Chiudi
Oncologia
Daniele Banfi
pubblicato il 21-03-2023

Leucemia mieloide acuta: ecco come prevedere le recidive



Aggiungi ai preferiti

Registrati/accedi per aggiungere ai preferiti

Dopo il trapianto di midollo quasi la metà dei pazienti va incontro a recidiva. A causarle una particolare popolazione di cellule staminali presenti già alla diagnosi. Identificarle permetterà di eseguire trattamenti mirati

Leucemia mieloide acuta: ecco come prevedere le recidive

La leucemia mieloide acuta è una malattia che abbiamo imparato a conoscere bene negli ultimi mesi. Si tratta di quella patologia che ha causato il decesso, a soli 53 anni, dell'ex-calciatore Sinisa Mihajlovic. L'allenatore serbo aveva inizialmente risposto positivamente alle terapie. Un successo durato pochi mesi quando la malattia si è ripresentata in forma più aggressiva. Poter prevedere in quali pazienti ciò si verifica è molto importante per orientare le terapie. Sino ad oggi non è stato possibile farlo ma una ricerca tutta italiana pubblicata su Nature Communications, ad opera dei ricercatori dell'IRCCS Ospedale San Raffaele, SR-Tiget e Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, ha identificato i responsabili della recidiva. Poterli rilevare nei pazienti -in questo caso si tratta di una particolare popolazione di cellule staminali- aiuterà in futuro ad identificare i pazienti più a rischio recidiva e impostare cure differenti.

LEUCEMIA MIELOIDE ACUTA: COME SI CURA?

Secondo gli ultimi dati AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) ogni anno nel nostro Paese si registrano circa 2 mila nuovi casi di leucemia mieloide acuta. Tumore del sangue tipico degli anziani -l'incidenza maggiore è dopo i 60 anni-, può riguardare anche i bambini rappresentando circa il 13% di tutte le leucemie nella fascia di età tra gli 0 e i 14 anni. La cura si svolge essenzialmente in due parti: una chemioterapia di induzione per eliminare gran parte delle cellule presenti nel midollo osseo (sede primaria del tumore) ed una di mantenimento per eliminare le cellule residue. Successivamente alla terapia di mantenimento, a seconda delle caratteristiche della malattia, in alcuni casi si procede ad un trapianto di cellule staminali ottenute dal midollo osseo. Trapianto, da donatore o autologo, utile per ripopolare le cellule eliminate con la chemioterapia e per tenere a bada eventuali cellule cancerose residue.

TRAPIANTO E RISCHIO RECIDIVA

Purtroppo però nella leucemia mieloide acuta circa il 50% di chi riceve un trapianto di midollo da donatore va incontro allo sviluppo di una recidiva del tumore. La ragione per cui ciò accade, come dimostrato in alcuni studi, sembrerebbe essere riconducibile alla presenza già al momento della diagnosi di alcune cellule -sino ad oggi non ancora indentificate- capaci di resistere alla chemioterapia. Averle in partenza significa dunque essere esposti ad un maggior rischio di recidiva.

LO STUDIO

Ed è proprio su questa popolazione di cellule non meglio identificata che si è concnetrato il lavoro del team del San Raffaele. «Siamo partiti dai campioni clinici seriali (cioè analizzati alla diagnosi, lungo il percorso di terapia e alla ricaduta) di 13 pazienti con leucemia mieloide acuta conservati nella Biobanca dell'Ospedale San Raffaele e li abbiamo analizzati con una tecnologia innovativa, chiamata sequenziamento dell'RNA a livello di singole cellule (scRNAseq) che ha permesso di ottenere i livelli di espressione di migliaia di geni per ogni singola cellula (il loro trascrittoma)» spiega il dottor Matteo Naldini, autore dello studio. Partendo da questi dati, grazie a sofisticate analisi bioinformatiche, gli scienziati hanno identificato in modo specifico i trascrittomi associati alle cellule leucemiche, distinguendole dalle cellule ematiche normali, che coesistono con la malattia residua dopo la chemioterapia e non possono essere distinte in modo affidabile dalla tecnologia standard. In questo modo gli scienziati sono riusciti a seguire passo dopo passo, dalla diagnosi alla fine delle cure, il destino di ogni cellula. Successivamente, applicando tecniche di ingegneria genetica a topi di laboratorio, gli autori dello studio sono riusciti ad identificare in una percentuale rilevante dei campioni dei pazienti una rara popolazione di cellule staminali leucemiche, già presenti al momento della diagnosi, che condizionano la mancata risposta alla terapia. Chi le possiede ha un rischio maggiore di andare incontro a recidiva.

UNA MEDICINA DI PRECISIONE

Una scoperta straordinaria capace potenzialmente in gradi di cambiare radicalmente le prospettive di cura della malattia. La prospettiva futura sarà infatti quella di inserire sistematicamente la ricerca di queste cellule al momento della diagnosi, potendo così identificare i pazienti che potrebbero non beneficiare della chemioterapia classica e offrire loro immediatamente un approccio alternativo basato su farmaci epigenetici e mirati. «Questi risultati -afferma Fabio Ciceri, direttore dell'Unità di Ematologia e Trapianto di Midollo Osseo e direttore del Cancer Center dell’IRCCS Ospedale San Raffaele- forniscono un nuovo strumento per rendere le cure più precise e mirate che si aggiunge ai marcatori molecolari esistenti nella definizione della gravità della malattia e nella pianificazione del percorso di trattamento». 

Sostieni la ricerca scientifica d'eccellenza e il progresso delle scienze. Dona ora.

Dona ora per la ricerca contro i tumori

Dona ora per la ricerca contro i tumori

Sostieni la vita


Scegli la tua donazione

Importo che vuoi donare

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


Articoli correlati


In evidenza

Torna a inizio pagina