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Fumo
Ilenia Bertoni
pubblicato il 06-03-2023

Perché estendere i divieti di fumo in Italia?



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Anticipata la bozza di un provvedimento annunciato dal ministro Schillaci per estendere i divieti di fumo anche all'aperto. Di quali limiti si discute e a che cosa servono?

Perché estendere i divieti di fumo in Italia?

A vent’anni dalla legge Sirchia (legge 3/2003, entrata poi in vigore nel gennaio 2005) il ministro della salute Orazio Schillaci ha anticipato l’intenzione di estendere le limitazioni al fumo nei luoghi pubblici, anche all’aperto. Alle dichiarazioni sono seguite, in questi giorni, le anticipazioni su un provvedimento che secondo vari quotidiani sarebbe ormai pronto sul tavolo del ministro. Si parla (tutto ancora da confermare) di vietare il fumo in assoluto vicino a bambini e donne in gravidanza, di estendere i divieti anche all’aperto (parchi, stazioni ferroviarie, fermate dei mezzi pubblici) e di abolire le sale fumatori nei locali chiusi. Nelle intenzioni del Ministro le limitazioni riguarderebbero anche sigarette elettroniche e riscaldatori di tabacco, che andrebbero anche incontro a restrizioni sulla pubblicità. Si vedrà poi quale sarà il testo effettivo. Intanto facciamo il punto su ciò che sappiamo: perché si parla di limitare il fumo anche all’aperto? Che cosa dice la comunità scientifica sugli effetti per la salute? Quali sono i precedenti e quali esperienze in altri Paesi?

 

LE RAGIONI DELLA PREOCCUPAZIONE

Nel nostro Paese negli ultimi anni si è registrata un’inversione di tendenza: dopo anni di stabilità, per la prima volta il numero dei fumatori è aumentato: tra il 2020 e il 2022 la percentuale di fumatori è salita dal 22 al 24,2% della popolazione. Il fumo è la prima causa evitabile di malattia e morti premature. Si stima che in Italia siano dovute al fumo oltre 43.000 vittime ogni anno solo considerando i decessi per tumori fumo-correlati

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Il fumo. Una dipendenza che mette a rischio la salute

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LA LEGGE SIRCHIA

Ricorre in questi giorni il ventennale della Legge Sirchia (3/2003): la legge, entrata poi in vigore il 10 gennaio 2005, ha previsto il divieto di fumo nei locali pubblici chiusi, luoghi di lavoro e strutture del settore dell’ospitalità, permettendo così di tutelare la salute dei non fumatori. Con questo intervento legislativo, l’Italia è stata il terzo Paese in Europa (dopo Irlanda e Finlandia) ad introdurre la regolamentazione del fumo in tutti i luoghi chiusi, pubblici e aperti al pubblico.

 

GLI SPAZI SMOKE FREE NEL MONDO

Città e spazi smoke free sono già una realtà in molti paesi del mondo: solo per citare qualche esempio, New York ha imposto il divieto di fumo all’aperto nel 2011, mentre in California è vietato fumare in spiaggia e nelle vicinanze dell’ingresso di un edificio pubblico. A Tokyo e in altre città giapponesi non si può accendere una sigaretta per strada, Parigi ha reso smoke free i parchi cittadini, Barcellona ha vietato le sigarette in spiaggia. Nel 2016 Melbourne è diventata la prima città completamente smoke free al mondo. Nel 2019 la Svezia ha esteso il divieto di fumo (già esistente nei bar e nei ristoranti) alle aree all’aperto, con l’obiettivo di diventare entro il 2025 un Paese smoke free. Nel dicembre 2022 la Nuova Zelanda è diventata il primo Paese al mondo a vietare il fumo ai più giovani, con una legge che impedisce ai nati dopo il 1° gennaio 2009 di acquistare sigarette nel Paese. Più drastica la scelta del Bhutan, un piccolo regno sull’Himalaya, in cui è vietata la vendita del tabacco ed è concesso fumare solo nella propria abitazione.

