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Neuroscienze
Serena Zoli
pubblicato il 10-09-2013

Trovata una strada per fermare l'Alzheimer



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La fase è preliminare ma promettente. Individuato un gene che, se disattivato, fa regredire la malattia spazzando via dal cervello le placche tipiche. I risultati per ora sui topi, ma forse la leva si rivelerà utile anche per l'uomo

Trovata una strada  per fermare l'Alzheimer

La fase è preliminare ma promettente. Individuato un gene che, se disattivato, fa regredire la malattia spazzando via dal cervello le placche tipiche. I risultati per ora sui topi, ma forse la “leva” si rivelerà utile anche per l’uomo

Per ora è solo una speranza, ma poiché potrebbe indicare una via di accesso al finora impenetrabile “muro” dell’Alzheimer, è un indizio molto importante. Provato sui topi di laboratorio, con dati  ricavati da tessuti cerebrali di persone morte con questa patologia, funziona. Fa regredire la malattia. Funzionerà anche per gli umani?

«Lo sapremo tra qualche anno», dice il professor Carlo Caltagirone, Ordinario di Neurologia all’Università di Roma Tor Vergata, chiamato a commentare la notizia della ricerca che arriva dalla Harvard Medical School. «Si tratta di una fase assolutamente preliminare, ma promettente per un’eventuale terapia. Il ricercatore è Rudolph Tanzi».

La premessa è che studi recenti hanno portato in evidenza vari geni in qualche modo connessi col rischio di sviluppare l’Alzheimer, tra cui uno chiamato Cd33. In particolari cellule cerebrali, dette cellule di microglia, delle persone malate è stata osservata da tempo una aumentata espressione di Cd33. Tanzi, esaminando i tessuti cerebrali delle persone colpite da Alzheimer, ha scoperto che dove era più alto il livello di Cd33 nelle cellule di microglia era più elevato anche il numero di placche beta-amiloidi, la cui formazione è associata all'insorgenza dell’Alzheimer.

«Le cellule di microglia», spiega il professor Caltagirone, «hanno una funzione di sostegno dei neuroni, li proteggono e li nutrono, e fanno un po’ da “spazzini” nel  ripulire l’ambiente intorno a loro. Il Cd33 sembrerebbe inibire questa loro capacità: perché più ce n’è, più ci sono placche. Tanzi e i suoi hanno allora provato a disattivare questo gene, appunto nei topi, constatando che a questo punto le cellule di microglia riuscivano a fermare l’avanzata delle placche».

Far regredire l’Alzheimer: sembra un sogno, ma potrebbe essere stata individuata una leva d’accesso. Lo stato attuale delle cure lo riassume il neurologo dell’Università di Roma: «Oggi abbiamo i mezzi per individuare molti anni prima chi svilupperà l’Alzheimer: test cognitivi, Pet, biomarkers. E in questa fase qualcosa si può fare come prevenzione. Non quando la malattia è già “esplosa” con i sintomi tipici».

 

Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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