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Oncologia
Daniele Banfi
pubblicato il 25-01-2022

Car-T: modificare il microambiente tumorale è la chiave per aumentarne l'efficacia



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Eliminando gli "zuccheri" che rivestono il tumore, le Car-T riescono meglio a riconoscere le cellule cancerose da eliminare. Lo studio, realizzato dal San Raffaele di Milano, pubblicato su Science Translational Medicine

Car-T: modificare il microambiente tumorale è la chiave per aumentarne l'efficacia

Agire sul microambiente tumorale rimuovendo le molecole di "zucchero" che ricoprono le cellule cancerose può migliorare sensibilmente l'azione delle Car-T. E' questo in estrema sintesi il messaggio che emerge da uno studio, pubblicato su Science Translational Medicine, dai ricercatori dell'Ospedale San Raffaele di Milano. Il risultato, ottenuto in modello animale, rappresenta il razionale scientifico per l'applicazione di questo nuovo approccio direttamente nei pazienti.

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COSA SONO LE CAR-T?

Negli ultimi anni nella lotta al cancro sono stati fatti passi avanti inimmaginabili. Una delle principali protagoniste di questo balzo in avanti è l'immunoterapia, ovvero lo sfruttare il sistema immunitario affinchè riconosca ed elimini la malattia. Grazie alla ricerca una delle più fini evoluzioni dell'immunoterapia è stata la creazione delle Car-T, acronimo di Chimeric antigen receptor T cell. La tecnica consiste nel prelievo dei linfociti T del malato per modificarli geneticamente in modo che sulla superficie esprimano un recettore chiamato Car. La presenza di Car ha come effetto un potenziamento dei linfociti che li rende in grado, una volta reinfusi nel malato, di riconoscere e attaccare le cellule tumorali presenti nel sangue e nel midollo, fino a eliminarle.

PREGI E LIMITI DEL LORO UTILIZZO

Utilizzate con successo per la prima volta nel 2012 al Children Hospital di Philadelphia in una bambina di sette anni con leucemia linfoblastica acuta, oggi sono diverse le terapie approvate sul mercato e molte altre in sperimentazione. Attenzione però a pensare che le Car-T siano la soluzione al problema cancro. Attualmente l’approccio si è dimostrato efficace per alcuni tumori del sangue quali appunto la leucemia linfoblastica acuta e i linfomi a cellule B e per un limitato numero di pazienti attentamente selezionati. Pur essendo terapie salvavita da utilizzare solo ed esclusivamente quando non si hanno più altre armi a disposizione, ciò non significa che per tutte le persone affette da questi tumori le Car-T siano indicate o applicabili sia per la necessità di identificare per ogni tumore un adeguato bersaglio, sia per gli importanti effetti collaterali associati al trattamento. Non solo, un altro dei grossi limiti di questa tecnica è il suo utilizzo nei tumori solidi, difficili da raggiungere.

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MODIFICARE LE CARATTERISTICHE DEL TUMORE

Per ovviare a quest'ultimo tipo di problema la ricerca sta cercando di lavorare nel tentativo di modificare l'ambiente tumorale in modo tale da rendere maggiormente visibili le cellule cancerose all'azione delle Car-T. Una delle cause di questo "fallimento" nel riconoscimento del tumore è dovuto, almeno in parte, alla formazione di uno "scudo zuccherino" che avvolge le cellule cancerose. Ecco perché, provando a rimuoverlo, la speranza è quella di migliorare l'efficacia delle Car-T. Ed è quello che hanno fatto i ricercatori italiani agendo sullo stato di "glicosilazione" del tumore. Per impedire al tumore di formare lo scudo protettivo, il gruppo coordinato da Monica Casucci ha pensato di ingannarlo nutrendolo con uno zucchero modificato chiamato 2DG. Si tratta di un derivato sintetico del glucosio che viene assorbito dalle cellule cancerose in quantità molto maggiori rispetto alle cellule sane, per via del loro metabolismo accelerato. Una volta accumulato nel tumore, il 2DG viene usato nei processi di glicosilazione ottenendo però un risultato molto diverso: le catene di zuccheri così prodotte sono molto più corte e lo scudo zuccherino ne risulta indebolito.

LA STRATEGIA FUNZIONA

Per testare l'efficacia di questo approccio, i ricercatori hanno somministrato 2DG in aggiunta a una terapia Car-T in animali di laboratorio con tumori solidi, tra cui carcinomi di pancreas, vescica e ovaio. Il risultato è stato un netto potenziamento dell'attività antitumorale delle Car-T, che riescono meglio a controllare la malattia nel breve e lungo termine. Un risultato che mostra la bontà dell'approccio e pone le basi per la sperimentazione nell'uomo.

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Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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