Veicolare il farmaco solo dove serve. Con gli anticorpi coniugati aumentano le possibilità di cura nel tumore al seno a bassa espressione di Her2. I risultati presentati ad ASCO cambieranno la pratica clinica
Coniugare l'efficacia della chemioterapia con la precisione degli anticorpi. E' questa la strategia che sta cambiando radicalmente il trattamento del tumore al seno metastatico. Al congresso dell'American Society of Clinical Oncology (ASCO) -il più importante appuntamento mondiale dedicato alle terapia anticancro- sono stati presentati i risultati di Destiny-Breast04, uno studio che cambierà radicalmente la storia del trattamento del carcinoma mammario a bassa espressione del recettore HER2, uno delle tipologie di tumore al seno più diffuso in assoluto. I risultati lasciano poco spazio alle interpretazioni: l'utilizzo di trastuzumab deruxtecan, rispetto alla chemioterapia standard, è in grado di raddoppiare la sopravvivenza libera da malattia e di migliorare significativamente la sopravvivenza globale. Un risultato che cambierà la pratica clinica estendendo l'indicazione sull'utilizzo del farmaco non solo alle donne con malattie HER2+ ma anche a quelle a bassa espressione, sino ad oggi escluse dal trattamento.
INDIVIDUARE IL RECETTORE GIUSTO
Nella lotta al tumore al seno la situazione si complica quando le cellule tumorali danno luogo a metastasi, ovvero quando parte del tumore migra in altri distretti corporee compromettendo le normali funzioni del tessuto che viene “invaso”. Agire su di esse è fondamentale per trattare con successo -o almeno controllare per più tempo possibile- la malattia. Negli anni, grazie al progresso della ricerca, alla sola chemioterapia si sono affiancate cure sempre più efficaci e mirate alle caratteristiche molecolari del tumore. Al di là delle classificazioni “anatomiche”, una delle caratteristiche principali per “catalogare” i diversi tipi di tumore al seno è la presenza o meno di recettori ormonali sulla superficie delle cellule tumorali. Ed è così che i tumori al seno vengono classificati in HR+ o HR- proprio in base a questa caratteristica. Quelli HR+ rappresentano circa il 70% di tutte le forme tumorali. In questo gruppo però si possono distinguere due sottotipi, i tumori HER2+ e HER2-negativo. «La presenza o meno dell’overespressione del recettore HER2 -spiega Paolo Tarantino, oncologo presso il Dana–Farber/Harvard Cancer Center di Boston- è quello che guida la scelta delle terapie. Nei casi in cui è presente tale alterazione, è possibile utilizzare dei farmaci molto efficaci che sfruttano questa caratteristica per colpire selettivamente le cellule malate risparmiando così quelle sane. Ed è questo il caso degli anticorpi coniugati, farmaci composti da un anticorpo in grado di riconoscere il recettore a cui vengono coniugate molecole di chemioterapico in grado di bloccare la crescita del tumore».
UN NUOVO MODO DI CLASSIFICARE LA MALATTIA
Piccolo particolare: ad oggi circa l'80-85% di tutti i tumori al seno è classificato come HER2-negativo. Una caratteristica che estrometteva, di fatto, la possibilità di utilizzare un farmaco estremamente efficace come trastuzumab deruxtecan. «Complice però lo sviluppo di farmaci innovativi -prosegue Tarantino- si è di recente riscoperta l’importanza dei tumori mammari “HER2-low”, ovvero a bassa espressione del recettore». Nel riconoscimento di questa nuova categoria c'è molto sapore di Italia: è infatti grazie ad un panel di esperti internazionali guidato da Paolo Tarantino e coordinato dal professor Giuseppe Curigliano, Condirettore del Programma Nuovi Farmaci IEO, se oggi la classificazione HER2 low sta cominciando ad essere riconosciuta a livello internazionale. «Ed è proprio da questa nuova classificazione che in questi ultimi due anni si sono avviate sperimentazioni volte a cercare di sfruttare gli anticorpi coniugati in quelle donne che prima non venivano considerate idonee» spiega Curigliano.
