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Neuroscienze
Daniele Banfi
pubblicato il 26-01-2018

Clonazione: quali prospettive per la ricerca scientifica?



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Clonate con successo due scimmie attraverso la tecnica che fu utilizzata per Dolly. L'esperimento potrebbe portare allo sviluppo di nuovi modelli animali per lo studio di malattie neurodegenerative

Clonazione: quali prospettive per la ricerca scientifica?

Dopo Dolly ecco Zhong Zhong e Hua Hua, le prime due scimmie clonate con lo stesso metodo rivoluzionario che permise alla "pecora più famosa del globo" di venire al mondo. Un evento straordinario, raccontato sulle pagine della rivista Cell, ad opera degli scienziati dell'Istituto di Neuroscienze dell'Accademia Cinese delle Scienze di Shanghai. Un evento eccezionale in quanto si tratta del primo tentativo di clonazione di un primate non umano terminato con successo. Ma la vera novità potrebbe essere l'applicazione di questa tecnica per lo studio approfondito di malattie neurodegenerative e genetiche.

CHE COS'E ' LA CLONAZIONE?

Tecnicamente con il termine di clonazione ci si riferisce alla riproduzione di un intero organismo vivente o anche di una singola cellula aventi il Dna identico all'organismo di partenza. Sperimentata sin dagli anni '60 su microrganismi e animali relativamente poco complessi, nel 1996 il  Roslin Institute di Edinburgo annuncia l'avvenuta clonazione di una pecora, la famosa Dolly. Da quel giorno ad oggi è stato un susseguirsi di esperimenti simili.


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NON SOLO DOLLY

La nascita delle due scimmie, Zhong Zhong e Hua Hua, non rappresenta affatto il primo tenativo di clonazione di primati non umani. Finora gli scienziati avevano "clonato" i primati con la scissione embrionale, ciò che avviene nel caso dei gemelli omozigoti. Gli autori dello studio hanno invece utilizzato la via classica, quella che permise la nascita di Dolly, ovvero il trasferimento del nucleo di cellule somatiche. La metodica consiste nel prelevare il nucleo di una cellula da un tessuto animale (in questo caso cellule fetali) per inserirlo in una cellula uovo dalla quale è stato rimosso il nucleo contenente il DNA. La combinazione risultante è trattata con alcuni enzimi in modo da ottenere una cellula capace di dare orgine, differenziandosi opportunamente, ad un nuovo individuo. L'embrione così ottenuto viene impiantato nell'utero di una madre surrogata in modo da terminare così lo sviluppo e venire alla luce.


ECCO COME SONO STATE CLONATE LE DUE SCIMMIE

A differenza dei precedenti tentativi effettuati, i ricercatori hanno arricchito e potenziato il cocktail di nutrienti e fattori di crescita che aiuta l'embrione clonato a svilupparsi prima dell'impianto. Non solo. L'equipe ha scoperto che se la tecnica sembrava funzionare usando le cellule prelevate da un feto, peggiori erano i risultati ottenuti con cellule adulte. Ben 79 embrioni sono stati impiantati in 21 madri surrogate: Zhong Zhong e Hua Hua sono le uniche scimmie nate vive su 6 gravidanze. Peggio era andata con gli esperimenti per ottenere Dolly: la pecora era stata l'unica nata con successo su 277 embrioni impiantati.


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CLONAZIONE AL SERVIZIO DELLA RICERCA?

Quali ricadute certe avrà la clonazione nei primati è presto per dirlo. Gli scienziati però abbozzano già possibili scenari: in combinazione con tecniche di editing genetico la clonazione potrebbe essere usata per creare modelli di primati non umani di malattie neurodegenerative come Parkinson e Alzheimer o derivanti da mutazioni genetiche come alcuni tipi di cancro o malattie rare

Per discutere di queste prospettive e delle implicazioni etiche segui la nostra diretta Facebook, lunedì 29 gennaio alle ore 15:30. Ospiti Carlo Alberto Redi, genetista Professore di Zoologia e Biologia dello Sviluppo dell''Università di Pavia e vice presidente del Comitato etico della Fondazione Veronesi e Marco Annoni, bioeticista della Fondazione.

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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