Un'ampia ricerca ha dimostrato che mele, mirtilli e uva sono efficaci nella prevenzione del disturbo metabolico di tipo 2. Ma vanno consumati interi non nelle forme di succhi
Mangiare frutta intera - in particolare mirtilli, uva e mele - riduce sensibilmente il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2, tra le piaghe del nuovo millennio. Discorso esattamente opposto per gli assidui consumatori di succhi di frutta.
Sono le conclusioni a cui è giunto un gruppo di ricercatori della facoltà di medicina dell’Università di Harvard che hanno monitorato le condizioni di salute di tre ampi gruppi di osservazione utilizzati in precedenti indagini: poco più di 190mila individui, tutti sani al momento dell’arruolamento, osservati complessivamente tra il 1984 e il 2008. I risultati dello studio sono stati appena pubblicati sul British Medical Journal.
Curarsi con l'alimentazione: il diabete
LO STUDIO
I ricercatori hanno esaminato il consumo di frutta in generale, il consumo di singoli frutti e di succhi di frutta. Si è visto come le persone che avevano mangiato almeno due porzioni a settimana di alcuni frutti interi - in particolare mirtilli, uva e mele - avevano ridotto il rischio di diabete di tipo 2 del 23 per cento rispetto a coloro che mangiavano meno di una porzione al mese.
Al contrario, coloro che avevano consumato una o più porzioni di succo di frutta ogni giorno avevano aumentato il loro rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 di ben il 21 per cento. Come spiegare questa apparente dicotomia?
Glicemia alta: quali frutti è meglio mangiare?
IL RUOLO DEGLI ANTOCIANI NELLA PREVENZIONE DELLE MALATTIE CRONICHE
L'indice glicemico elevato dei succhi di frutta è una delle chiavi di lettura che permette di spiegare la correlazione rischiosa tra il consumo di succo di frutta e un aumento del rischio diabete 2.
Secondo i ricercatori, invece, gli effetti benefici di taluni singoli frutti potrebbero essere dovuti alla presenza di alcune particolari molecole. Precedenti studi avevano infatti collegato gli antociani presenti nelle bacche e nell’uva alla riduzione del rischio di infarto del miocardio.
Diversi esperimenti hanno finora dimostrato come l’impiego di questi composti nei topi diabetici aumenti la captazione di glucosio dal torrente circolatorio e il successivo utilizzo da parte del tessuto adiposo e del muscolo scheletrico. Ma non solo: l’azione dei flavonoidi si è dimostrata a più riprese efficace sulle cellule chiamate a rispondere all’input dell’insulina. Dunque: un’ottima arma di difesa dal diabete di tipo 2.
QUALE FRUTTA SCEGLIERE?
A uscirne vincitori, ancora una volta, sono mirtilli, uva e mele. Rimandate, invece, l’anguria e il melone: la minore concentrazione di composti fitochimici da sì che l’azione preventiva risulti inferiore rispetto a quella esercitata da altri frutti.
Bocciati, invece, i succhi di frutta: il loro indice glicemico, in alcuni casi, equivale al doppio di quello contenuto nel singolo frutto, a fronte di una riduzione delle fibre apportate. A penalizzare le bevande a base di frutta, peraltro arricchite in zuccheri, è anche la maggiore fluidità che favorisce un più rapido assorbimento. L’effetto corrisponde a un più rapido aumento della concentrazione di glucosio del sangue, con un conseguente picco di insulina.
Fonti
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).