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Pediatria
Caterina Fazion
pubblicato il 20-09-2024

Paura di vomitare: che cosa si nasconde dietro l’emetofobia?



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Quando e perché si sviluppa la paura di vomitare? Cause e rimedi per l’emetofobia nei più piccoli, ma non solo

Paura di vomitare: che cosa si nasconde dietro l’emetofobia?

La paura di vomitare, nota come emetofobia, può instaurarsi per vari motivi e spesso rappresenta l’espressione di un disturbo d'ansia. Ecco alcune spiegazioni e suggerimenti su cause e rimedi.

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L’EMETOFOBIA NEI BAMBINI

L’emetofobia può manifestarsi anche negli adulti, tuttavia è molto più comune nei bambini e negli adolescenti. Come mai? «L'emetofobia colpisce principalmente i bambini piccoli, fino ai nove anni, ma può manifestarsi anche nei ragazzi più grandi», spiega la dottoressa Valeria Zanna, responsabile dell'Unità Operativa Anoressia e Disturbi Alimentari dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. «Per questi bambini, l'episodio di vomito rappresenta una perdita di controllo sul proprio corpo, che sembra agire in modo autonomo e imprevedibile. Questo senso di impotenza di fronte a una reazione fisica involontaria può generare paura e disorientamento. Il fenomeno può essere temporaneo, ad esempio quando i bambini sperimentano un episodio di malattia durante il quale si verifica il vomito, lasciandoli per un periodo con la paura di riviverlo. Quando il timore è persistente, i bambini rientrano nel cosiddetto Arfid, il disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione del cibo».

 

COMPORTAMENTI REGRESSIVI

I bambini soggetti a questo tipo di comportamento presentano già di per sé un temperamento ansioso e introverso e sono spesso impauriti dalle novità. Quando si instaura l’emetofobia, queste caratteristiche di base si amplificano ancora di più.

«Avendo paura di vomitare – prosegue la dottoressa – i bambini mettono in atto comportamenti regressivi. Hanno paura ad uscire e smettono di mangiare quando si trovano fuori casa, come ad esempio nella mensa scolastica. Iniziano anche ad associare la paura del vomito all'ingestione di alcuni alimenti e, di conseguenza, sviluppano una selettività alimentare. La socialità, dunque, risulta compromessa: i bambini evitano situazioni sociali, specialmente quelle dove si mangia, e diventano ancora più ansiosi. Inoltre, la paura di vomitare quando si è soli può aggravare il senso di vulnerabilità dei bambini che cercano di essere sempre in compagnia di qualcuno».

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DA COSA DIPENDE?

La paura di vomitare è solitamente l'espressione di una problematica d'ansia, molte volte anche di natura post traumatica. «Bambini di natura vulnerabile che vivono circostanze stressanti possono sviluppare questa problematica», chiarisce Valeria Zanna. «Possono ad esempio aver visto familiari ammalarsi e presentare questo tipo di sintomo o aver subito un eccessivo controllo da parte di genitori o nonni particolarmente ansiosi o ipocondriaci. Ricordiamo però che si tratta di bambini con una sensibilità molto accentuata e con un temperamento ansioso di fondo. Non basta quindi che il bambino viva una determinata situazione stressante perché si instauri l’emetofobia, ma deve andare ad attecchire su una personalità predisponente».

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DIFFICOLTÀ A DIGERIRE LE EMOZIONI

Un bambino che presenta un determinato sintomo, in questo caso l’emetofobia, sta provando a comunicare una difficoltà che va sempre presa in considerazione.

«Spesso i genitori, quando il disturbo è di tipo alimentare, si spaventano – spiega la dottoressa Zanna – e non sapendo come intervenire cercano strade che vanno verso la razionalizzazione. Spiegano al bambino che non c’è motivo di essere spaventati, che non c’è rischio che l’episodio di vomito si presenti e che l’ambiente in cui si trovano è tranquillo e protetto. Spesso si irritano se il bambino non riesce a superare quel momento, ma l’ideale sarebbe accogliere la sua difficoltà». «Anche i genitori – prosegue la dottoressa – devono essere accolti e ascoltati dai professionisti che possano dare loro le indicazioni di cui hanno bisogno. Più sono piccoli più cerchiamo di inquadrare l'emergenza di un sintomo all'interno del sistema familiare. È importante capire cosa sta succedendo al bambino in quel momento e in quel particolare nucleo, tenendo conto che la difficoltà in realtà non è legata all’incapacità di digerire il cibo, ma particolari emozioni».

