Quella che sembrava una smagliatura, a lungo ignorata, si è rivelata la spia di un tumore al seno. Emanuela racconta la sua esperienza
Per Emanuela l’incontro con il tumore al seno inizia, a sua insaputa, nell’estate del 2016, quando nota una “smagliatura” sotto il seno sinistro, che decide di ignorare per alcuni mesi. Solo a dicembre dello stesso anno, dopo essersi sottoposta ai controlli, riceve la diagnosi di carcinoma mammario. Emanuela, che ha raccontato la sua risalita dopo il tumore nel libro Dal fondo del pozzo, ci ha spiegato come sia cambiato il suo rapporto con la prevenzione e di come questa esperienza l’abbia cambiata.
Emanuela, come ha scoperto di avere un tumore al seno?
Tutto è iniziato il 28 luglio del 2016 quando, all’età di quarantaquattro anni, ho notato quella che sembrava essere una semplice smagliatura sotto il seno sinistro. Il caso ha voluto che proprio quel giorno avessi appuntamento con il mio medico di base che mi ha invitata a sottopormi al più presto a una mammografia. Io, però, impegnata nei preparativi per il matrimonio di mia figlia, ho deciso di aspettare. Ad ogni modo, il pensiero di questa smagliatura non mi ha mai abbandonata: a testimoniarlo le decine di fotografie che mi sono scattata per monitorarla e le numerose ricerche fatte su internet che mi hanno portata a conoscere l’esistenza della retrazione della cute, possibile segno clinico del carcinoma mammario che, alle volte, si può presentare sotto forma di simil smagliatura. Sottopormi al controllo, però, avrebbe fugato ogni dubbio, e in quel momento della mia vita credevo che non sarei riuscita ad affrontare tutto quanto, tutto insieme.
Sistemato quello che dovevo sistemare da mamma, a dicembre del 2016 ho deciso di occuparmi finalmente di me effettuando la mammografia e l’ecografia che hanno permesso di identificare la presenza di un nodulo neoplastico al seno sinistro. Successivamente si è scoperto essere un carcinoma duttale infiltrante G3 che aveva intaccato il linfonodo sentinella. Dopo essere stato asportato mediante quadrantectomia, il carcinoma ha richiesto una terapia composta da chemioterapia, radioterapia e terapia ormonale. Non posso sapere se, anticipando i controlli dopo essermi accorta della retrazione cutanea, le terapie sarebbero potute essere meno invasive, certo è che la mia attenzione verso la prevenzione è indubbiamente aumentata.
Come è cambiato il suo rapporto con la prevenzione?
In passato credo di essere stata un po’ incosciente, non solo per aver rimandato a lungo i controlli dopo essermi accorta della smagliatura. Il tumore al seno, infatti, non era una novità per la mia famiglia. Nonostante mia nonna, quando ero ragazzina, fosse stata colpita da tumore al seno, e nonostante mio fratello fosse stato operato per un nodulo, fortunatamente benigno, pochi anni prima, non mi si sono mai posta il problema di effettuare un controllo. La mammografia che ha dato inizio alla diagnosi è stato il mio primo approccio alla prevenzione nei confronti del tumore al seno.
Vista la mia esperienza, oggi mi controllo abitualmente, ma ad essere cambiata è soprattutto l’attenzione nei confronti degli altri. Ogni anno, per Natale, regalo a mia figlia non ancora trentenne l’ecografia al seno. Cerco anche di spiegare a tutte le sue giovani amiche l’importanza di ascoltare il proprio corpo e di praticare l’autopalpazione con regolarità. Per me adesso è una cosa spontanea e naturale, ma mi rendo conto che quando si è giovani e sane sia più difficile pensarci, senza poi contare il timore di sentire qualcosa di anomalo.
A tutte le ragazze mi sento di dire che non bisogna avere paura di percepire qualcosa di strano: è importante accorgersene per tempo e non aspettare, come ho fatto io, ma andare immediatamente a fare un controllo approfondito. La prevenzione salva la vita, e io lo dico avendo alle spalle un lungo percorso fatto di un intervento chirurgico, chemioterapie che mi hanno fatto perdere i capelli, radioterapie e cinque anni di terapia ormonale.
Come ha vissuto il periodo delle cure?
Subito dopo la diagnosi l’idea del percorso che avrei dovuto affrontare mi ha svuotata: non avevo più voglia di fare nulla e passavo le mie giornate a rimuginare su come poter gestire quella brutta situazione. Ero consapevole del fatto che ogni anno, grazie alla ricerca, guariscono dal cancro molte persone, ma allo stesso tempo altre non ce la fanno. Mi sono spesso trovata a chiedermi: a quale gruppo apparterrò io? Tuttavia, dopo aver realizzato che quello sarebbe potuto essere il mio ultimo Natale ho deciso di ascoltare le parole di Seneca: “Vivi ogni giorno della tua vita come se fosse l’ultimo”. E così ho fatto, ritrovando la forza per dedicarmi alle persone che amo, ponendomi come obiettivo la guarigione. Fin da subito mi sono affidata totalmente alle terapie, ai medici e agli infermieri, che hanno sempre saputo ascoltarmi e supportarmi.
Non ho mai abbandonato la speranza, ma non si può nascondere che quando arrivi in ospedale per la terapia e noti che la poltrona occupata abitualmente dalla tua vicina è libera, il pensiero di non farcela inevitabilmente si affaccia.
Si sente cambiata dopo il tumore al seno?
Il tumore al seno mi ha senza dubbio cambiata, e per molti aspetti ne vado fiera. Certo, della vecchia Emanuela mi manca la spensieratezza: al giorno d’oggi, a sette anni da quella diagnosi, sto bene. Prima di ogni mammografia, però, mi devo preparare psicologicamente, perché la paura resta. Presto anche più attenzione ad altri sintomi come rossori, gonfiori, edemi che mi causano molta più preoccupazione rispetto a prima. Qualche pensiero negativo ogni tanto riemerge, ma cerco comunque di vivere la mia vita serenamente, anche per le persone che mi sono accanto.
Dopo il tumore ho imparato a trovare il tempo per fare le cose che mi fanno stare bene, ma che di solito si rimandano: anche solo una pizza con le amiche, una gita fuori porta, qualche viaggetto. Penso che la malattia mi abbia aiutato ad essere un po’ più egoista, a pensare di più a me stessa. Durante il mio percorso, infatti, ho dovuto fare i conti con l’assenza di molti amici che non mi sono stati accanto; è stato faticoso da accettare, ma ho imparato a lasciare andare le persone che, nel periodo più difficile della mia vita, non ci sono state, arrivando alla conclusione che non tutti sono in grado di stare vicino a chi sta soffrendo. Adesso il mio tempo lo dedico alle persone che lo meritano davvero e che durante la malattia “senza se e senza ma”, hanno voluto starmi accanto, ognuno a modo suo.
Per conoscere più a fondo la storia di Emanuela, fatta non solo di diagnosi e terapie, ma anche di rapporti umani, di cambiamenti e di speranza, consigliamo la lettura del libro “Dal fondo del pozzo. La mia risalita dopo il tumore al seno” (Emanuela Giambelli, Ed. Specchi, 12 euro, 83 pagine).
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Caterina Fazion
Giornalista pubblicista, laureata in Biologia con specializzazione in Nutrizione Umana. Ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e il Master in Giornalismo al Corriere della Sera. Scrive di medicina e salute, specialmente in ambito materno-infantile