Medici, infermieri e ostetriche che lavorano in reparti a rischio dovranno essere immunizzati contro morbillo, parotite, rosolia e varicella. Cruciale il tema delle vaccinazioni fra gli operatori sanitari
In Emilia Romagna medici, infermieri e ostetriche dovranno essere immuni nei confronti di morbillo, parotite, rosolia e varicella per poter lavorare in alcuni reparti ospedalieri considerati più a rischio infezione di altri. Nello specifico, dovranno essere stati immunizzati (o tramite malattia o tramite vaccinazione) per operare in oncologia, ematologia, neonatologia, ostetricia, pediatria, malattie infettive, nei Pronto soccorso e nei Centri trapianti.
In Italia l'obbligo vaccinale funziona
TUTELARE OPERATORI SANITARI E PAZIENTI
La decisione è stata presa con una delibera della Giunta regionale che approva il documento “Rischio biologico e criteri per l’idoneità alla mansione specifica dell’operatore sanitario”, stilato da un gruppo di esperti di Aziende sanitarie, università e Regione, previa discussione e confronto con i sindacati. L’obiettivo, specifica il comunicato della Regione Emilia Romagna, è “tutelare l’operatore sanitario e i pazienti assistiti”. Il documento non si limita a valutare il rischio di morbillo, parotite, rosolia e varicella, ma prende in considerazione altre malattie trasmissibili, come tubercolosi, epatite B e C, HIV, esaminando per ciascuna le attività e le aree a rischio. E se l’operatore sanitario non è immune ma non può vaccinarsi per una di queste malattie infettive? La delibera prevede che il medico del lavoro rilasci un certificato di idoneità parziale temporanea, secondo il quale il lavoratore non potrà svolgere “attività sanitaria nelle aree nelle aree ad alto rischio” né “prestare assistenza diretta a pazienti affetti dalle quattro patologie perché potrebbero contagiare l’operatore stesso ed i propri pazienti”. Il provvedimento riguarda circa 4.000 operatori sanitari in una Regione dove, fra il 2012 e il 2016, si sono contati 61 casi di morbillo fra operatori sanitari sul totale di 464 casi registrati. La Regione, infine, ha stanziato mezzo milione di euro per la promozione della salute nelle Aziende sanitarie dell’Emilia-Romagna, con un focus particolare sulle vaccinazioni.
GLI OPERATORI SANITARI DEVONO VACCINARSI?
PERCHÉ È IMPORTANTE CHE GLI OPERATORI SANITARI SIANO VACCINATI?
Lo spiega ad esempio un documento redatto dall'ECDC (European Centre for Disease Prevention and Control) e ripreso anche dall’Organizzazione mondiale della sanità in occasione della European Immunization Week (che quest’anno si terrà fra il 23 e il 29 aprile).
- Un operatore sanitario è esposto a rischi maggiori. Ha un rischio di contrarre il morbillo 13 volte superiore a quello della popolazione adulta in generale.
- Un operatore sanitario che si ammala può contagiare molte persone, coloro che gli vivono accanto, colleghi ma anche pazienti in condizioni di vulnerabilità.
- E al tempo stesso è costretto a perdere giornate di lavoro in cui potrebbe assistere altri che si ammalano (si pensi ad esempio ai picchi di lavoro negli ospedali nel periodo di diffusione dell’influenza).
- Un operatore sanitario è una fonte attendibile di informazioni sulla salute, nonché un esempio per pazienti, conoscenti e familiari.
Nel 2017, i Paesi dell’Unione europea (Ue) e dello Spazio economico europeo (See) hanno segnalato al Centro europeo per il controllo delle malattie (Ecdc), 14.451 casi di morbillo (erano 4.643 nel 2016), inclusi 30 decessi. In Italia, dal 1 gennaio al 10 dicembre 2017, si sono contati 4 decessi, 4.885 casi di cui 315 riguardavano operatori sanitari.
NON SOLO OBBLIGHI
Imporre obblighi e limiti è necessario per tutelare la sicurezza nei luoghi di cura, ma non è la sola via. Occorre intervenire migliorando i servizi e l’accesso, lavorare sul piano educativo e informativo, partendo forse da là dove medici e infermieri si formano: le università. Roberta Siliquini, presidente del Consiglio Superiore di Sanità e del corso di laurea in medicina e chirurgia dell’università di Torino, ha ricordato oggi con un tweet che a Torino gli studenti di medicina, salvo gravi motivi, non possono entrare in reparto se non sono immunizzati contro varicella, pertosse, epatite B. In altre Regioni si sono attivate con raccomandazioni rivolte al personale sanitario e con l'offerta di test sierologici e vaccinazioni.
Fonti
Donatella Barus
Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.