Da una ricerca italiana un nuovo metodo per identificare i tumori dal loro odore. In futuro, se perfezionato e validato su pazienti, permetterebbe screening oncologici non invasivi e a costi minimi
Da secoli la medicina segue una pista affascinante: “fiutare” la presenza di malattie attraverso il loro odore. Lo faceva Ippocrate annusando il “fiato cattivo” dei malati con problemi al fegato.
Oggi la ricerca è a caccia di versioni più raffinate e affidabili del naso del grande medico greco e ha dimostrato ad esempio che asma, infezioni batteriche, ipercolesterolemia e tumori possono essere identificati grazie ai caratteristici composti volatili prodotti dall’organismo che ne è affetto.
I tanti filoni di studio promettenti finora non hanno trovato applicazione definitiva su pazienti, ma una tappa importante è stata segnata dal gruppo di sensori Università di Tor Vergata diretto da Corrado Di Natale, in collaborazione con l’Università tedesca di Konstanz. I risultati sono da poco apparsi sulla rivista Scientific Reports, della collana Nature.
LA NOVITA’ - La ricerca ha portato a elaborare un nuovo metodo in grado di sintetizzare i vantaggi del cosiddetto naso biologico (recettori olfattivi di animali) e di quello artificiale (sensori elettronici capaci di distinguere segnali chimici) superandone i limiti più importanti. «Il progetto, finanziato dalla Fondazione Veronesi, parte dall’idea di migliorare il paradigma del naso elettronico prendendo spunto dalla natura» spiega con entusiasmo Eugenio Martinelli, docente e ricercatore del Dipartimento di Ingegneria Elettronica dell’Università di Roma Tor Vergata. «Il naso biologico, ad esempio quello dei cani allenati a odorare la pelle dei pazienti con lesioni tumorali e riconoscerle, presenta alcune difficoltà: l’animale va addestrato e bisogna interpretare correttamente il suo comportamento. Il successo del metodo dipende dalle capacità soggettive dell’animale e da quelle dell’addestratore». E perchè allora non usare sensori artificiali? «Il sistema olfattivo biologico ha caratteristiche complesse difficili da imitare in un sistema artificiale, per il momento. L’idea originaria del naso elettronico era appunto quella di replicare l'efficacia del naso umano, ma i risultati sono ancora insoddisfacenti» risponde Martinelli.
IN CERCA DI RISPOSTE OGGETTIVE - L’idea di una soluzione è arrivata dalla collaborazione con l’università di Konstanz e con il professor Giovanni Galizia, esperto di olfatto di animali come le api e la drosophila, più noto come il moscerino della frutta. «In animali come la drosophila è possibile modificare geneticamente l’animale e rendere le risposte dei singoli neuroni olfattivi otticamente visibili» spiega Martinelli. «Questi risultati sono quindi oggettivi e possono essere analizzati con metodi standard. La sperimentazione è stata condotta su linee cellulari di 5 tumori diversi e una invece sana, e gli animali sono risultati in grado di discriminare i tumori dal mezzo di coltura dove invece non ci sono cellule tumorali. Queste ultime, infatti, si riproducono più velocemente e perciò sprigionano più composti volatili, diversi nella loro composizione e concentrazione a seconda del tipo di tumore».
CAMPANELLI D’ALLARME - Da un odore si possono sapere molte cose, purchè lo si sappia interpretare nella sua complessità. «Spesso non c’è un singolo elemento da misurare, ma una variazione complessiva nei composti volatili. Ad esempio, un paziente con tumore al polmone sprigiona composti volatili diversi per composizione da quelli di una persona sana, con un’alta concentrazione di sostanze come il toluene». I nasi biologici non sarebbero uno strumento di diagnosi, ma piuttosto un supporto al medico, chiarisce Martinelli: «L’idea è che se questo metodo venisse validato potrebbe essere di aiuto al medico di famiglia in uno screening di base economico e non invasivo per il paziente. Se si registrano anomalie che richiedono controlli, si procede con gli accertamenti tradizionali».
Da dove tanta passione per gli odori? «Sono un ingegnere elettronico, lavoro da sempre in un gruppo multidisciplinare che studia i sensori chimici. La mia tesi, nel 2000, era sulla possibili diagnosi del tumore al polmone attraverso l’analisi del respiro e da allora ho continuato ad interessarmi di applicazioni mediche dei sensori chimici. Come tutti quelli che si occupano di sensori, sono affascinato dalla medicina. Lavorare pensando di fare qualcosa di utile per qualcuno, non ora, magari fra 10 anni, magari domani».
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Donatella Barus
Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.