 

IN ITALIA

Anche nel nostro Paese la sensibilità per gli spazi liberi dal fumo sta crescendo: manca una norma nazionale (ci arrivò vicino il disegno di legge bipartisan presentato nel 2019 dal senatore Giuseppe Auddino, che Fondazione Veronesi appoggiò) ma ci sono provvedimenti varati a livello locale. Per motivi di salute, di qualità dell’aria e di decoro sempre più amministrazioni cittadine hanno scelto di imporre limiti al fumo all’aperto, con provvedimenti che vietano sigarette in spiaggia, davanti alle scuole o nelle aree gioco. Anche le Università hanno iniziato a limitare il fumo all’esterno in apposite aree fumatori e alcune multinazionali hanno vietato il fumo sui balconi aperti dei palazzi e nei cortili all’interno dei propri cancelli. Un vero cambio di passo è stato deciso dall’amministrazione cittadina di Milano, che con il regolamento sulla qualità dell’aria approvato nel novembre 2020 ha vietato di fumare all’aperto nei parchi, pensiline degli autobus, stadi, parchi, cimiteri e nelle aree pubbliche dove ci siano persone nel raggio di 10 metri, incluse piazze e monumenti pubblici. La stessa amministrazione milanese ha previsto di estendere il divieto di fumare all’aperto a tutte le aree pubbliche nel 2025. Il capoluogo si candida quindi a diventare la prima città smoke free in Italia.

 

CHE COSA PENSA LA GENTE?

Ma qual è la posizione dei cittadini, fumatori o meno? Già nel 2016, alla campagna lanciata da Fondazione Umberto Veronesi per chiedere ai sindaci di dichiarare il proprio impegno per tutelare gli spazi urbani dal fumo, risposero in pochi giorni 58.000 firmatari. Secondo l’indagine annuale DOXA sul fumo 2016, la maggior parte della popolazione italiana era d’accordo con l’idea di estendere il divieto di fumo alle aree esterne: il 64,6% degli italiani nei parchi pubblici, il 68,5% negli stadi sportivi, il 62,1% nelle spiagge, l’85,9% nei cortili delle scuole ed il 79,9% nelle aree esterne degli ospedali. Sempre Doxa nel 2021 sondò il parere dei milanesi a proposito dei già citati nuovi limiti, ricavandone un rapporto 80 a 20 fra favorevoli e contrari. L’ultima indagine sugli italiani e il fumo (ISS/DOXA 2022), però, sottolinea un calo dell’attenzione verso il fumo passivo: ancora il 22,6 per cento dei fumatori di sigarette dichiara di esporre al fumo passivo i bambini, mentre la maggior parte degli utilizzatori di sigarette elettroniche e riscaldatori di tabacco (e in percentuale crescente) dice di sentirsi libero di usare questi prodotti nei luoghi pubblici fra la gente.

 

IL FUMO PASSIVO

Perchè i limiti servono? Per il fumo passivo, ad esempio. Il fumo degli altri è dannoso, classificato come cancerogeno dal 2004, è causa di malattie respiratorie e cardiovascolari. Secondo l’OMS causa 1,2 milioni di morti premature ogni anno nel mondo, 65.000 sono bambini. In Italia il fumo passivo è responsabile di circa 1.000 morti ogni anno. Secondo alcuni studi, il rischio cumulativo di morte per tumore al polmone è di un morto ogni 1.000 persone esposte al fumo passivo (il rischio per i fumatori attivi è di 380 morti per 1.000 fumatori). Inoltre, aumenta del 20% il rischio di malattie coronariche ed eventi cardiaci ed è stato dimostrato l’aumento del rischio di tumore al polmone; sono inoltre in corso studi per valutare il ruolo del fumo passivo su altri tumori, incluso quello al seno.

