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Fabio Di Todaro
pubblicato il 18-12-2014

In media viviamo sei anni in più rispetto al 1990



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Tra le cause di morte restano “in vetta” le malattie cardiovascolari. In Italia primato va all’infarto del miocardio. Africa subsahariana: è emergenza Aids

In media viviamo sei anni in più rispetto al 1990

Negli ultimi 23 anni l'aspettativa di vita globale è aumentata: di 5,8 (per gli uomini) e di 6,6 (per le donne) anni, tra il 1990 e il 2013. Ma il dato non riguarda tutto il mondo. Nei Paesi dell’Africa subsahariana, infatti, la prospettiva s’è accorciata di quasi un lustro: soprattutto per colpa dell’Aids. Al contempo occorre essere sempre vigili di fronte ad alcune malattie i cui tassi di morte risultano aumentati, dal 1990 a oggi: dal tumore al fegato provocato dal virus dell’epatite C (+125%) a quello del pancreas (+7%), dal diabete (+9%) alla fibrillazione atriale (+100%), dai disturbi provocati dal consumo di droghe (+63%) alle malattie renali (+37%).


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DI COSA SI MUORE PIU' SPESSO?

La fotografia è stata scattata nell’analisi – condotta da un pool di ricercatori, coordinati dall’Università di Washington, valutando 240 cause di morte in 188 Paesi del mondo - che appare ogni anno in questi giorni su The Lancet. Complessivamente, nella società occidentale, continuano a scendere i tassi di mortalità per la maggior parte dei tumori (-15%) e delle malattie cardiovascolari (-22%). Lo stesso trend è stato osservato relativamente ad alcune condizioni spesso fatali nei Paesi in via di sviluppo: dalla diarrea alle infezioni del tratto respiratorio, fino ai disturbi neonatali. Segno che, per dirla con le parole di Cristopher Murray, docente di epidemiologia e salute globale all’Università di Washington, «l’aumento dell’azione collettiva avviata nei confronti di molte malattie infettive sta avendo un impatto reale». Chiaro il riferimento - con le dovute differenze tra i singoli Stati - alle gastroenteriti virali, al morbillo, alla tubercolosi e alla malaria.

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LA SITUAZIONE IN ITALIA

In Italia le malattie cardiovascolari sono la causa del 44% dei decessi che si contano ogni anno. Tra queste, spicca l’infarto del miocardio: con poco meno di trentamila vittime costituisce la malattia più spesso fatale lungo la Penisola. Seguono il tumore del polmone, la malattia di Alzheimer, il cancro del colon-retto, le malattie ostruttive delle vie aree (asma, Bpco, bronchite cronica, enfisema), il diabete, il tumore al seno, la cirrosi epatica e gli incidenti stradali. Un quadro che in Europa occidentale è comune soltanto anche a Grecia, Svezia, Finlandia, Malta. In tutti gli altri Paesi il carcinoma polmonare rappresenta la prima causa di morte.


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ALTRI RISULTATI

Dal dossier, oltre 40 pagine, emerge come notevoli passi avanti abbiano fatto alcuni Paesi “dimenticati” (Nepal, Ruanda, Etiopia, Niger, Maldive, Iran e Timor Est), in cui l’aspettativa di vita è aumentata di 12 anni, dal 1990 a oggi. In molte di queste realtà, però, le cause di morte continuano a essere piuttosto banali e risultano condizionate dalle scarse condizioni igienico-sanitarie. Nel 2013 sono stati 3,7 milioni i bambini morti per infezioni respiratorie (rispetto ai 7,6 del 1990), mentre sono da ricondurre alla malaria e alle malattie diarroiche quasi due milioni di decessi che, nel solo 2013, hanno coinvolto i più piccoli: partendo da un mese di vita e fino a cinque anni di età. Complessivamente le prime dieci cause di morte al mondo non sono cambiate, in 23 anni. Eccole, di seguito: malattie cardiovascolari, infezioni respiratorie, disturbi cerebrovascolari (ictus, ischemie), gastroenteriti con diarrea, incidenti stradali, Aids, nascite pretermine, malaria, encefalopatie neonatali e anomalie congenite.  Preoccupano gli aumenti dei tassi di mortalità registrati per Aids (+344%), consumo di sostanze stupefacenti (+119%), malattie renali croniche (+90%) e malattia di Alzheimer (+89%)



Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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