Fino al 7 ottobre si celebra la settimana dell'allattamento materno. Consigliato il latte materno nei primi sei mesi di vita. Dopo, se necessario, si possono introdurre le bevande di formula
Medici e scienziati hanno un’opinione comune: l'allattamento al seno è l'unica forma di nutrizione di cui ha bisogno il bambino nei primi sei mesi di vita. «Si è visto come nel latte materno vi siano ormoni coinvolti nel meccanismo di regolazione del rapporto fame-sazietà e microrganismi materni che influenzano la composizione della flora microbica intestinale - spiega Claudio Maffeis, direttore dell’unità di diabetologia, nutrizione clinica e obesità in età pediatrica dell’università di Verona -. Entrambi i fattori condizionano il metabolismo del bambino, con effetti positivi a lungo termine sul rischio di sviluppare obesità». E non soltanto. «Occorre considerare gli effetti positivi anche per la mamma - sostiene Giuseppe Davanzo, presidente del tavolo tecnico operativo per la promozione dell’allattamento al seno del ministero della Salute -. Allattare più a lungo, anche in maniera non esclusiva, riduce il rischio di tumore della mammella, dell’ovaio e di osteoporosi».
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I PROBLEMI DELL’ITALIA
Nonostante le evidenze e le raccomandazioni univoche dei pediatri, è in calo il numero di mamme italiane che le segue a dovere almeno fino al sesto mese di vita del neonato. Secondo i dati del quinto Rapporto di aggiornamento della Convenzione sui Diritti dell'infanzia e dell'adolescenza in Italia (2012) , il 90 per cento delle madri inizia ad allattare in ospedale, ma al momento delle dimissioni la percentuale in alcune realtà italiane non supera il 30 per cento. Benché l’allattamento al seno nel primo semestre di vita sia in aumento, quello esclusivo, senza integrazioni con latte di formula, resta un evento raro: la media italiana si aggira intorno al cinque per cento. «Se una mamma non ha problemi ad allattare, il latte di crescita va introdotto dopo il primo compleanno del bambino - afferma Silvia Scaglioni, pediatra e consulente dell’ospedale Maggiore di Milano -. È una bevanda che ha un ridotto contenuto proteico che aiuta la prevenzione dell’obesità. L’alto apporto di ferro è invece importante in una fase della vita in cui è in corso la maturazione del sistema nervoso centrale. Il primo contatto con il latte vaccino non deve avvenire prima dei due anni: almeno fino al compimento dei tre è bene somministrare la bevanda intera».
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QUANTO INCIDE LA CRISI?
I dati nazionali dicono che ad allattare al seno più a lungo sono le donne del Nord e quelle con un più alto livello culturale. Al Sud, nonostante la crisi economica morda di più e l’allattamento al seno sia “a costo zero”, è più frequente il ricorso al latte di formula e a quello vaccino. «In Italia c'è un problema culturale: nella maggior parte dei luoghi di lavoro non esistono ambienti adibiti all'allattamento - spiega Giovanni Corsello, ordinario all'Università di Palermo e presidente della società nazionale di pediatria -. Così fornire il latte materno diventa difficile quando una madre riprende a lavorare».
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LE BANCHE DEL LATTE
Diverso è il discorso riguardante le mamme impossibilitate ad allattare: per motivi di salute o perché in terapia farmacologica. In Italia la cultura della donazione è in crescita: nel 2011, 1.122 donne hanno donato il loro latte alle 28 banche del latte presenti sul territorio (ma Campania, Sardegna, Umbria e Basilicata ne sono ancora sprovviste). Un dato in netta crescita rispetto al 2007, quando le donatrici erano state 739. Raccolti, stando agli ultimi dati disponibili, oltre 7.600 litri del prezioso alimento, principalmente destinato ai neonati pretermine con peso inferiore ai 1500 grammi. «Il latte umano aumenta le possibilità di sopravvivenza dei prematuri - sostiene Enrico Bertino, direttore del dipartimento di neonatologia dell’Università di Torino -. Riduce il rischio di enterocolite necrotizzante, fornisce le sostanze nutritive nelle proporzioni esatte, nella forma più assimilabile e rafforza il sistema immunitario».
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).