 

COME INTERVENIRE?

Come ricorda Zanna «il cibo non è solo nutrimento concreto: noi mangiamo anche attraverso le emozioni e le esperienze della nostra vita. Molto spesso attraverso un sintomo alimentare stiamo parlando di una difficoltà di altro tipo. Quando individuiamo una situazione complessa, suggeriamo di procedere con un lavoro familiare, ma anche con un percorso di psicoterapia cognitivo comportamentale che insegni al bambino strategie per risolvere la problematica che sta sotto al sintomo dell'emetofobia. Anche il nutrizionista può aiutare, tramite piccoli escamotage, a mantenere un'alimentazione corretta rispetto ai bisogni specifici di ogni soggetto. In situazioni particolarmente importanti occorre intervenire con l'avvio di una terapia farmacologica che possa ridurre lo stato ansioso e, di conseguenza, anche il sintomo andrà ad attenuarsi. Ricordiamo che l’emetofobia va inquadrata all'interno di un sistema più complesso verso il quale deve essere rivolta l'attenzione».

 

CONSIGLI UTILI

L'emetofobia può rappresentare una grande difficoltà non solo per i bambini, ma anche per i loro genitori. Ecco alcuni consigli pratici della dottoressa Valeria Zanna per affrontare questa fobia con sensibilità e gradualità.

«Bisognerebbe sempre evitare di forzare i bambini a mangiare, ma aprire una comunicazione rispetto a quello che sta succedendo. I genitori e gli adulti vicini, che svolgono un ruolo cruciale nel rinforzare la sicurezza del bambino, dovrebbero mostrarsi pazienti e sensibili, accogliendo le difficoltà senza minimizzarle o ignorarle. Interrompere la mensa scolastica per un breve periodo o evitare pranzi e cene al ristorante, ad esempio, potrebbe rappresentare una buona soluzione, ma solo temporanea. Cercare strategie che aggirino il problema senza risolverlo alla base, infatti, potrebbe essere controproducente arrivando fino al rifiuto totale del bambino a mangiare fuori casa, in qualunque circostanza. Se un genitore nota i primi segnali che potrebbero indicare l'insorgenza di emetofobia – come la paura del vomito o l'evitamento di situazioni legate al cibo – è fondamentale intervenire subito, aiutando il bambino a diventare più sicuro e meno ansioso. Specialmente nei bambini con un temperamento un po' rigido e ossessivo, infatti, quando una paura si instaura e si radica, è più difficile scioglierla».

 

UN FENOMENO SOMMERSO

Avere dati precisi sul numero di bambini che soffrono di emetofobia in Italia è complesso: la statistica, infatti, è sui soggetti che soffrono di arfid, e non sul sintomo.

«L’emetofobia è un sintomo più diffuso di quello che pensiamo – conclude la dottoressa Zanna – , ma spesso non assume livelli di gravità tali da ricorrere all'ospedalizzazione e quindi questa problematica rimane sommersa. In famiglie funzionali i genitori sanno trovare le strategie opportune per rassicurare il bambino e tenere sotto controllo l’emetofobia, visto che si tratta di un sintomo d'ansia. Il problema si protrae nel tempo con conseguenze maggiori quando non vengono applicate le strategie opportune per cercare di aiutare il bambino e, di conseguenza, il quadro diviene sempre più complesso».

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Caterina Fazion
Caterina Fazion

Giornalista pubblicista, laureata in Biologia con specializzazione in Nutrizione Umana. Ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e il Master in Giornalismo al Corriere della Sera. Scrive di medicina e salute, specialmente in ambito materno-infantile


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