La terapia ormonale sostitutiva è da escludere. L'ideale è correggere gli stili di vita e ricorrere ai farmaci soltanto in presenza di sintomi gravi
Sono 9,3 milioni le donne nel mondo sopravvissute a un tumore al seno affrontato in giovane età e che, dopo i cinquant'anni, si ritrovano a dover convivere con la menopausa. Un processo fisiologico, che in taluni casi può però risultare anticipato in conseguenza della chemioterapia. Come possono queste donne combattere i sintomi che accompagnano la conclusione della fase fertile della vita? Alla domanda risponde una metanalisi pubblicata sulla rivista Journal of Endocrine Society of Endocrinology & Metabolism Clinical Society.
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DOPO UN TUMORE AL SENO NO ALLA TERAPIA ORMONALE SOSTITUTIVA
Gli autori - sei ricercatori dell'Università della Virginia - si sono concentrati sugli attuali e futuri approcci alla gestione dei sintomi della menopausa nelle donne che hanno avuto un cancro al seno. Primo punto fermo: le donne che hanno avuto una diagnosi della più diffusa neoplasia femminile non dovrebbero sottoporsi alla terapia ormonale sostitutiva. «Diversi studi evidenziano un aumento significativo di recidive nelle utilizzatrici di tale terapia rispetto ai controlli», afferma Annamaria Colao, ordinario di endocrinologia e oncologia molecolare e clinica dell'Università Federico II di Napoli. Quali alternative scegliere allora per far fronte ai sintomi che derivano dal progressivo calo degli estrogeni (sbalzi di umore, secchezza vaginale, vampate di calore)? Secondo gli autori del documento, «gli interventi devono chiamare in causa in prima battuta lo stile di vita». Tradotto: addio al fumo, perdita di peso (se necessaria), spazio adeguato all'attività fisica, riduzione estrema del consumo di bevande alcoliche, mantenimento di livelli ematici adeguati di calcio e vitamina D. «Evitare bevande calde o cibi piccanti, ridurre lo stress e rinfrescare le abitazioni sono altre soluzioni per ridurre i sintomi delle pazienti», prosegue Colao.
LA TERAPIA ORMONALE SOSTITUTIVA E' INDICATA IN MENOPAUSA?
APPROCCIO NON CONSIGLIATO DOPO UNA NEOPLASIA
Perché una donna che ha avuto un tumore al seno non può sottoporsi alla terapia ormonale sostitutiva? «Sette pazienti su dieci, dopo l'intervento, seguono una terapia ormonale che punta alla soppressione della produzione endogena di estrogeni e progesterone - prosegue la specialista -. Nelle donne in premenopausa, ciò si ottiene attraverso la soppressione della funzione ovarica per via chirurgica, attraverso l'ablazione ovarica da radioterapia o chimica utilizzando analoghi del GnRH, l’ormone che stimola indirettamente le gonadi femminili. Nelle donne in menopausa, invece, l’ablazione della funzione ovarica si effettua utilizzando gli inibitori dell’aromatasi o i modulatori selettivi degli estrogeni: tra cui il tamoxifene è il più usato. Emerge dunque con chiarezza perché la terapia ormonale sostitutiva, che si bassa sulla somministrazione di estrogeni e progesterone per via orale o topica, nelle donne in menopausa con una storia di carcinoma mammario è severamente limitata».
QUALI I TRATTAMENTI POSSIBILI?
L’uso degli inibitori dell'aromatasi e del tamoxifene può aggravare i sintomi della menopausa: ecco spiegato perché molte donne con un tumore al seno accusano una scarsa qualità di vita a causa di questi sintomi, più che per il carcinoma stesso. Tra i trattamenti possibili, gli autori del documento individuano pure la psicoterapia (cognitivo-comportamentale), l'ipnosi ed eventualmente l'agopuntura. Tra le opzioni farmacologiche, invece, i ricercatori hanno citato diversi approcci emergenti. L'utilizzo di quattro categorie di farmaci - i modulatori selettivi del recettore degli estrogeni, il complesso estrogenico tessuto-selettivo, l'estetrolo e gli inibitori della neurochinina B - ha finora garantito risultati confortanti. Ma gli autori, visto il target specifico di pazienti, sono prudenti. Così come Colao: «Non abbiamo ancora dati che ne confermino il profilo di sicurezza anche se assunti da donne che hanno avuto un tumore al seno. Al momento le armi in possesso dei medici che si occupano di alleviare la sintomatologia postmenopausale nelle donne che hanno sofferto di carcinoma mammario è limitata a trattamenti non farmacologici che non sempre hanno l’efficacia sperata».
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Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).