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Fumo
Paola Scaccabarozzi
pubblicato il 24-10-2024

La nicotina è un problema per gli sportivi?



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Quanti e quali sono gli atleti che fumano? Da un’indagine sugli sportivi italiani emergono differenze inaspettate

La nicotina è un problema per gli sportivi?

Gli atleti, nell’immaginario collettivo, sono persone attente alla propria salute, che si prendono cura di sé e cercano di attuare comportamenti utili a tutelare il benessere personale. Quindi, essendo a conoscenza dei numerosi danni provocati dal fumo, si pensa siano meno avvezzi, rispetto alla popolazione generale, a farne uso. Così non è, come emerge di tanto in tanto dalle cronache sportive, con le immagini dei calciatori che usano snus, il tabacco orale, che tanto hanno fatto discutere nella Premier League britannica. E in Italia? Poco più di un anno fa la situazione è stata descritta da uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Sports Medicine dal titolo: Should We be Concerned with Nicotine in Sport? Analysis from 60,802 Doping Control Tests in Italy, ovvero “Dovremmo preoccuparci della nicotina nello sport? Un’analisi di 60.802 test di controllo doping in Italia”.

 

LA RICERCA SU SPORT E NICOTINA

Lo studio è stato condotto da Thomas Zandonai, esperto di uso di sostanze in ambito sportivo, doping e dipendenze dell’Università di Trento, insieme a un team di internazionale di esperti quali Ana María Peirò (Università di Alicante), Francesco Botrè, direttore del Laboratorio Antidoping di Roma e Toby Mündel della Brock University (Canada). La ricerca ha analizzato campioni di urina provenienti da eventi sportivi nazionali e internazionali che si sono svolti in Italia nel periodo 2012-2020, che hanno mostrato un tasso totale di positività alla nicotina prossimo al 23% dei campioni esaminati.

 

NON TUTTI GLI SPORT SONO UGUALI

«L'uso di tabacco nella popolazione generale a livello mondiale è del 20% - spiega Zandonai - quindi qualsiasi risultato con una prevalenza superiore a questa dovrebbe risultare allarmante. Ci sono poi differenze significative tra sport e sport: i giocatori di baseball fanno uso di nicotina per una percentuale molto alta (55%); a seguire chi pratica football americano (42%), pallamano (40%) e pallavolo (36%). C’è anche una lieve differenza di genere perché i maschi ne usano di più rispetto alle femmine (24,1% vs 18,5%) e, altro aspetto significativo, gli sport di squadra predispongono un tasso di consumo doppio rispetto agli sport individuali (31,4 vs 14,1%). Questo è legato al fatto che si innesca una sorta di emulazione tra i componenti della squadra e i comportamenti, anche negativi, vengono imitati».

 

I CALCIATORI E… LA NICOTINA PER “RILASSARSI”

«Il campione più grande analizzato - prosegue Zandonai - è quello dei calciatori. Oltre 20.000 controlli effettuati in nove anni hanno mostrato che il 29% ha usato nicotina. I calciatori, come anche gli altri atleti, probabilmente non cercano di migliorare le loro prestazioni, anche perché non è chiaro l’effetto della nicotina sul miglioramento dell’esercizio fisico (gli studi non sono tra loro concordanti), ma piuttosto la usano come uno strumento per rilassarsi, recuperare e socializzare con la propria squadra. Peccato che non si tenga minimamente presente che la nicotina e il fumo, oltre a predisporre a gravi rischi per la salute come tumori e malattie cardiovascolari, non costituiscano un antidoto all’ansia, ma al contrario un generatore di ulteriore stress psico-fisico». Infatti, ricorda il ricercatore, chi smette di fumare o usare nicotina ha una significativa riduzione dei sintomi ansiogeni. «Inoltre, gli atleti predisposti all’ansia potrebbero avere un rischio maggiore di sviluppare dipendenza nei confronti della nicotina. La nicotina crea infatti dipendenza che, come tale, è solo destinata ad autoalimentarsi».

 

L'EFFETTO SULLA PERFORMANCE

Le differenze rilevate fra i praticanti dei diversi sport evidenziano un altro aspetto importante, sottolinea Thomas Zandonai: «Che la nicotina non costituisca poi un aiuto a migliorare le performance è anche avvallato dalla scoperta del minor uso da parte di atleti a cui è richiesta un'elevata resistenza o capacità aerobica, come i maratoneti, i ciclisti e i nuotatori. Questi sportivi fanno, infatti, un uso di nicotina molto più basso rispetto a quelli che si affidano maggiormente alla forza e alla potenza».

 

VECCHI E NUOVI PRODOTTI

Studi precedenti, effettuati attraverso la somministrazione di questionari, avevano evidenziato consumi elevati di nicotina anche con i nuovi prodotti “senza fumo” fra gli atleti di sport invernali praticati nel nord Italia. Spiega ancora Zandonai: «I dati emersi da questa ricerca lo hanno ulteriormente confermato. Tra coloro che praticano hockey su ghiaccio il 43% fa uso di nicotina, a seguire gli atleti di sci alpino (27%). In questi casi si è visto un significativo uso di prodotti senza fumo (tabacco da masticare, sigarette elettroniche, ecc.) anche nel tentativo di non “intaccare” (anche se non è di fatto così, ndr.) il sistema respiratorio. Uno dei prodotti più utilizzati tra i giovani è lo “snus”, tabacco contenuto in piccoli sacchetti che vengono inseriti tra il labbro superiore e la gengiva, o i sempre più diffusi sacchetti di nicotina».

 

GLI OBIETTIVI

È importante ricordare che si tratta di pratiche lecite visto che la nicotina non è una sostanza dopante, pertanto non è vietata in ambito sportivo. Così conclude Thomas Zandonai: «Spesso ciò che non è “proibito” non viene considerato prioritario, soprattutto dalle federazioni sportive. Sono dunque necessari progetti di intervento precisi e mirati. L’obiettivo dovrebbe essere quello di sensibilizzare gli atleti circa i rischi dell’assunzione della nicotina e dare loro l’opportunità di chiedere aiuto alle strutture competenti, grazie alla sinergia fra sport e salute pubblica». 

Paola Scaccabarozzi
Paola Scaccabarozzi

Giornalista professionista. Laureata in Lettere Moderne all'Università Statale di Milano, con specializzazione all'Università Cattolica in Materie Umanistiche, ha seguito corsi di giornalismo medico scientifico e giornalismo di inchiesta accreditati dall'Ordine Giornalisti della Lombardia. Ha scritto: Quando un figlio si ammala e, con Claudio Mencacci, Viaggio nella depressione, editi da Franco Angeli. Collabora con diverse testate nazionali ed estere.   


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