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Oncologia
Daniele Banfi
pubblicato il 12-12-2024

Tumore al seno triplo negativo: nuova immunoterapia all'orizzonte?



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Agire su un doppio bersaglio. Dopo le sperimentazioni nel tumore del polmone è la volta del triplo negativo. I promettenti risultati presentati a SABCS

Tumore al seno triplo negativo: nuova immunoterapia all'orizzonte?

L'immunoterapia è ormai entrata di diritto tra le strategie di cura per il tumore al seno triplo negativo. Combinata con la chemioterapia, sia nelle fasi iniziali della malattia sia in quella metastatica, l'utilizzo dell'immunoterapia si è dimostrato utile nel migliorare significativamente il controllo del tumore e la sopravvivenza globale. Ma la situazione potrebbe presto migliorare ulteriormente grazie all'utilizzo di una nuova immunoterapia a doppia azione: un piccolo studio pilota presentato San Antonio Breast Cancer Symposium (SABCS), che ha coinvolto donne con tumore al seno triplo negativo metastatico, ha dimostrato l'utilità di BNT-327, un nuovo immunoterapico con doppio meccanismo d'azione. Un risultato che nei prossimi mesi porterà ad avviare nuovi studi su ampia scala per valutarne l'effettiva efficacia.

PERCHÈ È DIFFICILE CURARE IL TUMORE AL SENO TRIPLO NEGATIVO?

Tra le diverse forme di tumore al seno, il carcinoma triplo negativo è il più difficile da trattare. Questa neoplasia, che rappresenta circa il 15-20% dei casi, è particolarmente diffusa nelle donne sotto i 50 anni e in chi presenta mutazioni nel gene BRCA1. A differenza delle altre tipologie di tumore mammario, che beneficiano di terapie mirate con ottimi risultati, il triplo negativo è noto per la sua aggressività e per una sopravvivenza media alla diagnosi significativamente inferiore. Il nome "triplo negativo" deriva dall'assenza, sulle cellule tumorali, di tre principali bersagli terapeutici: i recettori degli estrogeni, i recettori dei progestinici e l’iperespressione di HER2. La mancanza di questi target rende questa forma di tumore particolarmente complessa da trattare e limita le opzioni terapeutiche. Per questa ragione, nonostante i progressi nella ricerca oncologica, la chemioterapia sia nella malattia localizzata sia in quella metastatica è stata per molto tempo lo standard di cura più diffuso per questa patologia.

QUANDO SI USA L'IMMUNOTERAPIA?

Negli ultimi anni però, complice l'avvento dell'immunoterapia, le sperimentazioni di questo approccio nel triplo negativo si sono moltiplicate. Utilizzata nelle forme precoci -come raccontato in questo nostro approfondimento dal congresso ESMO 2024- l'immunoterapia combinata alla chemioterapia può portare addirittura alla guarigione. Nelle forme metastatiche invece l'immunoterapia è oggi utilizzata per controllare la malattia più a lungo possibile. Ad oggi nel nostro Paese sono due gli immunoterapici attualmente approvati (atezolizumab e pembrolizumab) ma il loro utilizzo è limitato alle pazienti che presentano particolari caratteristiche nell'espressione di un recettore (PD-L1). 

L'IMMUNOTERAPIA A DOPPIO MECCANISMO DI AZIONE

Attualmente i farmaci immunoterapici in uso per diversi tumori agiscono andando a tenere sempre accesa la risposta immunitaria. Questa azione avviene tramite il legame del farmaco ad un recettore posto sulla superificie delle cellule del sistema immunitario e del tumore. Complice però la possibilità di sviluppare farmaci sempre più complessi, oggi sono in fase di studio diversi nuovi immunoterapici che anziché legarsi ad un solo recettore possono agire su due diversi contemporaneamente. Ed è questo il caso degli anticorpi bispecifici, già in commercio per alcuni tumori del sangue e in sperimentazione per i tumori solidi. Tra i più promettenti per quest'ultima categoria ci sono gli anticorpi bispecifici in grado di legarsi sia al recettore PD-1 (programmed death receptor 1) sia al VEGF (vascular endothelial growth factor). Questi due target sono già ben noti in oncologia ma agire su entrambi contemporaneamente potrebbe essere una strategia per migliorare l'efficacia rispetto alle terapie che inibiscono solo uno di questi meccanismi. Se il legame a PD-1 tiene sempre accesa la risposta immunitaria, quello a VEGF interrompe la capacità del tumore di creare nuovi vasi sanguigni e crescere. Recentemente un immunoterapico con queste caratteristiche (ivonescimab) è stato utilizzato con successo, come raccontato in questo nostro approfondimento, nel trattamento del tumore al polmone.

LO STUDIO

Per quanto riguarda il tumore al seno, le novità sull'approccio con gli anticorpi bispecifici arrivano direttamente dal congresso SABCS in corso a San Antonio. Lo studio -un trial clinico di fase 1/2- ha coinvolto 42 pazienti con carcinoma mammario triplo negativo avanzato o metastatico. Queste donne hanno ricevuto l'immunoterapico BNT-327 insieme alla chemioterapia come trattamento di prima linea, ovvero la prima strategia di cura subito ricevuta la diagnosi. Dalle analisi è emerso che il 74% delle pazienti ha risposto al trattamento e la sopravvivenza libera da progressione mediana, un parametro da "addetti ai lavori" che indica quanto tempo il tumore rimane stabile (senza peggioramenti visibili) durante o dopo la terapia, è stata di 13,5 mesi. A 12 mesi la sopravvivenza globale è stata pari all’80,8%. I risultati ottenuti, pur derivando da un campione di pazienti limitato, rappresentano però un importante passo avanti nella lotta contro il tumore al seno triplo negativo. Prossimo fondamentale passo sarà quello di verificare i risultati su un numero più ampio di pazienti attraverso studi di fase 3 che a breve dovrebbero partire. Se confermati, questi dati potrebbero segnare una svolta significativa nelle opzioni terapeutiche disponibili offrendo nuove speranze per una patologia che finora ha avuto limitate alternative di trattamento.

NON SOLO IMMUNOTERAPIA

Ma la ricerca di nuove terapie contro questo tumore non riguarda solo l'immunoterapia. Ad oggi altri tipi di intervento, utili specialmente quando le terapie standard non hanno alcun effetto, riguardano l'utilizzo degli anticorpi coniugati (come sacituzumab govitecan) e, quando sono presenti mutazioni nei geni BRCA, le terapie a bersaglio molecolare appartenenti alla categoria degli inibitori di PARP. Oggi, fortunatamente, il trattamento del tumore al seno triplo negativo dispone di più strategie rispetto al passato, offrendo nuove speranze alle pazienti. Per le forme metastatiche, l'obiettivo di controllare la malattia nel lungo periodo non è più un'utopia. 

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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