Più di 136mila i nuovi malati nel 2013, soprattutto nell’Est. Scarsa informazione e diagnosi tardive
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Nonostante i progressi in ambito terapeutico, l’epidemia di Aids non accenna a ridurre la propria portata, dal 2004 - anno della stipula della Carta di Dublino - a oggi. È quanto emerge dai dati raccolti dallo European Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc) e diffusi in occasione della Giornata mondiale contro la malattia. Soltanto nel 2013 sono state più di 136mila - più di centomila tra l’Europa orientale e l’Asia - le nuove diagnosi di Aids effettuate tra l’Europa e l’Asia Centrale, nei 53 Paesi che dieci anni fa avevano siglato nella capitale irlandese un patto per ridurre i numeri dell’infezione.
L’Aids si può fermare partendo da una corretta informazione
CASI IN AUMENTO
Rispetto al 2004 c’è stato un incremento dell’80% dei nuovi casi. «L’Europa non ha raggiunto l’obiettivo che era stato posto nel Millennium Development Goal - afferma Zuzsanna Jakab, direttore dell’ufficio regionale europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità -. Nell’Europa dell’Est, a cui si può ricondurre il 77% delle nuove diagnosi, due terzi dei casi hanno riguardato persone tossicodipendenti, con diagnosi effettuate in notevole ritardo». Ciò vuol dire probabilità più alte di trasmettere il virus e meno opportunità di vedere agire con efficacia le terapie: che ci sono e risultano pure efficaci, a patto però di avviarle tempestivamente.
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CATEGORIE A RISCHIO
Il trend crescente negli ultimi dieci evidenzia come ci sia un deficit di informazione relativamente a questa malattia, di cui si parlava molto negli anni ’90, prima che finisse nel dimenticatoio. È toccato al direttore dell’Ecdc, Marc Sprenger, ribadire quali sono le categoria a rischio. «Gli omosessuali, a cui si può ricondurre più del 40% delle diagnosi effettuate in Europa nel 2013. Ma anche i carcerati, i tossicodipendenti, le vittime della prostituzione e i transessuali hanno un rischio più alto di contrarre l’infezione, favorirne la trasmissione e sviluppare la malattia».
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Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).