Il problema della sindrome feto-alcolica è particolarmente sentito in Russia, Danimarca e nei Paesi del Regno Unito
I medici di famiglia e i ginecologi lo dicono subito, alle donne che si presentano in studio in dolce attesa: durante i nove mesi dalla gravidanza è meglio astenersi completamente dal consumo di bevande alcoliche. Ma le indicazioni, evidentemente, non sempre vengono seguite alla lettera. Altrimenti ogni anno, nel mondo, non nascerebbero 199mila bambini affetti dalla sindrome alcolica fetale, uno condizione che racchiude uno spettro di disabilità (neurologiche e fisiche) che sono la conseguenza del consumo di vino e altre bevande alcoliche bevute dalla futura mamma durante la gravidanza.
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I RISULTATI DELLO STUDIO
Il dato statistico emerge da una ricerca pubblicata sulla rivista The Lancet Global Health. I ricercatori del centro per la cura delle dipendenze e della salute mentale dell’Università di Toronto hanno condotto una revisione sistematica della letteratura. Duplice l’obiettivo: stimare la quota di donne che consuma bevande alcoliche durante gravidanza e l’effettiva prevalenza della sindrome feto-alcolica. Il contagio dei casi di malattia non è stato effettuato soltanto su scala globale, ma anche nello specifico dei singoli Paesi. Da questo secondo punto non ne è uscita bene l’Europa. Se complessivamente circa il dieci per cento delle donne in dolce attesa risulta consumatrice di quantità variabili di alcolici, nel Vecchio Continente s’arriva a superare il 25 per cento. Ciò vuol dire che in Europa poco più di una donna su quattro è adusa ad alzare il gomito, senza evidentemente conoscere o preoccuparsi delle possibili conseguenze per il nascituro. Nell’ambito europeo, i tassi più alti sono stati registrati in Russia e nel Regno Unito. Ma anche dalle indagini condotte in Italia è emersa un’«adesione» superiore al cinquanta per cento. Ovvero: più di una donna su due beve alcolici in gravidanza.
L’ALCOL CREA DANNI IRREVERSIBILI NEL FETO
Ciò non vuol dire che a questi numeri corrispondano a eguali tassi di diagnosi di sindrome feto-alcolica. Se nei Paesi orientali la condizione ha tutte le caratteristiche di una malattia rara, in Russia e in Italia la prevalenza della condizione è pari a 54,2 e 82,1 persone su diecimila. Come emerso dalla ricerca, «circa una mamma su 67 di quelle che assumono alcol in gravidanza avrà un neonato affetto dalla malattia», ha spiegato Svetlana Popova, ricercatore del centro per la cura delle dipendenze e della salute mentale dell’Università di Toronto e prima firma della pubblicazione. «Molte donne sono convinte di consumare vino, birra, aperitivi alcolici, amari o superalcolici in dosi moderate, ma durante la gravidanza non esistono quantità di alcol che possano essere considerate prive di rischio per il feto - aggiunge Emanuele Scafato, direttore dell’Osservatorio nazionale alcol dell’Istituto Superiore di Sanità e presidente della Società italiana di Alcologia -. L'alcol è una sostanza tossica in grado di passare la placenta e raggiungere il nascituro alle stesse concentrazioni di quelle della madre. Il feto non ha però la capacità di metabolizzare l’alcol, che nuoce direttamente alle cellule cerebrali e ai tessuti degli organi in formazione. I periodi più critici riguardano le prime settimane e nell’ultimo trimestre di gravidanza. I danni causati dall’esposizione prenatale dall’alcol, e conseguentemente manifestati nel bambino, sono irreversibili e non curabili.
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UNA GIORNATA DEDICATA ALLA SINDROME FETO-ALCOLICA
È per contrastare questa grave iniquità di salute legata al comportamento inadeguato di madri poco consapevoli del danno che possono provocare al proprio figlio che ogni anno in tutto il mondo, il 9 settembre, si celebra la giornata per la prevenzione della sindrome feto-alcolica attraverso la campagna internazionale «Too Young To Drink», supportata dall’istituto Superiore di Sanità, dal Ministero della Salute e dalla Società Italiana di Alcologia. «L’obiettivo è favorire una cultura di salute consapevole e di rispetto per il nascituro che va tutelato dal rischio e dal danno causato dall’alcol», chiosa Scafato.
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La sindrome feto-alcolica è caratterizzata da problemi mentali, di comportamento e apprendimento, oltre che da disabilità fisiche. Non è ancora conosciuto cosa renda un feto più sensibile di un altro ai danni prodotti dall'alcol. L’effetto potrebbe essere il frutto dell’interazione tra fattori genetici, stress, fumo e alimentazione. In ogni caso si sa che l’alcol può danneggiare qualsiasi organo del feto durante il suo sviluppo, e in particolare il cervello. Oltre alla sindrome feto-alcolica, che è la manifestazione più grave del danno causato dall’alcol al feto, si possono verificare una varietà di anomalie strutturali (anomalie cranio-facciali, rallentamento della crescita) e disturbi dello sviluppo neurologico di varia gravità che comportano disabilità comportamentali e neuro-cognitive.
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).