I RISULTATI DI DESTINY-BREAST04
Nello studio Destiny-Breast04, presentato ad ASCO, i coordinatori del trial hanno voluto confrontare l'utilizzo di trastuzumab deruxtecan con la chemioterapia standard nelle pazienti con tumore al seno metastatico HER2-low. «I risultati -spiega il professor Giuseppe Curigliano- hanno mostrato che la sopravvivenza libera da progressione (ovvero il tempo che intercorre tra il trattamento e la ripresa della malattia) è stata quasi doppia per trastuzumab deruxtecan (10,1 mesi) rispetto allo standard di cura (5,4 mesi). Non solo, il risultato più importante è stato quello sulla sopravvivenza globale, significativamente migliore nel sottogruppo HER2-low/HR+ di pazienti che hanno ricevuto trastuzumab deruxtecan (23,9 mesi) rispetto alla terapia standard (17,5 mesi)».
CAMBIA LA PRATICA CLINICA
Quanto ottenuto rappresenta una svolta epocale nel trattamento del tumore al seno metastatico. I risultati, pubblicati in contemporanea sul New England Journal of Medicine, infatti cambieranno necessariamente la pratica clinica. Ad affermarlo è il presidente dell'AIOM, Savero Cinieri: «Quanto ottenuto cambierà l’algoritmo di cura in questa patologia e la pratica clinica perché ora abbiamo la possibilità di trattare i pazienti con un anticorpo coniugato riducendo gli effetti collaterali della chemioterapia e migliorando il tempo di controllo della malattia e la sopravvivenza globale. Si delinea quindi un nuovo sottotipo di tumore mammario, quello HER2-low, con importanti implicazioni terapeutiche, perché potranno essere utilizzate terapie mirate in una vasta popolazione di pazienti, precedentemente considerata HER2-negative». Concretamente tutto ciò significa che il 60% delle donne che prima era considerata HER2-negative ora potrà ricevere una terapia in grado di cambiare notevolmente il corso della malattia.
I RISULTATI DI DESTINY-BREAST03
Ma le buone notizie non finiscono qui perché ad ASCO sono stati presentati anche i risultati dello studio Destiny-Breast03 volto a confrontare l'efficacia di trastuzumab deruxtecan con un altro anticorpo coniugato (trastuzumab emtansine) nelle donne con tumore al seno HER2+. Anche in questo caso il dato non ammette repliche: «Lo studio -spiega Curigliano- ha confermato i dati di sopravvivenza libera da progressione che erano stati presentati in precedenza. Tra le 524 partecipanti, la percentuale di coloro che erano in vita senza progressione della malattia a 12 mesi era del 75,8% con trastuzumab deruxtecan e del 34,1% con trastuzumab emtansine. La percentuale di donne vive a 12 mesi era del 94,1% con trastuzumab deruxtecan e dell'85,9% con trastuzumab emtansine. Dati che ci dicono che trastuzumab deruxtecan è un farmaco sicuro, con un significativo impatto nella cura dei tumori HER2-positivi».
LA RIVINCITA DELLA CHEMIOTERAPIA
Quanto ottenuto in questi due studi dimostra che nella lotta al cancro non vi è una strategia di cura che vince su tutte le altre. Negli ultimi anni, complice il successo dell'immunoterapia, l'approccio chemioterapico ha perso di interesse. «Grazie alla ricerca però abbiamo capito che il sogno di veicolare la chemioterapia sulle cellule malate risparmiando quelle sane era possibile grazie alla creazione dei farmaci immuno-coniugati come trastuzumab deruxtecan. I risultati lo hanno dimostrato e questo approccio cambierà la pratica clinica. C'è un però: ora la vera sfida è di tipo “diagnostico”. Adesso che abbiamo a disposizione una terapia efficace sarà sempre più fondamentale conoscere il livello di espressione di HER2 in maniera accurata. Solo così riusciremo a fornire la terapia più appropriata sulla base delle caratteristiche molecolari del tumore che abbiamo di fronte» conclude Tarantino.
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Fonti
Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.