Chiudi
Oncologia
Donatella Barus
pubblicato il 10-01-2020

Almeno 2,5 ore a settimana di movimento riducono il rischio di 7 tipi di cancro



Aggiungi ai preferiti

Registrati/accedi per aggiungere ai preferiti

La quantità di esercizio fisico raccomandata è davvero utile a ridurre il rischio di cancro? Uno studio su oltre 750.000 adulti dice di sì

Almeno 2,5 ore a settimana di movimento riducono il rischio di 7 tipi di cancro

L’attività fisica può ridurre il rischio di ammalarsi di cancro. E c’è chi paragona l’esercizio a un vero e proprio farmaco: molto però resta da comprendere sui benefici e sulle “dosi” alle quali il farmaco-movimento è davvero utile. Ora una indagine che ha esaminato i dati di oltre 750.000 persone nel corso di un decennio fornisce informazioni importanti per capire e quantificare l’effetto del movimento sulle probabilità di incorrere in una diagnosi di tumore.

 

DUE ORE E MEZZA A SETTIMANA PER RIDURRE I RISCHI DI 7 TIPI DI TUMORE

I ricercatori hanno considerato ben nove diversi studi che hanno coinvolto donne e uomini di diversi paesi, oltre 755.000 individui di cui sono stati raccolte informazioni sull’attività fisica praticata nel tempo libero e su eventuali diagnosi di tumore comparse nel tempo (il tutto per circa dieci anni). Ne è emerso che chi si impegna a praticare esercizio fisico nelle modalità minime generalmente raccomandate (da 2,5 a 5 ore a settimana di attività a intensità moderata) beneficia di una riduzione significativa del rischio di 7 forme di cancro: il tumore al seno, il tumore del colon-retto negli uomini, il tumore dell’endometrio, del rene, il mieloma, il carcinoma del fegato e il linfoma non-Hodgkin nelle donne.

 

DI QUANTO SI RIDUCE IL RISCHIO?

Fra chi è sedentario e chi si muove per almeno due ore e mezza a settimana, il beneficio varia da un 6-10 per cento di riduzione del rischio per il cancro della mammella a un 18-27 per cento per il tumore del fegato. Nel mezzo, i tumori del colon, il cui rischio nei maschi si riduce dell’8-14 per cento, dell’endometrio (o corpo dell’utero) che calano del 10-18 per cento, del rene (11-17 per cento), del mieloma (14-19 per cento) e del linfoma non-Hodgkin che nelle donne che praticano i livelli raccomandati di attività fisica riduce il suo impatto dell’11-18 per cento. Le differenze dipendono probabilmente dai meccanismi biologici con cui il movimento esprime i suoi effetti benefici. Ad esempio, nel caso del fegato, è probabile che l’esercizio fisico abbia un impatto diretto sui livelli di glucosio e sul metabolismo dei grassi nel fegato, riducendo i rischi di “uno dei fattori di rischio emergenti per il carcinoma epatico”, il fegato grasso. Al contrario, sul tumore al seno la risposta dell’organismo all’esercizio fisico potrebbe essere meno diretta (ma pur sempre significativa!) perché mediata da fattori sistemici, come i livelli di ormoni sessuali, di insulina, dei marker dell’infiammazione.

 

COSA SI INTENDE PER ESERCIZIO MODERATO?

L’attività fisica a intensità moderata è intesa come uno sforzo che provoca un aumento della frequenza cardiaca, un aumento della sudorazione e della respirazione, ma non è tale da impedire di parlare in una conversazione. Esempi tipici sono una camminata a passo svelto, una pedalata a 15 km/h, l’aerobica in acqua, un giro sulla pista da ballo. L’effetto di un esercizio più intenso varia a seconda delle malattie considerate: come riferiscono gli autori, più ci si muove e più si riducono le probabilità di ammalarsi di tumore del seno, dell'utero, del colon e dell'area testa-collo. Ma non sempre c’è una relazione lineare fra l’aumento dell’attività fisica e la riduzione del rischio. In ogni caso, concludono, questi risultati servono a supportare in modo molto concreto le raccomandazioni ormai diffuse dalle principali agenzie che si occupano di prevenzione e che concordano su una raccomandazione fondamentale: ridurre il tempo che trascorriamo seduti e aumentare quello in cui ci muoviamo.

Donatella Barus
Donatella Barus

Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.


Articoli correlati


In evidenza

Torna a inizio pagina