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Oncologia
Daniele Banfi
pubblicato il 30-03-2023

Tumore al seno HER2+: chemioterapia più "leggera" per gli stadi iniziali



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Per evitare il rischio recidiva non sempre occorrono dosi standard di chemioterapia. Nei tumori HER2-positivi in fase iniziale è possibile ridurre il dosaggio: stessa efficacia, minori effetti collaterali

Tumore al seno HER2+: chemioterapia più "leggera" per gli stadi iniziali

Nei tumori al seno HER2-positivi in stadio precoce è possibile ridurre il dosaggio della chemioterapia in maniera sicura. Stessa efficacia della dose standard nel lungo periodo, minori effetti collaterali dovuti al trattamento. Ma c'è di più: grazie ad un innovativo test -HERD2X- potrebbe essere possibile in futuro selezionare con maggiore accuratezza le pazienti che possono beneficiare di questa strategia. Ad affermarlo è uno studio pubblicato sulla rivista Lancet Oncology, a cui ha contribuito Paolo Tarantino, oncologo presso il Dana-Farber/Harvard Cancer Center di Boston e ricercatore presso l'Universita’ di Milano.

IL TUMORE AL SENO HER2-POSITIVO

I tumori al seno non sono tutti uguali. Una delle caratteristiche principali che guida la scelta di una determinata terapia è la presenza, sulla superficie delle cellule tumorali, di specifici recettori che possono essere utilizzati come bersaglio per le cure. Uno di questi è HER2. Nei casi in cui è presente è possibile utilizzare dei farmaci molto efficaci che sfruttano questa caratteristica per colpire selettivamente le cellule malate risparmiando così quelle sane. Ed è questo il caso degli anticorpi coniugati, farmaci composti da un anticorpo in grado di riconoscere il recettore a cui vengono coniugate molecole di chemioterapico in grado di bloccare la crescita del tumore. Ad oggi si calcola che circa il 15% di tutti i tumori al seno posseggano questa caratteristica, ovvero la sovraespressione di HER2. Per questa ragione si chiamano HER2-positivi.

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RIDURRE L'IMPATTO DELLA CHEMIOTERAPIA

In virtù di questa caratteristica i tumori al seno HER2-positivi possono essere affrontati, successivamente alla chiururgia, con la somministrazione dell'anticorpo monoclonale Trastuzumab in associazione a diversi chemioterapici. Quando diagnosticati in fase precoce però questi tumori non sempre hanno un grado di aggressività tale da richiedere alte dosi di chemioterapia, come dimostrato da studi del professor Giuseppe Curigliano dell'Istituto Europeo di Oncologia, Università di Milano già a partire dal 2009. Tale evidenza ha dato vita ad alcuni studi sulla "de-escalation", condotti al Dana-Farber Cancer Institute di Boston dalla Prof. Sara Tolaney, con partecipazione del Dr. Paolo Tarantino, che hanno dimostrato come una chemioterapia più leggera porta, in termini di efficacia, agli stessi risultati della dose standard ma -ed è qui il grande vantaggio- riduce enormemente gli effetti collaterali associati alla terapia. Lo studio da poco pubblicato aggiunge un tassello in più alla conoscenza poiché ha dimostrato che i benefici perdurano ad oltre 10 anni di distanza dalla diagnosi, segno della bontà dell'approccio. «Il risultato ottenuto -spiega Paolo Tarantino- è molto importante perché avrà ricadute pratiche per un numero molto ampio di donne. Complici le campagne di screening mammografico, i tumori mammari vengono diagnosticati ad uno stadio sempre piu’ precoce, offrendo la possibilita’ di prevenire le recidive con trattamenti meglio tollerati. Di tutti i tumori HER2-positivi, circa un terzo potrebbe beneficiare di questo approccio più "soft"».

SELEZIONARE MEGLIO LE PAZIENTI

Ma le novità non finiscono qui perché lo studio ha provato ad indagare in maniera più approfondita quali tipologie di tumore al seno HER2-positivo in fase precoce potrebbero beneficiare di questo approccio. Per farlo è stato utilizzato il test sperimentale HER2DX, un tool molto simile ad OncotypeDX usato per evitare la chemioterapia adiuvante in alcune forme tumorali. L'esame -messo a punto a partire da studi di Aleix Prat, professore di Medicina Oncologica presso l’Università di Barcellona ed è il primario del reparto di Oncologia Medica dell’Hospital Clinic di Barcellona- ha come obbiettivo la valutazione dell'espressione di 27 geni del tumore in gravi di prevedere l'evoluzione della malattia. «Il risultato dell'analisi -spiega Tarantino- viene espresso in un grado di rischio (da 1 a 100) recidiva, che potrebbe consentire all'oncologo di scegliere se procedere con una chemioterapia a basse dosi o una chemioterapia standard».

I PROSSIMI PASSI

Stabilito che è possibile procedere, per alcuni tumori in fase precoce, ad una chemioterapia "soft", il prossimo passo sarà ora quello di validare il test per meglio selezionare le pazienti candidabili a questo genere di approccio. «HER2DX rappresenta un promettente biomarcatore di rischio, che, se validato, permetterà in futuro una personalizzazione dei trattamenti in base alla biologia di ciascun tumore HER2-positivo. Per fare ciò serviranno studi randomizzati, in cui si dimostri che adattare la pratica clinica al risultato del tool comporti dei vantaggi, in termini di prevenzione di recidive, o anche solo di rimozione della chemioterapia in pazienti che non ne hanno bisogno. C’e’ ancora della strada da fare, ma i risultati preliminari sono estremamente promettenti, e suggeriscono un futuro sempre piu’ personalizzati per i nostri trattamenti anti-tumorali» conclude Tarantino.

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Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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