A sovraccaricare il sistema immunitario sono le infezioni, non la vaccinazione. Le risposte ai dubbi più comuni
Uno dei timori più diffusi tra i genitori che nelle prossime settimane dovranno decidere se sottoporre o meno i propri figli al vaccino anti-COVID Cominarty (Pfizer), approvato in questi giorni dall’EMA anche per la popolazione tra i 5 e gli 11 anni, riguarda gli effetti sul sistema immunitario. «Lo indebolisce, ne compromette lo sviluppo, lo stressa», tutti dubbi legittimi sollevati in questi ultimi mesi da diverse famiglie italiane. Ma che non hanno nessuna evidenza che li sostenga. Abbiamo provato a fare un po’ di chiarezza con l’aiuto di Rocco Russo, coordinatore del Tavolo Tecnico sulle vaccinazioni della Società Italia di pediatria (SIP) e Giulio Castelli Gattinara, pediatra e infettivologo, direttore del Centro Vaccinazioni dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma e presidente della Società Italiana di Infettivologia Pediatrica (SITIP).
MEGLIO LA MALATTIA O IL VACCINO?
I vaccini nascono per stimolare una risposta immunitaria, ma non stressano il nostro sistema immunitario: «Semmai sono le infezioni a stressare i nostri meccanismi di difesa – spiega Russo - e i vaccini, paradossalmente, ci proteggono da questo stress». Un bambino che frequenta l’asilo, per esempio, può avere un sistema immunitario molto stressato a causa delle varie infezioni che si contraggono in questo ambiente scolastico. «Capita poi – riprende l’esperto – che in seguito alla prima infezione, appena il bimbo sta bene, lo si faccia rientrare subito all’asilo, senza dargli quei due o tre giorni in più di convalescenza che lo rimettono in forze. Rientrato all’asilo, è probabile che si riprenda una seconda infezione. E questa è molto peggiore della prima». «Non dobbiamo pensare che il sistema immunitario possa essere sovrastimolato dal vaccino – sottolinea il presidente SITIP - perché i meccanismi di auto controllo dell’immunità funzionano molto bene. Solo in caso di infezione con un virus vivo e aggressivo possiamo avere iper-reattività – come nella sindrome iperinfiammatoria multisistemica MIS-C. Questo non avviene mai per un vaccino, ma solo come manifestazione di malattia. Inoltre, il vaccino dei bambini ha una dose di antigeni ridotta al 33% (un terzo) rispetto a quella dei ragazzi più grandi e degli adulti».
IL SISTEMA IMMUNITARIO DEI BAMBINI E' IMMATURO?
La capacità del sistema immunitario di rispondere a sostanze estranee (antigeni esogeni) si sviluppa già nelle prime settimane di gestazione. I linfociti B e T, cellule del nostro sistema immunitario adattativo, sono presenti già dalla 14° settimana ed esprimono una quantità enorme di recettori antigene-specifici. «Il sistema immunitario dei bambini è molto potente – riprende Castelli Gattinara - e capace di rispondere a un enorme numero di antigeni, per questo facciamo sempre molte vaccinazioni insieme senza mai avere paura di sovraccaricare il sistema immunitario». È anche per questo che il 90% dei bambini tra i 6 mesi e i due anni sviluppa una risposta immune protettiva alla prima serie di vaccini. Questo dato è dovuto alla completa capacità del sistema immunitario del bambino di generare una risposta umorale e cellulare protettiva ai vaccini. Per questo è importante vaccinarsi, tutte le volte che è possibile farlo.
PERCHE' VACCINARE I BAMBINI PER L'INFLUENZA?
