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Angelica Giambelluca
pubblicato il 25-11-2021

Vaccini anti Covid-19 nei bambini: quali effetti collaterali?



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Le rare reazioni avverse si sono dimostrate temporanee e di lieve entità. Da temere sono gli effetti del virus

Vaccini anti Covid-19 nei bambini: quali effetti collaterali?

A breve l'EMA, l'Agenzia Europea per i farmaci, si pronuncerà sull’autorizzazione al vaccino Cominarty (Pfizer-BioNTech) per la fascia di popolazione tra i 5 e gli 11 anni. A fine ottobre l'FDA americana aveva già dato il via libera alla vaccinazione per questa fascia di età: negli USA, ad oggi, sono stati vaccinati oltre 3 milioni di bambini con almeno una dose.

Gli effetti avversi riscontrati in queste settimane sono stati minimi (febbre, mal di testa, dolore localizzato nella sede dell’iniezione) mentre le temute miocarditi che stanno interessando, in misura comunque minima, la fascia di età tra i 12 e i 17 (1-5 casi ogni 100.000 persone) non sembrano essere comparse nei bambini più piccoli. Gli studi clinici sui vaccini effettuati sulla popolazione tra i 5 e gli 11 anni hanno dato esiti positivi sia per quanto riguarda la sicurezza sia per l’immunogenicità (la capacità del vaccino di indurre un’adeguata risposta immunitaria): i dati preliminari mostrano infatti che il vaccino Pfizer è efficace al 90,7% tra i bambini di età compresa tra 5 e 11 anni. In questa popolazione si somministra un terzo della dose somministrata negli adulti (10 microgrammi anziché 30 microgrammi) che risulta essere ben tollerato.

QUALI EFFETTI AVVERSI ASPETTARSI?

Uno dei grandi timori dei genitori sono gli effetti avversi del vaccino. Parliamo di febbre, mal di testa, problemi muscolari, scheletrici, disturbi al sistema nervoso. E problemi cardiaci. Le miocarditi e le pericarditi sono diventate lo spauracchio di questo vaccino, ma a vedere i dati i casi di miocardite nella popolazione 12-17 e i dati americani nella fascia 5-11, questi disturbi sono comunque rari. Al momento, analizzando i dati americani, non si sono riscontrate miocarditi nella popolazione più giovane (5-11 anni). In particolare, gli eventi avversi più frequentemente segnalati sono cefalea, astenia, febbre e reazioni locali nel sito di inoculazione.

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TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI

RISCHIO MIOCARDITE REMOTO. PIU PROBABILE CON LA MALATTIA

Le miocarditi e le pericarditi sono più rare, e quando insorgono lo fanno soprattutto nei soggetti maschi (adolescenti e giovani adulti) e dopo la seconda dose. «Le miocarditi sono causate spesso da agenti infettivi come virus e batteri – ribadisce il dottor Rocco Russo, coordinatore del Tavolo Tecnico sulle vaccinazioni della Società Italiana di Pediatria – ed indipendentemente dai vaccini, i casi tra la popolazione generale variano tra tra 10,2 ed i 105,6/100.000 con più di 1,8 milioni di nuovi casi per anno registrati in tutto il mondo (in particolare nei giovani maschi adulti), tra i quali rappresenta una delle cause più comuni di morte cardiaca improvvisa. I casi di miocarditi, osservati dopo la vaccinazione anti COVID, sono comunque stati tutti trattati in modo efficace sia a domicilio sia in ospedale. Non c’è stato nessun decesso, né qui né negli Stati Uniti».

In ogni caso, mentre è difficile stabilire un collegamento diretto e certo della miocardite con la vaccinazione, è invece accertato che la miocardite è una complicanza delle infezioni virali tra cui quella da SARS CoV-2. «Capisco le preoccupazioni dei genitori, anche io lo sono, ma occorre fare una scelta consapevole valutando i rischi, perché il rischio zero non esiste – ribadisce l’esperto della SIP- quale rischio si preferisce far correre ai propri figli? Quello di sviluppare un caso raro di miocardite che comunque viene trattato efficacemente o quello di essere infettati e avere gravi complicanze, come sviluppare la MIS-C (sindrome infiammatoria multisistemica), avere una miocardite peggiore, sviluppare sintomi long COVID pesanti o, peggio, rientrare tra quei 34 morti ad oggi censiti dall’ISS tra la fascia 0-19? Perché saranno anche numeri bassi, saranno anche eventualità rare, ma anche se succede una volta sola, è una tragedia che con il vaccino si sarebbe potuta evitare».

