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Ginecologia
Caterina Fazion
pubblicato il 17-05-2022

Alcol in gravidanza: promosse (più o meno) le mamme italiane



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Uno studio condotto dall’Istituto Superiore di Sanità rileva che solo lo 0,1% delle donne incinte beve in modo sensibile. L’8,2%, seppur in quantità modeste, consuma comunque bevande alcoliche

Alcol in gravidanza: promosse (più o meno) le mamme italiane

Sono sempre meno le donne che consumano alcolici durante i nove mesi di gravidanza. A rivelarlo sono i dati preliminari presentati nel corso del workshop “Prevenzione, diagnosi precoce e trattamento mirato dello Spettro dei Disturbi Feto Alcolici e della Sindrome Feto Alcolica”. Le informazioni sono state raccolte dal Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’Istituto Superiore di Sanità che ha condotto uno studio per valutare il consumo gestazionale di alcol e l'esposizione fetale. Grazie al consumo limitato di alcol, le mamme proteggono il feto, e successivamente il bambino, da molteplici danni. Parliamo, ad esempio, di aborto spontaneo, morte alla nascita, morte improvvisa in culla, parto pretermine, malformazioni congenite, basso peso alla nascita e una serie di disordini racchiusi dal termine Spettro dei disordini feto-alcolici (FASD) a partire dalla manifestazione più grave, la Sindrome Feto-Alcolica (FAS). Si tratta di una serie di anomalie strutturali e di sviluppo neurologico che comportano gravi disabilità comportamentali e neuro-cognitive. Per evitare con certezza la Sindrome Feto Alcolica e, più in generale, qualunque disordine feto-alcolico, è sufficiente seguire un'unica regola: non bere alcol in gravidanza, in nessuna quantità.

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LO STUDIO

Nel progetto, per ogni città coinvolta, sono stati arruolati in media venti gestanti e venti neonati, provenienti da ospedali del Sistema Sanitario Nazionale dislocati nel Nord, Centro e Sud Italia, isole comprese. I due gruppi, gestanti e neonati, non avevano legami di alcun tipo: le donne non erano le mamme dei bambini coinvolti nello studio. «Abbiamo misurato uno dei metaboliti più specifici dell'alcol etilico, l'etilglucuronide (EtG) – riferisce Simona Pichini dell’ISS, coordinatore del progetto - nei capelli materni e nel meconio neonatale (le prime feci del neonato, ndr). I risultati preliminari, ottenuti in coorti separate di madri e neonati hanno mostrato che, attualmente, una quantità trascurabile di donne italiane, lo 0,1%, beve in modo sensibile durante la gravidanza e che solo una piccola percentuale di neonati è esposta all'alcol prenatale». L’88% delle donne coinvolte sono italiane, con età media 34 anni. Nel 69% dei casi si tratta di donne occupate, con un livello di istruzione medio-alto: il 44% ha un titolo universitario e il 39% ha un diploma superiore.

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TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI

 

COSA È EMERSO

In totale, finora, sono stati analizzati 781 campioni di capelli materni e 642 campioni di meconio, raccolti entro le prime 24 ore dopo la nascita. Solo una donna su 781 (0,1%) ha presentato un consumo molto elevato di etanolo cronico con alte concentrazione del metabolita EtG (>?30 pg/mg). L’'8,2% dei campioni materni, invece, ha presentato concentrazioni di EtG >5 pg/mg, con l’1,4% >11 pg/mg, indice di un consumo moderato, ma comunque presente. Quattro neonati (0,6%) sono risultati esposti prenatalmente all'etanolo con elevate concentrazione di EtG (>30 ng/g).

 

RISCHI DELL’ALCOL IN GRAVIDANZA

«L'uso di alcol durante la gravidanza e la successiva esposizione fetale può causare molteplici disturbi perinatali – conclude Simona Pichini – come la nascita prematura, sindromi da astinenza, tremori, iperreflessia e uno sviluppo fisico e mentale alterato nelle fasi successive della vita. Tuttavia, i dati odierni ci dimostrano che le politiche applicate dalla salute hanno accresciuto nelle donne italiane la consapevolezza sui rischi associati al consumo di alcol durante la gravidanza».

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Caterina Fazion
Caterina Fazion

Giornalista pubblicista, laureata in Biologia con specializzazione in Nutrizione Umana. Ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e il Master in Giornalismo al Corriere della Sera. Scrive di medicina e salute, specialmente in ambito materno-infantile


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