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Oncologia
Caterina Fazion
pubblicato il 25-01-2024

“Buona salute a tutti”: la storia di Jole e il suo tumore al seno



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Jole Ricciardi, colpita da tumore al seno e da due recidive cerebrali, ha messo a frutto la sua passione scrivendo un libro dedicato alla prevenzione dei tumori, considerandolo “un regalo” della malattia

“Buona salute a tutti”: la storia di Jole e il suo tumore al seno

Jole ha cinquantasette anni, tre figli, un marito, vent’anni alle spalle trascorsi nelle farmacie comunali di Perugia e una grande passione per lo studio di tematiche legate alla prevenzione in generale, e all’alimentazione in particolare, che nemmeno un tumore al seno e due recidive cerebrali hanno saputo spegnere. Ecco la sua storia fatta di grande impegno, qualche rinuncia, fiducia e gratitudine, che l’ha portata alla stesura di un libro sulla prevenzione dei tumori grazie a uno stile di vita più salutare, con il quale desidera augurare “Buona salute a tutti”.

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IL RAPPORTO TRA STILE DI VITA E SALUTE

«Penso con convinzione che la prevenzione sia in grado di fare la differenza per il nostro benessere, e da sempre sono molto attenta al rapporto tra stile di vita e salute. Per la mia laurea in farmacia, infatti, nel lontano 1994, ho scelto una tesi sull’alimentazione, argomento all’epoca poco trattato. Insegnare sarebbe stato il mio desiderio più grande, ma ho deciso di cogliere il certo per l’incerto e, dopo aver vinto il concorso, ho lavorato per vent’anni nelle Farmacie Comunali di Perugia. La passione per l’insegnamento e per le tematiche di prevenzione, che non è mai passata, mi ha però portata a fare la docente di scienze dell’alimentazione all’università della terza età e a partecipare a incontri per le scuole organizzati dalle Farmacie Comunali per cui lavoravo dove ho parlato di corretta alimentazione, lettura delle etichette, conservazione e trattamento degli alimenti con relative tossinfezioni».

 

LA SCOPERTA DELLA MALATTIA

«La prevenzione non si limita solo ad adottare corretti stili di vita, come dieta sana ed esercizio fisico, ma include anche la partecipazione agli screening consigliati in base al proprio sesso e alla propria età. Nel 2010, quando avevo quarantaquattro anni, in seguito a una mammografia di controllo è emerso un nodulo sospetto che, dopo un primo intervento è risultato essere maligno. Successivamente, ho dovuto sottopormi a un ulteriore intervento per allargare l’area tumorale da rimuovere, durante il quale è risultato positivo anche il linfonodo sentinella, a cui è seguito un percorso di cura fatto di chemioterapie, radioterapie e terapia con tamoxifene. Nel 2019, però, a causa di nausea e mal di testa frequenti ho effettuato una risonanza di controllo con la quale sono emerse due metastasi cerebrali: il tumore era tornato, ma in altre sedi. Per la metastasi più grande, a livello cerebellare, sono stata operata, mentre per quella più piccolina nell’area premotoria abbiamo prima provato una radioterapia chirurgica, chiamata cyberknife a cui è seguita un’operazione, non avendo ottenuto i risultati sperati con il primo approccio».

 

LA RICERCA DELLA NORMALITÀ

«Nonostante la prima diagnosi sia stata una vera batosta, avendo tre figli di cui uno ancora molto piccolo, ho sempre cercato di fare finta di nulla. Per quanto mi sia costata molta fatica ho provato ad alleggerire la situazione, trattando la malattia come una cosa normale che semplicemente mi era capitata. La prima recidiva, invece, l’ho affrontata malissimo soprattutto perché temevo ripercussioni sulla mia capacità di parola e pensiero. Appena svegliata dopo l’operazione ho temuto, tra le altre cose, di non riuscire più a suonare il pianoforte, invece fortunatamente non ho avuto alcuna conseguenza. Purtroppo, però, non è ancora finita: recentemente mi è stata diagnosticata un’altra recidiva, sempre a livello cerebellare, che mi è stata rimossa alla fine del 2023».

 

IL LIBRO, UN REGALO DELLA MALATTIA

«Ad aiutarmi moltissimo a superare le difficoltà della malattia è stata la mia passione per lo studio e la mia grande attenzione nei confronti della prevenzione. Poco prima della prima recidiva del 2019, infatti, ho deciso di scrivere un libro per promuovere informazioni chiare, affidabili e accessibili a tutti, basate sulle evidenze scientifiche contenute nelle 10 raccomandazioni del Fondo mondiale per la ricerca sul cancro, associazione senza fini di lucro che da anni si occupa di studi sulla relazione tra cancro e alimentazione, peso e attività fisica. Scrivere il libro non mi ha solamente dato la possibilità di mettere a frutto la mia vera passione, ma è stata per me un’attività terapeutica che mi ha distratta moltissimo: addirittura dovevo puntare la sveglia per ricordarmi di cucinare altrimenti, assorbita dal lavoro, avrei continuato a scrivere. Così è nato il mio libro “Che stile… di vita! Conoscere e prevenire i tumori e le loro recidive con lo stile di vita più salutare”. È stato un regalo che mi ha fatto la malattia: ho potuto fare quello che da sempre desideravo e che forse, senza il tumore e le sue recidive, non avrei mai potuto fare».

 

DIVULGAZIONE E PREVENZIONE

«A spingermi a scrivere questo libro, e a continuare a fare divulgazione anche sui social, è il pensiero che, pur essendo vero che su tanti eventi della nostra vita non abbiamo nessun potere di controllo, dove possiamo intervenire è fondamentale agire, per davvero. Come è possibile, ad esempio, non comprendere che il cibo che ingeriamo in così grandi quantità non influenzi il nostro stato di salute? Anche se i cambiamenti sono piccoli, fatti un passettino alla volta, magari con qualche sgarro o incoerenza non importa, basta iniziare e provarci, senza porci obiettivi impossibili e irraggiungibili, ma piuttosto piccoli e sensati. Da quando ho iniziato ad occuparmi di questi temi alla fine degli anni ‘90 l’attenzione nei confronti dell’alimentazione è cambiata moltissimo, ma le persone che ancora non credono al potere della prevenzione sono tante. La difficoltà maggiore è legata al fatto che gli effetti positivi di determinati atteggiamenti potrebbero non essere così immediati e visibili e, come mi è spesso capitato in farmacia, sono molte le persone che ancora decidono di essere fataliste portando ad esempio la storia di un nonno vissuto fino a cento anni nonostante le venti sigarette fumate ogni giorno e la morte prematura di una madre o di una sorella che non aveva mai acceso una sigaretta o bevuto un bicchiere di vino. È vero che in molte circostanze non possiamo intervenire, ad esempio contro la genetica, e io ne sono una prova, ma ogni piccola buona abitudine conquistata può fare la differenza. Non basta conoscere i corretti comportamenti, ma occorre metterli in atto: quello che conta è cosa decidiamo di mangiare ogni giorno, se vogliamo trovare la forza di svolgere attività fisica con costanza o se decidiamo, per davvero, di spegnere l’ultima sigaretta». 

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Caterina Fazion
Caterina Fazion

Giornalista pubblicista, laureata in Biologia con specializzazione in Nutrizione Umana. Ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e il Master in Giornalismo al Corriere della Sera. Scrive di medicina e salute, specialmente in ambito materno-infantile


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