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Fumo
Francesca Morelli
pubblicato il 06-06-2015

Se le politiche contro il fumo mancano di coraggio (e investimenti)



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Scarsi finanziamenti e misure timide limitano l'efficacia delle campagne di prevenzione contro i danni del tabacco. Intanto, i giovani fumatori aumentano

Se le politiche contro il fumo mancano di coraggio (e investimenti)

Torniamo a parlare di fumo a pochi giorni dalla Giornata mondiale dedicata alla lotta al tabagismo e partiamo dal contesto italiano: oltre 11 milioni di italiani fumano, il 22% della popolazione. Con dati in crescita anche nella fascia più giovane: più del 17% delle ragazze tra i 15 e i 24 anni – all’incirca circa 496 mila – contro poco più del 22% di maschi della stessa età - 670 mila. Sono i dati emersi dall’ultimo Rapporto sul Fumo, sviluppato da Doxa nei primi mesi del 2014 per conto dell’Istituto Superiore di Sanità, in collaborazione con l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri. I quali confermano il trend anche di uno studio condotto da Fondazione Veronesi tra la i giovani delle scuole superiori e una seconda indagine, sempre Doxa, condotta nella città di Milano per conto della sezione cittadina della Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori (Lilt) e resi noti in occasione della Giornata Mondiale del Tabacco del 31 maggio.

 

IL FUMO A MILANO

Una recente indagine telefonica Doxa condotta dal 30 aprile al 7 maggio scorso su 600 intervistati tra 15 anni e over 55, ha confermato che Milano concentra un elevato tasso di fumatori (21%), per lo più uomini (22% vs 21% di donne), con preferenza per le sigarette confezionate (85%) di cui se ne consuma mediamente metà pacchetto al giorno. A preoccupare è che i fumatori milanesi (64%) non hanno intenzione di smettere, o almeno non nell’immediato, asserendo di non volere neppure passare all’uso di una e-cig (89%), il cui trend è già in notevole declino, o all’IQOS, un nuovo dispositivo elettronico alternativo alla sigaretta che riscalda il tabacco anziché bruciarlo, e sconosciuto ai più (88%). Anzi questi palliativi antifumo, secondo i fumatori, sono del tutto inefficaci (33%) perché ciò che conta davvero per smettere di fumare è la forza di volontà.

 

NON SI INVESTE IN PREVENZIONE

Una verità, quella espressa dai fumatori, solo parziale. Perché a detta degli esperti se la battaglia contro il tabacco in Italia è a una battuta di arresto o non dà i risultati auspicati, è anche a causa di inadeguati finanziamenti. Poche risorse che non consentono investimenti in efficaci campagne per persuadere la popolazione adulta di mezzo, quella che ha fumato molto intorno agli anni ’70 e che oggi potrebbe subirne le conseguenze patologiche, a passare tra gli ex o disincentivare i giovani dall’iniziare. «Occorre investire in iniziative per entrare nelle scuole – ha spiegato la dottoressa Roberta Pacifici, direttore dell’Osservatorio Fumo, Alcool e Droga (OSSFAD) dell’istituto Superiore di Sanità in occasione di un incontro promosso dalla LILT (Lega Italiana Lotta ai tumori) per la Giornata Mondiale senza Tabacco -non con la semplice informazione, specie se trasmessa da esperti e che potrebbe sortire effetti contrari, ma con programmi combinati che agiscano sulla personalità dei giovani, sulle loro abilità e fomando ‘anticorpi’ che consentano ai giovani di resistere alla sigaretta anche quando questa viene offerta dai pari in maniera accattivante». Una sperimentazione dell’OSSFAD ha infatti dimostrato, nell’arco di nove mesi, un decremento più che dimezzato di fumatori fra i giovani informati degli effetti del tabacco in maniera ‘educazionale’ rispetto un tasso di fumatori addirittura aumentato fra coloro che avevano partecipato a degli incontri con l’esperto.

 

TASSE E PREZZI DELLE SIGARETTE

Accanto all’informazione servono anche però misure regolamentari e di comportamento. «Aumentare le tasse e i prezzi delle sigarette in maniera significativa – continua la Pacifici - è stata identificata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come la soluzione più efficace per disincentivare al fumo giovani e meno giovani, a cui si possono aggiungere ulteriori divieti di fumo». Eventualità, secondo l’indagine Doxa, a cui sarebbero favorevoli anche gli stessi fumatori con l’istituzione di aree libere da fumo negli spazi gioco di parchi e giardini, negli stadi, in alcune zone all’aperto (come a New York, “città senza fumo”), in auto specie in presenza di minori. Fino a soluzioni drastiche, condivise a sorpresa anche da parte di alcuni fumatori, di divieto di vendita delle sigarette e a programmi educazionali ‘free smoke’ dedicati alle famiglie che bandiscano le sigarette ai componenti e agli ospiti negli ambienti domestici.

 

C’E’ ANCORA DA FARE

Sono molti i progetti e le iniziative anti-fumo sulla carta, ma in Italia, manca ancora un concreto supporto dalle Istituzioni. Come è possibile ridurre l’incidenza dei fumatori, e dunque il tasso di patologie tabacco-correlate, se non si investe in campagne che possano provare a contrastare l’azione di film e programmi tv in cui modelli positivi e vincenti si identificano con l’uso della sigaretta? O se, diversamente a quanto accade in contesti europei, in Italia i trattamenti farmacologici contro il tabagismo non rientrano nei LEA, ma sono a carico del fumatore che desidera mettere fine alla propria dipendenza?


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