Andare a letto presto e dormire più a lungo può anche dimezzare i casi di obesità nei bimbi di un anno. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista «Pediatrics»
L’obesità nei bambini desta molta inquietudine. Ma la prevenzione, ci dicono ora dal Penn State College of Medicine, comincia nei primi mesi di vita occupandosi del buon sonno dei piccoli. Ci sono forti legami tra un sonno inadeguato e l’obesità infantile, sostengono i ricercatori della Pennsylvania. Addirittura, seguendo le loro direttive, si arriverebbe nei bimbi di un anno a tagliare della metà i casi di sovrappeso.
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LO STUDIO
Per il loro studio, battezzato Insight e pubblicato sulla rivista Pediatrics, hanno arruolato diverse coppie di genitori con figli piccolissimi, li hanno divisi in due gruppi ed hanno dato loro istruzioni differenti. A un primo gruppo, soltanto le informazioni necessarie per scongiurare la morte improvvisa in culla. Agli altri sono state impartite lezioni di comportamento per l’addormentamento serale dei figli.
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DARE IL RITMO
Primo punto: la routine. La ripetizione dei ritmi e degli usi è essenziale. Poi, metterli a letto presto, alle 8 di sera, lasciare che si consolino da soli fino ad addormentarsi, fare lo stesso se si svegliano durante la notte (invece di cullarli e dargli da mangiare). Ebbene questi bimbi di circa 9 mesi hanno dormito in media 80 minuti in più rispetto ai figlioletti del primo gruppo. «Tanta gente pensa che tenere svegli più a lungo i figli li farà dormire più a lungo di notte», ha dichiarato Ian M. Paul, pediatra a capo della ricerca. «Noi abbiamo scoperto che non è così. Tutto il contrario, Quando i genitori tengono su più a lungo i figli piccoli, questi semplicemente dormiranno meno. Se vogliono che dormano di più e meglio, devono metterli a letto più presto. Indipendentemente da questo orario, comunque, di notte si sveglieranno, è normale. Ma se noi non creiamo in loro l’aspettativa di venir presi in braccio e nutriti, impareranno a consolarsi da soli fino a riaddormentarsi». Problemi sui tempi della messa a letto e una durata breve del sonno, ha aggiunto lo scienziato americano, oltre a favorire l’obesità, ha un impatto sullo sviluppo del piccolo e anche sul benessere mentale dei genitori.
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EDUCARE ANCHE I GENITORI
«Con queste norme sul buon sonno prolungato dei figli piccoli si evitano anche alcuni divorzi anticipati», commenta il professor Liborio Parrino, direttore del Centro medicina del sonno all’Università di Parma. «Accade oggi che la mamma e anche il papà, che spesso rientra più tardi, tendano ad aumentare – specie se ci sono sensi di colpa sul poco tempo dedicato ai figli - l’eccitazione del bambino e le coccole avanti nella sera. Bisogna ricordare le nostre lontane origini: siamo costruiti per dormire con l’oscurità. E, sempre a quei tempi, la scoperta del fuoco fu un evento importante per poter dormire tutta la notte, con le fiamme accese davanti all’ingresso della caverna».
DORMI? SENSO DI SAZIETA’
Sì, ma per arrivare al legame sonno-obesità? «Dormendo aumenta l’ormone della sazietà», risponde Parrino, «quello che dice al cervello: non ho fame, abbiamo sufficienti scorte di energia. Quando invece siamo svegli, ci viene voglia di mangiare, entra in funzione l’ormone che stimola l’appetito. E sia insonnia sia ritmi alterati del sonno favoriscono questa sostanza e la diminuzione del senso di sazietà. Per tornare ai nostri avi, al loro risveglio era funzionale il senso di fame per spingerli a inseguire una bestia feroce per procurarsi cibo. Senza quello stimolo, niente caccia». Dai figli piccoli agli adulti: «Ma se i genitori si portano a letto la tv, il cellulare il lavoro sul computer…allora è come se la giornata non finisse mai. Non è sano per un buon sonno».
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IL LUSSO DELLE 8 ORE
Il professor Liborio Parrino cita il caso di Arianna Huffington, fondatrice dell’omonimo quotidiano online di successo mondiale, che quest’anno ha scritto Sleep Revolution, un libro in difesa del sonno e delle almeno otto ore per notte che si dovrebbero dormire. «Anche tanti incidenti, specie di notte, si devono alla scarsità di sonno», riprende Parrino. «E’ nell’ipotalamo, una delle aree più antiche del nostro cervello, che “abita” il sonno ed hanno sede qui la regolazione della fame e della sete, oltre che la regolazione della temperatura corporea. Qui sta la nostra impronta primordiale». Nel ruolo di educatore della Medicina del sonno, il medico continua: «Accogliere i suggerimenti della ricerca americana è anche un modo per i genitori di rendere condivisa in famiglia, di modo che tutti siano coinvolti, la preparazione al riposo. Da una certa ora si parla sottovoce, si mette la luce soffusa, si fanno attività tranquille. C’è da ricordare che il bimbo dorme già nella pancia della mamma. Dunque, nasciamo “imparati”, ma facciamo di tutto per disimparare».
Serena Zoli
Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.