 

IL FUMO PASSIVO ALL'APERTO

Il fumo passivo è dannoso e lo è anche negli ambienti outdoor: evidenze scientifiche dimostrano infatti che anche in luoghi aperti o aree semi-aperte i non fumatori possono essere esposti a livelli non trascurabili di fumo passivo, con possibili effetti nocivi per la salute. Negli USA l’Agenzia per la protezione ambientale ricorda che la differenza fra fumo passivo outdoor o indoor è solo la concentrazione delle sostanze nocive e che non esiste un livello sicuro di esposizione. Il fumo all’aperto ha un impatto sulla qualità dell’aria; la sigaretta ha infatti una elevata capacità di generare particolato fino (PM10) e ultra fino (PM2.5), entrambi molto pericolosi per la salute perché considerati responsabili di malattie respiratore, allergie, problemi cardiaci e ictus. Il tema degli alti livelli di concentrazioni di polveri sottili causate dal fumo di sigaretta sussiste soprattutto nelle piccole vie dei centri urbani, in luoghi pubblici molto affollati (come stadi o parchi durante i concerti), sotto le pensiline delle fermate dell’autobus. Uno studio dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, ad esempio, ha registrato come una singola sigaretta, in termini di PM10, PM2.5 e PM1, può causare un inquinamento maggiore di quello causato dalle auto e che livelli di PM 2.5 possono essere più elevati in zone pedonali con alte concentrazioni di fumatori rispetto ai livelli registrati in vie adiacenti non pedonali. 

 

IL FUMO NEGLI STADI

Uno studio condotto nel 2011 dall’Istituto dei Tumori nello stadio Meazza ha registrato che nei momenti più decisivi della partita, quando i fumatori fumavano maggiormente, i livelli di polveri sottili PM 2.5 a San Siro erano tre volte maggiori rispetto a quelli all’esterno dello stadio. Anche le concentrazioni di nicotina nell’aria aumentavano di 26 volte. In particolare, due caratteristiche degli stadi possono costituire un pericolo per la salute degli spettatori: da una parte, la forma chiusa e la presenza della tettoia rendono difficoltoso il ricambio dell’aria, dall’altra le sedute, con i tifosi seduti a pochi centimetri l’uno dall’altro, costringono a respirare il fumo passivo dello spettatore che fuma accanto, esponendo chi non fuma a potenziali danni per la salute.

 

L’IMPATTO SULL’AMBIENTE

Il fumo, anche quello passivo, impatta sulla nostra salute e su quella del nostro pianeta, anche se la sigaretta viene accesa all’aperto, nei parchi, in strada, nelle piazze. Ogni anno, solo in Italia, vengono gettati nell’ambiente 14 miliardi di mozziconi (dati campagna Marevivo, 2021, sostenuta da BAT British American Tobacco Italia). I mozziconi sono i rifiuti più diffusi sulle nostre spiagge: rappresentano il 40% dei rifiuti complessivi presenti nel Mediterraneo. Non sono biodegradabili e contengono sostanze nocive che col tempo inquinano acque e suolo, e danneggiano l’ecosistema marino, animali compresi. In Italia la prima cittadina a vietare il fumo in riva al mare è stata Bibione (Comune di San Michele al Tagliamento, città metropolitana di Venezia) nel 2019, poi seguita dalla Costa Smeralda, da molti lidi dell’Emilia-Romagna, da una decina di spiagge sul litorale laziale. La Puglia con il progetto pilota smoke free beach ha dichiarato di puntare a diventare la prima regione a vietare il fumo in spiaggia a livello regionale dal 2023.

 

UN CAMBIAMENTO NECESSARIO

Limitare le sigarette all’aperto non serve soltanto a limitare l’esposizione al fumo, ma è anche l’occasione per un cambiamento culturale. Estendere i divieti di fumo in aree pubbliche esterne non è che uno di una serie di interventi possibili, e necessari, parte di una strategia globale contro il tabagismo, in cui convergono la prevenzione dell’iniziazione, le politiche sui prezzi, la tutela dal fumo passivo e il supporto per chi vuole smettere di fumare.

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