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Daniele Banfi
pubblicato il 10-11-2014

Sei trapianti di fegato su 10 sono dovuti all’epatite C



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In Italia 800mila persone colpite, cala il numero di infezioni. I nuovi farmaci funzionano, ma costano molto. I dati presentati al congresso AASLD di Boston

Sei trapianti di fegato su 10 sono dovuti all’epatite C

Secondo gli esperti nel nostro Paese sono 800 mila le persone colpite dal virus dell'epatite C. Un numero fortunatamente non più in costante aumento ma che continua a far paura. Perché il virus è subdolo. Può rimanere silente per più di 20 anni e intanto danneggiare il fegato. Risultato? Cirrosi e, nei casi più fortunati, trapianto di fegato. Fortunatamente, dopo anni di cure non sempre efficaci e prive di effetti collaterali, da qualche anno sono arrivati nuovi farmaci in grado di eradicare la malattia. I dati sull'efficacia, come dimostrano gli ultimi studi presentati al congresso AASLD di Boston in corso in questi giorni, cominciano a farsi consistenti. Unico problema ora rimane il prezzo, ancora molto elevato.


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ASSENZA DI SINTOMI

Negli Stati Uniti l'epatite C è definita “silent killer”. Il motivo? Il più delle volte le persone che ne sono affette non sanno di esserlo. La fase acuta dell’infezione del virus decorre quasi sempre in modo asintomatico. Appena contratta l'infezione, il paziente può soffrire di sintomi vaghi come febbre, senso di stanchezza, inappetenza e ittero. Generalmente però questi sintomi passano e per molti anni la malattia non da segni. La cronicizzazione dell’epatite, che accade in più del 70% dei pazienti, si manifesta con transaminasi elevate o fluttuanti e con l’insorgenza della fibrosi.


Tumori neuroendocrini curabili col trapianto di fegato

 

POPOLAZIONE A RISCHIO

In Italia la gran parte degli infetti ha un’età superiore a cinquant'anni e ciò testimonia un’endemia di tale infezione tra la popolazione del nostro Paese negli anni '50-‘70. Purtroppo tra i pazienti portatori dell’infezione il 20-30% è evoluto in una grave epatopatia e si stima che in Italia i cirrotici da virus C siano oltre 150 mila e siano circa 4-5 mila i casi di tumore del fegato conseguenti all’infezione cronica da tale virus. Infine è di assoluto rilievo sottolineare che oltre il 60% dei 1.100 trapianti di fegato che si effettuano in Italia ogni anno siano causati dal virus C.

Come spiega il professor Carlo Federico Perno, primario dell’Unità Complessa di Virologia Molecolare al Policlinico di Roma Tor Vergata, «oggi l'ondata di infezioni è alle spalle poiché sappiamo esattamente quali sono le modalità di contagio. Il virus si trasmette per contatto diretto con il sangue. Il così elevato numero di malati in Italia è dovuto a “errori” del passato. Trasfusioni e utilizzo di siringhe infette, soprattutto nella popolazione dei tossicodipendenti, hanno contribuito a creare la situazione attuale. Per fortuna oggi le nuove infezioni sono in diminuzione e, soprattutto per le trasfusioni, il rischio di contagio è pressoché prossimo allo zero. Oggi, in particolare, ciò a cui si deve prestare massima attenzione sono tatuaggi e piercing effettuati in luoghi non idonei».

 

COME CAMBIA LA VITA DOPO UN TRAPIANTO?

 

I RIMEDI

Prima dell'avvento dei nuovi farmaci la strategia per combattere l'infezione era, ed è tutt'ora vista la difficoltà di accesso alle terapie innovative, l'utilizzo di un mix di molecole tra cui l'interferone. Quest'ultimo è finito da tempo sul banco degli imputati per i suoi effetti collaterali fin troppo marcati che, in molti casi, costringono il medico a sospendere la terapia. «Con questo approccio l'eradicazione del virus avviene nel 50% dei casi. Oggi però, grazie a nuovi farmaci combinati che agiscono direttamente sui meccanismi che il virus mette in atto per replicarsi, il successo arriva oltre il 90-95%, a seconda della tipologia di virus», afferma Perno. Allo stato attuale sono diverse le aziende che stanno sbarcando sul mercato con queste cure. Il prezzo medio per la prima terapia priva di interferone si aggira intorno ai 37 mila euro. Cifre importanti che allo stato attuale non consentono di trattare tutti i pazienti che ne avrebbero bisogno.

 

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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