Viste le premesse, si potrebbe pensare che le difese dei bimbi siano sempre bello toste. Quindi inutile vaccinarli contro influenza o contro la COVID-19. In parte è così, ma le infezioni possono comunque far danni, anche notevoli. «Anche l’influenza, ad esempio, può comportare complicanze anche gravi tra i bambini più piccoli, soprattutto tra i non vaccinati» riprende l’esperto della SIP. Ce lo conferma anche il CDC americano che monitora costantemente i dati delle ospedalizzazioni tra i bambini: tra il 2010 e il 2021 negli Stati Uniti i ricoveri per influenza tra i bambini di età inferiore ai 5 anni sono stati tra i 7.000 a 26.000, a seconda delle stagioni influenzali. Dalla stagione 2004-2005 alla stagione 2019-2020, i decessi correlati all'influenza nei bambini hanno oscillato tra 37 e 199 decessi. Circa l'80% di questi bambini non era completamente vaccinato. Tornando nel nostro paese, in queste settimane abbiamo conosciuto anche gli effetti del virus sinciziale (per cui non esiste un vaccino), un patogeno che riesce a eludere il seppur forte sistema immunitario dei neonati causando complicanze anche gravi, se non fatali. Pertanto, anche se i sistemi immunitari dei bambini sono forti, possono comunque incontrare patogeni in grado di superare queste difese. Il virus SARS-COV-2 (e le sue varianti) per fortuna non colpisce in modo importante i bambini, ma adesso che i più piccoli sono rimasti gli unici a non essere vaccinati, rischiano di contrarre la COVID-19 in modo più significativo rispetto ai mesi scorsi, con i rischi aumentati anche di ospedalizzazioni. Per questo motivo, come è raccomandabile vaccinarsi contro l’influenza, per i pediatri è allo stesso modo raccomandabile vaccinarsi per la COVID-19. Il vaccino Cominarty ha già mostrato di essere sicuro ed efficace nei vari trial, e nei 3 milioni di bambini che lo hanno ricevuto ad oggi negli Stati Uniti non sono stati riscontrati effetti collaterali importanti.
CI POSSONO ESSERE EFFETTI A LUNGO TERMINE?
Il timore che la vaccinazione a mRNA possa causare non meglio precisati effetti a lungo termine va subito scartato. Perché non esistono gli effetti a lungo termine quando parliamo di vaccini. «Non sono mai esistiti per nessun vaccino al mondo – riprende il presidente SITIP - e non ci sono le ragioni biologiche perché possano esistere. L’RNA del vaccino è eliminato dopo poche ore dall’inoculo, dopo che ha fatto la sua funzione di stampo per i linfociti e gli anticorpi di difesa». Il vaccino, in pratica, funge da “stampo” per fare riconoscere quegli epitopi antigenici (le strutture della proteina spike del virus) al sistema immunitario e indurlo a montare una risposta protettiva specifica, contro tutto il virus. «Il vaccino è come un pezzo di motore – rimarca Castelli Gattinara - che io do al meccanico per costruire una chiave inglese che possa ripararlo se si dovesse rompere. Non è possibile pensare che la chiave si metta in moto!».
L'MRNA E' UNA TERAPIA GENICA?
Un altro dubbio sugli effetti a lungo termine delle vaccinazioni anti-COVID riguarda la possibilità che queste possano modificare il DNA, visto che si basano su mRNA. Ma non è così. Il vaccino non è una terapia genica, non agisce o interferisce con i geni, fornisce solo le istruzioni per combattere il virus. «Se c’è qualcosa che può ledere il DNA di un soggetto, è il virus, non il vaccino – ribadisce il dottor Russo – il patogeno, quando entra nelle cellule dell’organismo, ci entra con il suo DNA e può fare tutti i danni che vuole. Con il vaccino a mRNA, invece, abbiamo solo un messaggio (mRNA) che viene introdotto nella cellula; è come un codice, come una lettera in una busta». Dopo aver consegnato il messaggio, l’mRNA si degrada, sparisce e non lascia nessun segno. Non agisce sui geni, non li modifica. Fornisce solo le istruzioni alle cellule per produrre gli anticorpi contro il virus.
Angelica Giambelluca
Giornalista professionista dal 2009, scrive di medicina e sanità per diverse testate nazionali. Si occupa anche di comunicazione in ambito medico e sanitario. Dirige un portale dedicato al mondo dei pazienti, www.medoramagazine.it.