o chi teme di ricaderci. Successivamente viene eseguita una Tc a basso dosaggio, per verificare la presenza di noduli polmonari sospetti e valutare la calcificazione delle coronarie». Oggi la Tc spirale (versione attuale della “vecchia” Tac, Tomografia assiale computerizzata) è uno strumento essenziale per la diagnosi precoce delle malattie polmonari. «Permette di studiare il torace ottenendo immagini molto precise – spiega Bruschini – e sottoponendo la persona a una quantità davvero ridotta di radiazioni, paragonabile a quella di una lastra Rx al torace».
Una delle preoccupazioni legate agli screening è la possibilità di portare a trattamenti non necessari. Non c’è il rischio di operare noduli benigni? «Oggi questo pericolo è molto basso, i casi sospetti sono valutati in team e, grazie alle conoscenze della morfologia dei noduli, riusciamo a distinguere quelli forse benigni». E in questo caso che si fa? «Il paziente entra in un programma di controlli, ad esempio ripetendo la Tc dopo uno, tre o sei mesi e dopo una terapia antibiotica per escludere cause infiammatorie. Negli altri casi si procede a una biopsia ed eventualmente all’intervento: se il paziente arriva in sala operatoria è perché ha già una diagnosi di tumore». E qual è la sua speranza quando entra in ospedale? «Di riuscire a curare meglio un cancro che ancora oggi ha una mortalità elevatissima. La prevenzione (non fumare, smettere se si fuma) e la diagnosi precoce sono gli unici strumenti che abbiamo». E che possono cambiare la vita della gente.
Donatella Barus
Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.