I traumi cranici potrebbero riattivare l'herpes, aumentando il rischio di Alzheimer. Nuove prove emergono grazie agli organoidi cerebrali
Ripetuti traumi cerebrali, in presenza di infezioni latenti da herpes virus (HSV-1), possono promuovere lo sviluppo di placche amiloidi tipiche della malattia di Alzheimer. I risultati, ottenuti per ora in modelli organoidi di cervello, sono stati pubblicati dalla rivista Science Signaling. I traumi cranici, secondo l'analisi, potrebbero risvegliare il virus latente nel cervello scatenando processi infiammatori e patologici associati alla malattia. Un risultato importante che potrebbe aprire nuovi scenari nella prevenzione dell'Alzheimer.
QUALI SONO LE CAUSE DELL'ALZHEIMER?
Nel mondo, secondo i dati dell’organizzazione mondiale della Sanità, sono oltre 55 milioni le persone che convivono con l’Alzheimer, una delle principali cause di disabilità e non autosufficienza tra le persone anziane. Si tratta di una malattia neurodegenerativa che porta alla progressiva perdita delle cellule nervose e delle loro connessioni. Come avviene per gli altri organi quando sono danneggiati, le lesioni dell’Alzheimer causano una perdita di funzione cerebrale sino alla demenza. Da un punto di vista fisiopatologico la malattia di Alzheimer, essenzialmente, è causata dalla formazione e dalla presenza di ammassi di proteina beta-amiloide e proteina tau che danneggia i neuroni. Tra le principali cause dello sviluppo della malattia figurano l'invecchiamento, la predisposizione genetica (esistono alcune varianti genetiche come APOE4 associate ad un maggior rischio di sviluppare la patologia) e l'infiammazione cronica.
QUEL LEGAME TRA HERPES E ALZHEIMER
Da alcuni anni a questa parte diversi studi epidemiologici hanno evidenziato un possibile legame tra presenza dell'virus dell'herpes e un aumentato rischio di Alzheimer, specialmente nelle persone con la variante genetica APOE4. Non solo, diverse analisi indicano chiaramente che i livelli di anticorpi diretti contro il virus sono significativamente più alti nei pazienti con Alzheimer rispetto ai soggetti sani. Considerando però che circa l'80% della popolazione over-60 è venuto in contatto almeno una volta con il virus, da tempo la ricerca è al lavoro per provare ad individuare il collegamento tra presenza del virus e sviluppo della malattia. Non tutte le persone con il virus infatti sviluppano l'Alzheimer.
LO STUDIO GRAZIE AGLI ORGANOIDI
Nello studio da poco pubblicato su Science Signaling, i ricercatori statunitensi della Tufts University hanno sviluppato un modello tridimensionale del cervello umano per provare a simulare l'effetto di traumi cerebrali controllati in presenza di diverse variabili. L'obiettivo era quello di verificare i cambiamenti che avvenivano nel mini cervello sottoposto ripetuti traumi simili ad una commozione cerebrale in presenza di un'infezione latente da HSV-1. I risultati sono stati sorprendenti: nei tessuti con infezione latente, il trauma ha riattivato il virus innescando la formazione di placche di β-amiloide e accumulo di proteina tau, entrambi segni distintivi dell’Alzheimer. Inoltre, l’infiammazione e la morte neuronale sono state evidenti. Per contro, nei tessuti privi di infezione, la risposta al trauma si è limitata a una lieve infiammazione.
LE PROSPETTIVE FUTURE IN CHIAVE PREVENTIVA
Lo studio aprirà ora nuove prospettive per categorie a rischio di traumi cranici, come atleti e militari, suggerendo come gli antivirali potrebbero rappresentare un'opzione preventiva per limitare gli effetti neurodegenerativi legati alla riattivazione dell’HSV-1. Al di là del tradizionale focus sull’eliminazione delle placche amiloidi, i risultati -commentano gli autori- evidenziano inoltre la necessità di un approccio più ampio che consideri anche l’interazione tra genetica, ambiente e infezioni.
Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.