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Oncologia
Daniele Banfi
pubblicato il 21-05-2021

Screening oncologici: Covid-19 «cancella» 5 mesi di prevenzione



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Con oltre 2.5 milioni di esami in meno aumenteranno le diagnosi di tumore in fase avanzata, secondo l'Osservatorio Nazionale Screening

Screening oncologici: Covid-19 «cancella» 5 mesi di prevenzione

Gli screening oncologici durante la pandemia Covid-19 hanno subito una brusca frenata. A certificarlo, mettendo nero su bianco i dati del 2020, è l'Osservatorio Nazionale Screening. I dati lasciano poco spazio alle interpretazioni: 4 milioni di inviti in meno e 2,5 milioni di mancati esami si sono tradotti in un ritardo di 5 mesi nell'effettuazione degli screening. Risultato: più neoplasie che verranno scoperte in fase avanzata.

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CHE COSA SONO GLI SCREENING ONCOLOGICI?

In qualsiasi campo della medicina, prima si arriva ad una diagnosi certa e maggiori sono le probabilità di cura. Questo è particolarmente vero per i tumori. Per arrivare a diagnosticarli in tempo utile per essere trattati, un efficace strumento è rappresentato dagli screening oncologici, particolari esami offerti gratuitamente dal Sistema Sanitario Nazionale volti ad intercettare la malattia in quelle fasce di età maggiormente a rischio. Ad oggi gli screening che si sono dimostrati utili a tale scopo sono la mammografia per il tumore al seno, la ricerca del sangue occulto nelle feci per il tumore del colon-retto e l'Hpv-test per il tumore della cervice uterina

IL 30% DELLE DIAGNOSI DERIVA DAGLI SCREENING

Nello specifico, lo screening mammografico e quello per la diagnosi del tumore del colon riguardano donne e uomini di età compresa tra 50 e 69 anni (ma alcune Regioni hanno già ampliato il range di età). Mentre l'Hpv-Dna test è garantito alle donne da 25 a 64 anni. Ad oggi le ultime stime indicano che circa il 30% delle nuove diagnosi di tumore derivi proprio dalle attività di screening. Strumenti dunque estremamente importanti nella lotta al cancro.

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20-05-2021
L'EFFETTO DELLA PANDEMIA

Complice lo stato di pandemia, iniziato nel febbraio del 2020, le attività di routine degli ospedali sono state fortemente ridimensionate e riconvertite. Uno dei settori che ha risentito maggiormente di questa straordinaria circostanza è stato proprio quello degli screening oncologici. Secondo i dati dell'Osservatorio Nazionale Screening, nel 2020 oltre 4 milioni di inviti e 2,5 milioni di esami sono venuti meno rispetto al 2019. Tutto ciò si traduce in 5 mesi di ritardo per lo screening per il tumore del collo dell’utero, in 4 mesi e mezzo per lo screening per il tumore della mammella e 5 mesi e mezzo per lo screening colorettale.

Tradotto in numeri assoluti l'Osservatorio ha aggiornato le stime delle lesioni che potrebbero subire un ritardo diagnostico e che su tutto il 2020 risultano essere pari a oltre 3.300 carcinomi mammari, 2.700 lesioni cervicali CIN2+, quasi 1.300 carcinomi colorettali e oltre 7.400 adenomi avanzati in meno rispetto al 2019.

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Guardando però al bicchiere mezzo pieno, l'ultimo trimestre ha portato ad un'accelerata degli esami: «A partire dal mese di maggio e in particolare nell’ultimo trimestre del 2020 - spiega Paola Mantellini, direttrice dell'Osservatorio Nazionale Screening - alcune Regioni hanno fatto sforzi imponenti per recuperare: alcune realtà sono addirittura riuscite a erogare più test di screening rispetto al 2019». Purtroppo però la pandemia ha evidenziato e accentuato le differenze già esistenti prima dell'arrivo di Covid-19 con un gradiente Nord-Sud in cui vi è mediamente una sofferenza maggiore delle Regioni meridionali. Emerge anche una grande variabilità di recupero da parte delle singole Regioni: in una minoranza - come detto - si è osservato un parziale recupero nell’ultimo trimestre, mentre nella maggioranza il ritardo è andato ancora aumentando.

«Pensare che la risoluzione del problema consista solo in un maggior investimento economico è riduttivo», prosegue l'esperta. Che precisa: «Un maggior investimento di risorse tecnologiche, strutturali e di personale sarà efficace se e solo se andrà di pari passo con la capacita di visione a livello istituzionale e aziendale».

 

 

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Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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