In fase di sviluppo un esame sul sangue per 11 forme di tumori pediatrici. Più vicine le prospettive di terapie molecolari intelligenti
Un test per la diagnosi precoce dei tumori pediatrici sarebbe il benvenuto. Perché non esiste una efficace prevenzione. Metterlo a punto e soprattutto introdurlo nella pratica clinica, significherebbe la svolta: con più puntualità diagnostica e la programmazione di terapie ‘su misura’ alla natura del tumore. La premessa di questa possibile opportunità diagnostica arriva da un gruppo di ricercatori dell’University of Cambridge e dell’Ospedale Addenbroke.
IL TEST
E’ una ipotesi a cui si guarda con molta speranza. Un semplice esame del sangue, dunque un’analisi non invasiva, nel quale ricercare molecole infinitamente piccole, chiamate micro-Rna, e fra queste scovare particolari ‘firme genetiche’, indicative di alcune neoplasie dell’infanzia. Una diversa per ogni tipo di tumore, almeno di 11 tra i più diffusi: quelli del sistema nervoso, in particolare il neuroblastoma e il glioma, delle ossa, dei muscoli e di alcune forme di leucemia. È questo l’obiettivo dei ricercatori inglesi che stanno tentando di ideare un test di diagnosi precoce ma che avrebbe una ricaduta terapeutica con cure più efficaci perché mirate alla natura di ogni ‘firma genetica’.
«Se il test confermasse la sua validità – commenta Andrea Ferrari, dirigente medico presso la Pediatria Oncologica dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano – avrebbe estrema rilevanza ma occorrerà pensare a come trasformarlo poi in un esame di screening a costi contenuti». Perché la popolazione a cui sarebbe indirizzato – bambini e ragazzi da 0 a 18 anni - è molto vasta e la malattia relativamente rara: circa 1.500 diagnosi all’anno fra i più piccoli, più un altro migliaio fra gli adolescenti, più difficili da intercettare, perché sfuggono al controllo dei genitori, non parlano del loro problema, e non si affidano ai medici. E così, fra loro, la diagnosi arriva con un ritardo di circa 140 giorni dall’insorgenza di malattia rispetto ai soli 40 giorni nei bambini accuditi dalle mamme.
LA DIAGNOSI PRECOCE
Arrivare in tempo invece fa la differenza, anche in termini di cura, che sono all’avanguardia in Italia: «Da oltre 35 anni l’associazione AIEOP (Associazione Italiana di Oncologia e Ematologia Pediatrica) – continua Ferrari – partecipa al coordinamento di protocolli europei, alcuni dei quali seguiti direttamente da gruppi italiani. Questo significa che un bambino a cui viene diagnosticato ad esempio un radbomiosarcoma a Milano riceverà la stessa cura di un bambino di Londra o di Parigi e con buone probabilità di guarigione per tre bambini su quattro». Seppure la percentuale di successo dipenda dalla natura della malattia: migliore per le leucemie rispetto ai tumori solidi, ovvero non del sangue, che sono ancora un po’ più “cattivi”.
LE TERAPIE
Chemioterapia, chirurgia e radioterapia: è l’alleanza di cura nei tumori pediatrici (solo in taluni casi si può escludere la radio), con regimi terapeutici rimasti i medesimi da vent’anni a questa parte. Ma qualche cosa ora sta cambiando: «Negli ultimi 2-3 anni - precisa ancora l’oncologo - si sta puntando su molecole target o terapie intelligenti, come il glivec utilizzato in alcuni tipi di leucemie e nel GIST, un tumore gastrointestinale, mirate cioè sull’alterazione molecolare presente nella cellula tumorale». Nate per la cura degli adulti, queste terapie (che dovranno comunque essere sempre associate alla chemioterapia) stanno a poco a poco diventando una realtà, ormai prossima, anche in pediatria.
I CAMPANELLI DI ALLARME
E’ importante che i genitori siano attenti ai possibili segni di malattia, senza allarmismi, sia perchè si tratta fortunatamente di malattie poco frequenti, sia perchè i sintomi sono comuni a molte situazioni dell’età pediatrica e adolescenziale. Di fronte ad alcuni campanelli d’allarme è opportuno chiedere il parere del medico: un gonfiore o un dolore che non spariscono, una stanchezza o un pallore eccessivi o ancora qualche sanguinamento anomalo; mal di testa ricorrente, vomito mattutino, occhietti storti.
E per informarsi meglio e correttamente, gli strumenti ci sono: ad esempio l’associazione SIAMO, impegnata insieme anche ad altri enti, quali l’Associazione della Federazione dei genitori (FIAGO) e l’AIEOP stessa, in campagne di sensibilizzazione cercando di arrivare a genitori ma soprattutto direttamente agli adolescenti (quelli più difficili), sfruttando i mezzi di comunicazione ‘social’: Youtube, Facebook, o dei video facili, di pochi minuti, ideati da medici specialisti come quello nato per la recente campagna ‘Non c’è un perché’. Perché se la prevenzione ancora non c’è o non è possibile, una migliore cura per continuare a vivere certamente sì. Ma serve la diagnosi precoce.
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