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Alimentazione
Redazione
pubblicato il 23-01-2013

Ragazze fate sport, fate il volley



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«E’ uno stile di vita che rende felici», spiega una grande atleta bulgara che ha giocato in Italia e che ha allenato molte squadre giovanili. L’importanza della corretta alimentazione

Ragazze fate sport, fate il volley

«E’ uno stile di vita che rende felici», spiega una grande atleta bulgara che ha giocato in Italia e che ha allenato molte squadre giovanili. L’importanza della corretta alimentazione

Non è sempre maschile la poltrona di chi dirige una squadra di pallavolo femminile. Alcune atlete, campionesse, alla fine della loro carriera agonistica, hanno allenato squadra di serie A,B e C, ma la pressione maschilista ha sempre determinato o influito sulla continuità del loro lavoro. Parliamo per esempio di Zvetana Bojourina, bulgara di Pernik, oggi sessantenne che dopo i successi nel suo paese è venuta, prima a vincere in Italia, alla Teodora di Ravenna e poi ad allenare, per 5 anni, squadre giovanili. Ancora oggi ricorda le partite giocate in Bulgaria, i patimenti e i disturbi dovuti alla scorretta alimentazione. «Per me è stato un cambiamento forte quando sono venuta in Italia – dice la sportiva – perché non mi ero mai preoccupata dell’alimentazione. Si mangiava di tutto, sia prima sia dopo le gare. Dirigenti e allenatori non ci davano indicazioni al proposito. Avevamo totale autonomia per lo stile di vita da tenere fuori dal campo. In Italia ho capito perché a volte in Bulgaria durante le gare non riuscivo a rendere. Era la cattiva digestione. Gli acidi che andavano su e giù. A 30 anni sono venuta a Ravenna e ho cominciato a capire che cosa significa curare la dieta e il valore di quella mediterranea, che cosa bisogna mangiare prima e dopo le gare. Il nostro allenatore, il grande Sergio Guerra, ti insegnava anche a mangiare e a stare bene in salute. Tutto per vincere, ma anche per vincere le malattie».

LA SUA STORIA - Zvetana Bojurina,  ha cominciato a giocare a pallavolo nel 1968 nella sua città natale. Poi ha vinto tre titoli nazionali e tre coppe di Bulgaria, una coppa Campioni ('79) e una coppa delle Coppe ('82). «Sono stati belli i tempi dell’Italia – aggiunge – anche perché mi hanno fatto conoscere l’amore, Sandro, un giornalista sportivo. Sono stata la prima straniera della Teodora Ravenna, allenata da Guerra e con Manuela Benelli bravissima alzatrice. Era una squadra che ha vinto 11 campionati consecutivi. Sono arrivata a Ravenna a ottobre 1982 e ho vinto gli scudetti negli anni 1983, 1984 e 1986».

IL RAPPORTO COL CIBO – Come ha cambiato la sua vita il contatto con la dieta? «Molto, perché ho scoperto come il cibo influenzi la prestazione agonistica – ci racconta Zvetana -. Fino a quando sono venuta in Italia non sapevo che cosa erano i carboidrati e le proteine, quali alimenti li contenevano e quali era necessario mangiare per assimilare i giusti componenti utili alla mia prestazione sportiva. In Bulgaria si mangiavano peperoni, crauti e pasticci di carne senza alcuna regola. Qui, in Italia, ho cominciato a mangiare cibi facili da digerire, come la pasta in bianco o al pomodoro, la carne e molta verdura e frutta. Qualche volta la mozzarella o il prosciutto, ma niente patatine fritte. Non potevamo mangiare la pizza, nemmeno dopo la partita, perché avremmo dovuto viaggiare e la pizza ci avrebbe guastato la digestione. Quindi non soltanto attenzione al cibo in vista della gara, ma anche nella vita quotidiana».

I CONTROLLI MEDICI – Qualcuno controllava il vostro stato di salute? «Questo sì, era un impegno civile in Bulgaria, allora stato socialista – aggiunge l’atleta – e ogni 6 mesi dovevamo sottoporci ad esami clinici di controllo. Infatti una nostra compagna è risultata malata di leucemia, e ha dovuto lasciare lo sport. Ma avendo scoperto la malattia in tempo, è riuscita a curarsi e a tornare in campo. Questo è molto bello, perché senza lo sport e i controlli medici, la ragazza poteva anche morire». Quale era il rapporto delle sue compagne di squadra con il cibo? «Non si facevano problemi perché, a quei tempi – dice - non c’era attenzione al fisico perfetto, non c’era la ricerca spasmodica ad apparire di oggi. E poi le ragazze non avevano tempo da perdere. Anche a Ravenna non erano professioniste. Fra la scuola, gli allenamenti, il lavoro e le gare non c’era proprio il tempo per “sgarrare”».

I RICORDI - E che cosa direbbe alle ragazze di oggi? «Beh, direi che lo sport è importante, per tutte le ragazze, anche le più piccole. Tutte possono giocare a  pallavolo, purché sia un divertimento, un gioco. Fare sport è uno stile di vita, che ti tiene lontano dall’ozio, ti fa stare con la gente, ti fa crescere, ti tempra il carattere. Poi magari arrivano i risultati, ma intanto stai bene in salute, una salute che ti porti dietro per tutta la vita».

Edoardo Stucchi


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