La sindrome feto-alcolica provoca disabilità e difficoltà nella vita di chi è esposto all'alcol in gravidanza. Si può evitare e, se c'è, si deve riconoscere in tempo
Torniamo a parlare di alcol e gravidanza, perché come ogni anno il 9 settembre si tiene la giornata dedicata alla Sindrome feto-alcolica e alla protezione dei nascituri dai danni degli alcolici.
COS’È LA SINDROME FETO-ALCOLICA
La sindrome feto-alcolica (FAS) e i disordini dello spettro feto-alcolico (FASD) sono manifestazioni gravi degli effetti dell’esposizione all’alcol del feto durante la gestazione. Sono danni purtroppo permanenti e del tutto evitabili. L’alcol ingerito da una donna in gravidanza, attraverso il cordone ombelicale raggiunge rapidamente la placenta e il feto, che però non possiede gli enzimi necessari per metabolizzarlo, così l’alcol si accumula e può danneggiare il sistema nervoso centrale e gli organi.
QUALI SONO I SINTOMI DELLA SINDROME FETO-ALCOLICA?
Nei bambini con FAS si possono manifestare dismorfismi facciali, alterazioni visibili a partire dagli otto mesi, come il naso corto e piatto, il labbro superiore sottile e distanziato dal naso, occhi distanziati e piccoli. Ci possono essere ritardi nella crescita (statura, dimensioni del cranio, peso corporeo, talvolta anomalie cardiache), anomalie neurologiche e nello sviluppo cognitivo-comportamentale. Diversi studi hanno evidenziato che una volta cresciuti, se non adeguatamente assistiti, questi bambini hanno una vita più difficile dei loro coetanei, con difficoltà scolastiche e dell’apprendimento, disagio mentale, problemi a trovare e mantenere un lavoro, minor livello di autonomia e maggior isolamento. Sono disabilità secondarie che possono essere prevenute se si diagnosticano correttamente i disturbi dello spettro feto-alcolico e si supporta il bambino nel suo sviluppo.
QUANTO È DIFFUSA LA FAS?
Si calcola che nel mondo circa il 10% delle donne assuma alcol in gravidanza e 1 su 67 partorisca un figlio affetto da FAS (si stimano 119.000 l'anno nel mondo); circa 5 bambini su 10.000 nascono con danni da disordini feto-alcolici. In Europa, una donna incinta su 4 beve alcolici e il 2,7 per cento si stordisce con il binge drinking. Il problema sembra diffuso soprattutto nei paesi dell’est e del nord Europa (Regno Unito e Irlanda, Russia e Bielorussia, Danimarca).
Come è immaginabile, ci sono associazioni importanti con le condizioni socioeconomiche e di salute della madre e della famiglia: povertà, mancanza di istruzione e di lavoro, violenza familiare sono spesso parte del contesto in cui nascono bambini esposti all’alcol.
5 FATTI DA SAPERE
- non esistono quantità sicure o tollerabili di alcolici in gravidanza;
- non ci sono alcolici meno dannosi di altri (il problema è l’alcol, che sia nella birra, nel vino o nei liquori);
- meglio evitare gli alcolici da quando si pianifica una gravidanza o nel corso dell'età fertile;
- se si è in gravidanza e si beve, si deve smettere. Prima è, meglio è, ma vale sempre la pena smettere;
- riconoscere di avere assunto alcolici in gravidanza può significare aiutare il proprio bambino ad avere una diagnosi corretta e tempestiva, a contenere i danni e ricevere l’assistenza di cui ha bisogno.
SI PUÒ FARE LA DIFFERENZA
«La sindrome feto-alcolica è oggi la più grave e negletta disabilità permanente che si manifesta nel feto esposto all’alcol ingerito dalla madre» spiega Emanuele Scafato, direttore del centro dell'OMS per la ricerca e la promozione della salute sull'alcol e le problematiche alcolcorrelate. Ogni donna ha il diritto di essere adeguatamente informata e, sottolinea l'esperto «può fare la differenza nel futuro cognitivo e nella vita di un figlio, indifeso rispetto ad un gesto da evitare nei nove mesi di gravidanza e in quelli che lo precedono se si pianifica di avere un figlio».
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Donatella Barus
Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.