VACCINARE TUTTI I BAMBINI, NON SOLO QUELLI A RISCHIO

Un altro tema portato avanti da chi ha dei legittimi dubbi sulla vaccinazione, è dover vaccinare un bimbo sano quando tra la popolazione pediatrica l’incidenza della COVID è inferiore rispetto a quella adulta. Un’affermazione vera in parte e che i dati delle ultime settimane stanno smentendo. Gli studi sui tassi di ospedalizzazione per la popolazione pediatrica hanno dimostrato che molti ricoveri sono avvenuti anche tra soggetti senza fattori di rischio o malattie pregresse. La MIS-C (Sindrome Infiammatoria Multi-Sistemica) ha un’incidenza di 2 su 100.000 casi e non è stato dimostrato che la presenza di malattie pregresse ne favorisca l’insorgenza: interessa il bambino e l’adolescente e nel 77% dei casi necessita di supporto vascolare in ambiente intensivo. Come ci ricorda la SIP, anche se la fascia pediatrica dai 12 anni in su risulta essere tra quelle meno colpite dal Sars-CoV-2, recenti evidenze scientifiche hanno dimostrato in tale fascia di età la presenza di gravi complicanze renali o di complicanze multisistemiche, anche al di là della MIS-C, conseguenti ad un’infezione pauci o asintomatica da Sars-CoV-2, come sta emergendo per l’adulto. A questo si aggiunge che, in termini di sanità pubblica, la fascia di età pediatrica e adolescenziale può fungere da serbatoio per la diffusione del virus nell’intera popolazione.

«Anche se l’obbiettivo primario della vaccinazione è quello di non sviluppare la malattia e quindi proteggere il singolo bambino –ricorda Russo- l’opportunità di implementare un’offerta vaccinale universale aiuterà notevolmente a ridurre non solo la circolazione dello stesso virus, ma soprattutto il rischio di generare varianti potenzialmente più contagiose o capaci di ridurre l’efficacia degli stessi vaccini in uso».

5-11 ANNI, CASI IN AUMENTO

A vedere gli ultimi dati del CDC (Centres for Disease Control and Prevention) americano e del nostro Istituto Superiore di Sanità, i bambini stanno diventando un serbatoio di infezione importante, anche perché sono l’unica popolazione non vaccinata.  Negli Stati Uniti, i casi di COVID-19 nella fascia 5 e 11 anni rappresentano il 39% di tutti i casi di età inferiore ai 18 anni. Secondo il CDC, circa 8.300 casi di COVID-19 nei bambini di età compresa tra 5 e 11 anni hanno portato al ricovero in ospedale. Al 17 ottobre, negli Stati Uniti sono stati segnalati 691 decessi per COVID-19 in individui di età inferiore ai 18 anni, con 146 decessi nella fascia di età da 5 a 11 anni. 

In Italia, da inizio pandemia al 17 novembre 2021 (data dell’ultimo bollettino ISS) nella popolazione 6-11 anni sono stati riportati 247.000 casi di infezione, 1407 ospedalizzazioni, 36 ricoveri in terapie intensiva e 9 decessi. Sempre secondo l’Istituto Superiore di Sanità, a metà novembre nella popolazione in età scolare si è osservato un forte aumento dell’incidenza nella fascia 6-11 anni, che rappresenta all’incirca il 50% dei casi della popolazione 0-19. Già dalla seconda decade di ottobre, l’ISS ha sottolineato un aumento dell’incidenza nelle fasce di età 0-9 e 10-19 che a metà novembre risultava compresa tra i 100 e i 150 casi per 100.000 abitanti, sebbene il dato sia ancora da consolidare. In tutte le altre fasce di età, l’incidenza risultava compresa tra i 50 e i 100 casi per 100.000 abitanti. Nella classe di età 6-11 anni si è evidenziata, a partire dalla seconda settimana di ottobre, una maggiore crescita dell’incidenza rispetto al resto della popolazione in età scolare, con un’impennata nelle ultime due settimane. Secondo il CDC, per ogni milione di dosi somministrate nella fascia 5-11 anni si possono prevenire circa 58.000 casi e 226 ospedalizzazioni. Immunizzare questa fascia d’età (in rapporto alla popolazione pediatrica americana) significa evitare 600 mila nuovi casi tra novembre 2021 e marzo 2022.

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Angelica Giambelluca
Angelica Giambelluca

Giornalista professionista dal 2009, scrive di medicina e sanità per diverse testate nazionali. Si occupa anche di comunicazione in ambito medico e sanitario. Dirige un portale dedicato al mondo dei pazienti, www.medoramagazine.it.


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