La reazione del sistema immunitario all'infezione da Sars-CoV-2 varia tra le categorie di pazienti. Questo potrebbe spiegare il decorso diverso di Covid-19
Dopo quasi un anno e mezzo di pandemia, il quadro è piuttosto chiaro. Covid-19 è una malattia che nella maggior parte dei casi evolve senza o con pochi sintomi. Alcuni pazienti sono invece colpiti dall’evoluzione più aggressiva della malattia. Fino, in alcuni casi, alla morte. Oggi sappiamo che il quadro è determinato soprattutto dalle condizioni di partenza dei nuovi infetti: con i più anziani e coloro che sono affetti già da altre malattie esposti ai rischi maggiori. Quello che inizia a chiarirsi soltanto adesso è il diverso impatto che l’infezione può avere sul sistema immunitario. Aprendo di fatto la strada a una forma di Covid-19 più o meno grave.
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LA RISPOSTA IMMUNITARIA NON È UGUALE IN TUTTI I PAZIENTI CON COVID-19
Il diverso andamento della malattia - indipendentemente dalle condizioni di partenza di un paziente - sembra guidato anche dalla risposta immunitaria che si registra nell’organismo di ogni persona. Quanto questa incida, è ancora difficile da affermare. Ma che abbia un ruolo è piuttosto chiaro. La considerazione emerge da uno studio pubblicato sulla rivista Nature Medicine: il primo a valutare la risposta cellulare e anticorpale anche negli asintomatici e a porla a confronto con quella che si registra tra coloro che hanno sviluppato forme moderate e severe di Covid- 19. I ricercatori - a guidare il lavoro gli scienziati del Wellcome Sanger Institute di Cambridge - hanno sequenziato il genoma di oltre ottocentomila cellule del sistema immunitario ed effettuato analisi approfondite sulle proteine di membrana e sui recettori presenti sulle loro superfici. Da questi campioni, prelevati da 130 persone ammalatesi di Covid-19 con sintomi di diversa entità (curate in tre diversi ospedali), si è potuto rilevare come la risposta immunitaria non sia uguale in tutti i pazienti.
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PIÙ ANTICORPI NEI PAZIENTI ASINTOMATICI
Nello specifico, nel sangue di coloro infettatisi ma senza sviluppare i sintomi della malattia, i ricercatori hanno riscontrato un aumento dei linfociti B. Si tratta delle cellule che, a partire dalla cavità nasale, producono gli anticorpi. Tra cui quelli neutralizzanti: in grado di inattivare il virus Sars-Cov-2, proteggendo così le cellule. La pronta disponibilità di quella che rappresenta la prima linea di difesa dalla malattia potrebbe essere la ragione alla base del mancato sviluppo dei sintomi in questi pazienti. Anche perché lo stesso titolo - inteso come il livello di anticorpi nel sangue - non è stato rilevato in coloro che invece avevano i sintomi più gravi di Covid-19. Nel mezzo, i pazienti cosiddetti paucisintomatici (con tosse, qualche linea di febbre per un paio di giorni, spossatezza). Nel loro siero, i ricercatori hanno rilevato maggiori concentrazioni di linfociti B e cellule T helper che, come suggerisce il nome, aiutano altre componenti immunitarie ad attivarsi.
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COSA SUCCEDE NEI PAZIENTI PIÙ GRAVI
Diversa invece è risultata la reazione nei pazienti più gravi, colpiti dalla polmonite bilaterale interstiziale. Osservando la risposta immunitaria scatenata dall'infezione, i ricercatori hanno osservato livelli molto più bassi di linfociti B (e dunque di anticorpi) e T helper. Al contrario, maggiore è risultata la presenza di altre cellule deputate alla difesa dell'organismo: quali i monociti e i linfociti T killer. Il loro «aumento incontrollato» potrebbe essere la causa dell'eccessiva risposta infiammatoria a livello polmonare. Ovvero quella tempesta citochinica che, anziché proteggere dal virus, attacca tutti gli organi del paziente. Fino a ucciderlo. Nel sangue di questi malati sono state rilevate anche concentrazioni maggiori di piastrine, responsabili della formazione di trombi in grado di ostacolare l'afflusso di sangue nei tessuti. «Questi risultati ci aiutano a capire perché la reazione all'infezione da Sars-CoV-2 non sia uguale in tutti i pazienti - afferma Muzlifah Haniffa, immunologa dell'Università di Newcastle e ricercatrice al Wellcome Sanger Institute -. Il sistema immunitario è costituito da molti gruppi di cellule e agisce come un'orchestra. Per comprendere a fondo la sua attività, occorre guardare la risposta delle cellule nel loro insieme».
INFORMAZIONI UTILI IN CHIAVE TERAPEUTICA
Sebbene non sia ancora chiaro sulla base di cosa l'infezione possa innescare risposte immunitarie differenti, lo studio va a fondo di quelle che sono le caratteristiche delle reazioni associate al decorso più grave di Covid-19. Da qui potrebbero essere tratti spunti per proteggere i pazienti dall'infiammazione e dunque dall'evoluzione più grave della malattia. «Per esempio - concludono i ricercatori - si potrebbe valutare l'opportunità di sviluppare trattamenti mirati a ridurre la sintesi di linfociti T e piastrine». In futuro, inoltre, si potrebbe prevedere il rischio che ogni paziente ha di andare incontro a un decorso peggiore di Covid-19 monitorando i livelli delle cellule del sistema immunitario nel sangue.
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).