Sicuro ed efficace, il vaccino contro Sars-Cov-2 eviterà i danni del virus nei più piccoli e porterà ad un maggior controllo della pandemia
Dopo gli adulti e gli adolescenti è la volta dei bambini. L'EMA ha ufficialmente approvato Comirnaty -il vaccino a mRNA di Pfizer-BioNTech utile nella prevenzione di Covid-19- per la fascia di età 5-11 anni. La vaccinazione nei più piccoli si è dimostrata estremamente sicura ed efficace. Il vantaggio della vaccinazione nei più piccoli è duplice: da un lato si evita la malattia -sviluppare Covid-19 è estremamente più rischioso della vaccinazione- dall'altro evitare nuovi casi nei più piccoli genererà a cascata effetti positivi sul resto della popolazione.
I BAMBINI SI AMMALANO
A differenza di quanto accaduto inizialmente, dove i nuovi contagi nei bambini rappresentavano una percentuale estremamente bassa, oggi a causa delle mutazioni accumulate nel tempo Sars-Cov-2 colpisce indistintamente adulti e bambini. Due dati su tutti: negli Stati Uniti il 25% dei nuovi casi riguarda la fascia di età 5-11 anni; nel nostro Paese da un confronto con i dati pubblicati dall'Istituto Superiore si Sanità il 25 agosto, emerge che in poco più di due mesi, l'incidenza più elevata di nuovi casi si è registrata nella fascia di età sotto i 12 anni, ovvero nella popolazione non ancora vaccinabile. Affermare dunque che Covid-19 è una malattia che non colpisce i bambini è totalmente infondato.
Che i bambini superino la malattia con maggiore successo rispetto alle fasce di popolazione anziana è un dato di fatto. Attenzione però a non confondere il messaggio. Come spiegano Jeffrey S. Gerber (professore di pediatria ed epidemiologia presso la University of Pennsylvania Perelman School of Medicine) e Paul A. Offit (direttore del "Vaccine Education Center" presso il Children’s Hospital di Philadelphia) in un editoriale apparso su Science, «negli Stati Uniti per Covid-19 sono già morti 700 bambini. Sars-Cov-2 è entrato nella lista delle prime dieci cause di morte in età pediatrica. Nessun bambino è invece deceduto per la vaccinazione».
IL RISCHIO DI LONG-COVID
Come per gli adulti, anche i bambini che superano la malattia possono sviluppare forme di long-covid, la sindrome post infezione che può debilitare una persona sotto molti aspetti anche per parecchie settimane dopo la negativizzazione. Secondo uno studio inglese pubblicato sulle pagine del British Medical Journal, un bambino su 7 infettato con Sars-Cov-2 presenta ancora disturbi a 15 settimane dall'infezione.
GLI EFFETTI INDIRETTI
C'è poi tutto un altro aspetto che dovrebbe far propendere per la vaccinazione in questa fascia di età. «Durante la pandemia -scrivono i due esperti- l'interruzione delle attività scolastiche ha danneggiato i bambini più di qualsiasi effetto avverso della vaccinazione. Questi danni comprendono il peggioramento della salute mentale, l'aumento delle lacune nell'istruzione e la diminuzione dell'attività fisica. Danni indiretti del virus che sono risultati addirittura più marcati nelle fasce più povere della popolazione».
Non solo, fungendo da veicolo del contagio i bambini possono mettere in pericolo gli adulti con cui vivono. Da vaccinati le probabilità di infettarsi sono inferiori e dunque nell’economia della circolazione del virus, che ricordiamo circola meglio laddove non trova ostacoli, ovvero tra i non vaccinati- la vaccinazione in questa fascia di età contribuirà a tenere sotto controllo ulteriormente la pandemia.
UNA SCELTA CONSAPEVOLE
Ma un altro motivo che dovrebbe far propendere per la vaccinazione nei bambini riguarda, più in generale, la storia delle malattie infettive. I numeri ci dicono che anche se è vero che la maggior parte dei bambini sperimenta una malattia asintomatica o lieve, alcuni si ammaleranno e un piccolo numero andrà incontro a decesso. Ad oggi i bambini vengono vaccinati, ad esempio, per l'influenza, la meningite, la varicella, il morbillo, la parotite e la rosolia. Nessuna di queste malattie, ancor prima della disponibilità delle vaccinazioni, ha causato ogni anno il numero di decessi che invece ha portato Sars-Cov-2 da inizio pandemia. Partendo da questo presupposto, «non vaccinare un bambino per il nuovo coronavirus -concludono gli esperti nell'editoriale su Science- non è affatto una scelta esente da rischi. Al contrario è una scelta che implica la decisione di esporsi ad un rischio maggiore rispetto a ciò che può accadere con la vaccinazione».
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Fonti
Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.