Per ora ha dimostrato buona efficacia su cavie animali. Scoperta una predisposizione genetica alla dipendenza dalla nicotina
«Quello non può stare un momento senza fumare, le sigarette ce le ha nel sangue». Lo si sente dire ed è un modo di dire. Ma non solo: quella tal persona può davvero avercelo “nel sangue”, il fumo. Si tratta di genetica: si può nascere predisposti a divenire tabagisti. E’ questa almeno l’ipotesi che sta inseguendo, insieme a tanti altri gruppi di ricerca, il recente studio americano in cui è coinvolto il National Institute on Drug Abuse (Nida) pubblicato sull’American Journal of Psychiatry in Advance: «Abbiamo scoperto che l’efficacia o meno dei farmaci per aiutare a smettere di fumare dipende dai geni della persona», ha detto il dottor Li-Shiun Chen, uno dei ricercatori. «Se chi fuma ha i geni del rischio non riesce facilmente a smettere da solo e potrebbe trovare grande aiuto nei farmaci appositi. Ma indagando più a fondo speriamo di potere arrivare a ‘cucire su misura’ sul singolo fumatore, come fa un sarto, la strategia anti-fumo».
TEST RISCHIO CARCINOMA - Un posto in primo piano nell’ambito della ricerca sul tabagismo ha il Centro Antifumo dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano, diretto dal dottor Roberto Boffi in collaborazione con la struttura “Basi molecolari del rischio genetico” diretta dal dottor Tommaso Dragani.
«Dal settembre scorso conduciamo uno studio di farmacogenetica sui pazienti del nostro Centro», spiega il dottor Boffi. «Ne abbiamo richiamati 150 che già sono passati di qui e che hanno o non hanno smesso di fumare per prelevare a ognuno un campione di sangue. Indaghiamo per vedere se troviamo una componente genica diversa tra chi ha lasciato le sigarette e chi no».
E’ in atto una vera corsa alla ricerca sulla genetica del fumo – informa il medico - con questi due grandi obiettivi: 1) individuare chi è più predisposto al rischio di ammalarsi a causa del fumo con carcinoma al polmone o altro; lo scopo sarebbe poi di sottoporre la persona a molti più controlli, ben mirati; 2) trovare perché una persona riesce a smettere da sola e un’altra no. Perché quel paziente ha più problemi con i farmaci (o con quel dato farmaco) antifumo? Perché uno ricade nella dipendenza e un altro no?
PER UN PO’ DI SALIVA - Per inseguire questi traguardi al Centro Antifumo accanto allo studio retrospettivo di cui sopra hanno impostato anche uno studio prospettico: i circa 250 pazienti all’anno verranno “aiutati” farmacologicamente con la terapia sostitutiva nicotinica oppure col bupropione o ancora con la più recente vareniclina. «Lo studio permetterà», spiega Roberto Boffi «di chiarire quale variabile genetica (polimorfismo) a carico dei geni Chrna 3 e Chrna5 del recettore della nicotina, o di altri geni non ancora noti, è associata a una scarsa risposta individuale alle varie terapie farmacologiche antifumo».
Che in ballo ci siano i geni Chrna3 e Chrna5, sembrano non esserci dubbi. Aggiunge il dottor Tommaso Dragani: «Sapendo, a partire semplicemente da una goccia di sangue o da un po’ di saliva, chi ha una predisposizione genetica alla dipendenza dalla nicotina sarà possibile non solo ‘personalizzare’ la cura farmacologica e psicologica, ma anche studiare e mettere a punto nuovi farmaci diretti specificamente contro i geni Chrna3 e Chrna5 e le loro varianti implicate».
Allora c’è chi proprio non può smettere da solo, è così? Boffi non ci crede: «Resta sempre il libero arbitrio, la genetica può soltanto ‘predisporre’, io non parlerei neppure di vulnerabilità. Chiunque può smettere, con minore o maggiore fatica».
UN VACCINO? - Intanto dall’America arriva la notizia di un possibile vaccino anti-nicotina. Lo studio è stato pubblicato su Science Translational Medicine: la prevenzione agirebbe spingendo il fegato a produrre continuamente anticorpi capaci di distruggere la nicotina come entra nel circolo del sangue. In questo modo le si impedisce di arrivare al cervello e lì instaurare una dipendenza biologica. Il vaccino funziona: mai più tornata, per tutta la vita, la voglia di nicotina. Peccato però che i beneficiari per ora siano stati solo dei topi da laboratorio.
Serena Zoli
Serena Zoli
Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.