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Neuroscienze
Fabio Di Todaro
pubblicato il 30-04-2020

Coronavirus, la fase 2 con l'autismo: «Più aiuti per i nostri figli»



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La sfida della quarantena raccontata dalla mamma di un ragazzo autistico. «In vista della ripresa, non lasciamo indietro i ragazzi più fragili»

Coronavirus, la fase 2 con l'autismo: «Più aiuti per i nostri figli»

Non è stato semplice per nessuno, rimanere in casa tutto questo tempo. Men che meno per i ragazzi con un disturbo dello spettro autistico e per i loro genitori. Quanto ai primi, chiamati a convivere con difficoltà nella comprensione e nella comunicazione, si potrebbe pensare che vivere in isolamento sia stato più facile che per tutti gli altri. Ma c’è un aspetto che spesso risulta sottovalutato: l’importanza della routine, per questi bambini e adolescenti. Una quotidianità venuta improvvisamente meno, che ha sconvolto le vite loro e di chi li ha messi al mondo. Mamme e papà si sono così ritrovati come «bloccati»: da una parte la paura del contagio, dall’altra la necessità di dover riempire di vita le ore dei propri figli. Un’impresa, nel vero senso della parola, che nel tempo potrebbe mostrare anche dei contraccolpi. «Perciò dobbiamo essere di supporto, ai ragazzi ma anche ai genitori - afferma Antonio Narzisi, psicoterapeuta dell’Irccs Fondazione Stella Maris di Calambrone (Pisa), i cui consigli sono riportati nel video che segue -. Convivere con queste misure di contenimento può esacerbare i problemi comportamentali dei bambini e sovraccaricare di stress chi è al loro fianco». 

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Il punto di vista dell’esperto trova conferma nelle testimonianze dei diretti interessati. È un percorso tutto in salita, quello che stanno affrontando i genitori dei ragazzi autistici. In avvio, il primo problema è stato quello di comunicare loro l’improvvisa interruzione di tutte le attività: la scuola, le terapie, lo svago nel tempo libero. Poi, c’è stata la lunga fase dell’isolamento, con la sfida quotidiana per rispondere a una domanda: come riempire le ore di ogni giornata? Adesso, a un passo dalla graduale riapertura, è il momento delle riflessioni: in che modo si potrà portare fuori un figlio autistico in sicurezza? Claudia - il nome è di fantasia - è la mamma di due ragazzi. Il suo primo figlio, Emanuele, ha 15 anni e convive con un disturbo dello spettro autistico ad alto funzionamento. Il suo racconto conferma la fatica di questa corsa a tappe. «C’è la stata la prima fase in cui pensava di essere in vacanza - racconta la donna al Magazine di Fondazione Umberto Veronesi -. Poi l’arrivo delle videolezioni (Emanuele frequenta il primo anno del liceo linguistico, ndr), che lui ha accettato di buon grado: aiutato anche dall’abitudine a trascorrere molte ore davanti al pc o con uno smartphone tra le mani. Da giorni, però, è annoiato. Da un lato vorrebbe uscire, ma ha anche paura del rischio infettivo».


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I genitori e i professionisti sanitari che ruotano attorno a queste famiglie concordano sull’unicità (e la complessità) del periodo trascorso. «Nel nostro caso, le maggiori difficoltà non sono state legate all’isolamento, dato che i contatti sociali di Emanuele erano già limitati - prosegue la donna, che vive alle porte di Pisa anche con il marito e la seconda figlia: Martina, di 12 anni -. Si è però posto il problema di dover prima spiegargli cosa stesse accadendo e poi riorganizzare una quotidianità a cui non eravamo abituati. Chiuse le scuole, gli ambulatori, i centri diurni riabilitativi, le persone con autismo sono state abbandonate a se stesse. E mio figlio, nonostante la sua età, non è ancora autonomo. Cerca spesso la mia mano, ha bisogno di sentire la mia vicinanza». Emanuele ha ben chiaro che cosa sia accaduto. «Io e mio marito cerchiamo di informarci per conto nostro, senza accendere la tv nei momenti in cui siamo assieme. Ma con lui siamo stati chiari fin dall’inizio: perciò periodicamente ci chiede lumi sulla situazione. Ed è molto dispiaciuto ogni qual volta pensa a quante persone hanno perso la vita a causa del Covid-19».

PREOCCUPAZIONI IN VISTA DELLA «FASE 2»

La preoccupazione della «fase 2» riguarda tutti i genitori di bambini e ragazzi autistici. Claudia sa bene che la sua, per certi versi, è una situazione migliore rispetto a tante altre. «Chi ha un figlio con un disturbo più grave ha fatto ancora più fatica, in quarantena». Lo testimoniano le cronache, che hanno segnalato casi di maggiore aggressività, così come diversi allontanamenti dal domicilio. Altrettanta pazienza servirà per la ripresa, che in alcune città è stata anticipata dalla riapertura dei parchi per concedere un minimo di svago a queste famiglie. «Sono due le questioni che adesso ci tengono in apprensione - afferma la donna -. Da una parte il rischio infettivo, che non è ancora svanito ed è maggiore per questi ragazzi, in ragione dei loro comportamenti. E l’aspetto della socialità: come sarà per loro il post-quarantena?». Nessuno, nemmeno tra gli esperti, al momento ha una risposta valida. Di sicuro, però, ripristinare una parte della vecchia routine sarebbe d'aiuto. Per questo alcune famiglie di Milano reclamano l’apertura degli ambulatori per riprendere le terapie in forma individuale e a orari scaglionati. Dalla Campania, invece, l'Associazione Nazionale Genitori dei Soggetti Autistici (Angsa) chiede certezze in vista del prossimo anno scolastico. «Occorre programmare la ripresa delle attività in aula, ma anche sistemi alternativi alla didattica a distanza per i ragazzi disabili». Conclude Claudia: «Al di là del coronavirus, dobbiamo evitare che la pandemia vanifichi i progressi registrati negli ultimi anni». Non dimentichiamoci dell'autismo, indipendentemente dal Covid-19.

 

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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