Il 1 dicembre è la Giornata mondiale dell'AIDS. In Italia oltre 3.400 nuove infezioni da HIV nel 2017, soprattutto per rapporti sessuali non protetti. Mancano ancora informazioni e sostegno
Quanto è diffusa l'infezione da HIV e quanto colpisce ancora l'epidemia di AIDS, a 35 anni dalla sua comparsa nel nostro paese? Domani, 1 dicembre, si celebra la giornata mondiale dedicata all'AIDS ed è il momento per tracciare il bilancio di una epidemia che dall'emergenza degli anni '80 rischia oggi di essere sottovalutata e poco o per nulla conosciuta da molte persone. I più giovani in testa.
L'HIV IN ITALIA
In Italia i numeri dell’infezione da HIV restano sostanzialmente stabili, con 3.443 nuove diagnosi segnalate nel 2017. La cifra reale potrebbe anche essere superiore (si stima del 7%) per un ritardo nel sistema delle segnalazioni, ma sostanzialmente sappiamo che, dopo un calo fra il 2012 e il 2017, negli ultimi anni non si riesce a ridurre il numero di nuovi contagi. L’incidenza, pari a 5,7 nuovi casi ogni 100.000 residenti, è in linea con quella degli altri paesi europei e racconta una parabola discendente, se si considera il picco di 30 anni fa, con quasi 27 nuove infezioni di HIV ogni 100.000 abitanti. Ma stiamo parlando di un'infezione pericolosa che si potrebbe evitare con una adeguata consapevolezza di come si trasmette e di come ci si protegge: ecco perchè preoccupa il numero di casi fra i giovanissimi e fra gli stranieri.
DIECI COSE DA SAPERE SULL'AIDS
HIV E AIDS: COSA SONO E COME SI TRASMETTONO
Il virus dell’immunodeficienza umana (HIV) aggredisce le cellule del sistema immunitario e, se non si interviene con terapie adatte, può comprometterlo gravemente, aprendo la strada all’AIDS (Sindrome da immunodeficienza acquisita), malattia grave che espone a infezioni e tumori. Il virus si trasmette attraverso il sangue, lo sperma, le secrezioni vaginali, il latte materno. Quindi i comportamenti che rendono possibile il contagio sono contatti sessuali (rapporti penetrativi e oro-genitali) non protetti da preservativo, il contatto diretto col sangue (scambio di strumenti iniettivi ad esempio). Inoltre, il virus si può trasmettere da madre a figlio (trasmissione verticale) durante la gravidanza, al momento del parto, con l’allattamento. Oggi è possibile, grazie a terapie adeguate, cesareo e allattamento con latte di formula, ridurre quasi a zero il rischio per il neonato con una mamma sieropositiva. Al tempo stesso, la disponibilità di terapie con farmaci antiretrovirali sempre più efficaci e semplici da assumere, permette alla gran parte delle donne e degli uomini sieropositivi di avere una aspettativa di vita simile a quella della popolazione generale, ritardando sempre più la comparsa dell'AIDS conclamato. Si può guarire dall'HIV? In alcuni rarissimi casi nel mondo si sono registrate remissioni temporanee della sieropositività, ovvero la scomparsa delle tracce del virus nel sangue. In altri casi si trovano persone il cui sistema immunitario riesce a tenere a bada l'infezione senza farmaci.
I SIEROPOSITIVI IN ITALIA
Nel 2017 le persone che hanno scoperto di essere positive al test per l’HIV sono soprattutto maschi (76 su cento), l’età media è fra i 35 e i 40 anni, ma la fascia d’età dove l’incidenza è più alta è quella dei giovani fra i 25 e i 29 anni. Continuano a diminuire, piano piano, le infezioni fra uomini e donne con più di 25 anni, mentre aumenta, seppure di poco, il rischio nei giovanissimi fra i 15 e i 24 anni, fra i quali si registra anche la maggior proporzione di contagi nel sesso femminile. Sporadici i nuovi casi di HIV fra bambini: nel 2017 sono stati 14, due quattordicenni contagiati da rapporti eterosessuali e dodici neonati che hanno contratto l’infezione dalla madre straniera.
HIV: RAPPORTI SESSUALI NON PROTETTI PRIMO RISCHIO
I nuovi contagi si devono soprattutto a rapporti sessuali non protetti (46 per cento rapporti eterosessuali, 38,5 per cento rapporti sessuali fra maschi). Un terzo delle nuove diagnosi riguarda persone straniere, dato costante negli ultimi anni, mentre quello relativo agli italiani è in calo: segno di una disuguaglianza in termini di prevenzione e rischio. Soltanto 4 i casi di contagio dovuti al contatto con sangue e emoderivati, causati da trasfusioni effettuate all’estero.
L’AIDS
Nel 2017 le nuove diagnosi di AIDS sono state 690 e, dal 1982 ad oggi i casi segnalati in Italia sono stati 69.734. Il numero è in leggero ma costante calo negli ultimi anni, ma aumenta la proporzione di persone che scoprono di essere malate di AIDS e che non sapevano di essere sieropositive (erano il 20 per cento nel 1996, nel 2017 sono state quasi il 74 per cento). La maggioranza delle segnalazioni dei nuovi casi di AIDS arriva da Lombardia, Lazio, Emilia Romagna, Sicilia. Nessuno dei nuovi casi riguarda bambini al di sotto dei 13 anni, merito dell’uso dei farmaci antiretrovirali per le donne sieropositive in gravidanza, che ha permesso di abbattere il rischio di trasmissione «verticale» da madre a figlio, e delle terapie antiretrovirali per i bambini con HIV, che ritardano l’affacciarsi della malattia.
LILA: MANCANO INFORMAZIONE E SOSTEGNO
Secondo la LILA (Lega Italiana per la Lotta all'AIDS), che ogni anno offre un report basato sui servizi (anonimi e gratuiti) offerti a migliaia di persone in cerca di aiuto, rimane una grande confusione sulle modalità di trasmissione dell’infezione. La quasi totalità delle oltre 7.700 persone che ha contattato l’helpline infatti voleva sapere di più sui rischi di contatti sessuali (rischi a volte infondati, come per un bacio). Gli uomini continuano a associare il pericolo HIV soprattutto al sesso a pagamento, le donne ancora faticano a percepirsi a rischio; restano poi tante le paure infondate, a volte «al limite della paranoia». A mancare ancora sono «interventi di prevenzione mirati e diffusi, non moralistici, scientificamente corretti». Seconda fra le richieste di informazione è il test per rilevare la sieropositività. LILA rileva anche come in un caso su cinque chi ha fatto il test è stato lasciato senza orientamento, supporto o sostegno. Solo.
Fonti
Donatella Barus
Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.