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Neuroscienze
Fabio Di Todaro
pubblicato il 22-03-2019

Come ridurre gli antidepressivi (senza conseguenze)?



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Le cure antidepressive vanno interrotte in maniera molto graduale. Il rischio, altrimenti, è quello di avvertire i sintomi dell'astinenza e rischiare una ricaduta più grave

Come ridurre gli antidepressivi (senza conseguenze)?

Gli antidepressivi - tutti, indipendentemente dal meccanismo d'azione - sono dei farmaci salvavita. La premessa è doverosa, prima di parlare di un aspetto che è però sempre più pazienti oggi considerano importante.

Una volta iniziata la terapia, infatti, in molti si chiedono come sia possibile «smettere» senza imbattersi nel rovescio della medaglia: l'astinenza, le cui probabilità sono spesso tanto più alte quanto più improvvisa è la sospensione della terapia.

Le linee guida suggeriscono un «distacco» breve, che duri tra le due e le quattro settimane. Fa eccezione la vortioxetina, che se non prescritta ad alte dosi può essere interrotta anche da un giorno all'altro.

Ma in realtà non c'è una regola unica: il ventaglio di antidepressivi è rappresentato da farmaci diversi e l'approccio più appropriato continua a essere quello «cucito su misura» del paziente.

PER QUANTO TEMPO BISOGNA
ASSUMERE GLI ANTIDEPRESSIVI?

UNA NUOVA IPOTESI DI «TAPERING»

Della sospensione delle terapie antidepressive si sono occupati diversi gruppi di ricercatori, negli ultimi mesi. L'ultima proposta giunge da uno studio pubblicato sulla rivista The Lancet Psychiatry, che delinea una nuova strategia per la gestione del processo noto tra gli psichiatri con il nome di «tapering».

La proposta dei due autori, Mark Horowitz (Prince of Wales Hospital di Sidney) e David Taylor (farmacologo del King's College di Londra), è quella di ridurre la dose di antidepressivo in base a intervalli fissi, rispettando quello che è l’effetto biologico atteso.

Per quanto riguarda gli inibitori della ricaptazione della serotonina (Ssri), i ricercatori hanno proposto una riduzione del farmaco che permetta di occupare una quota di recettori per la molecola mai inferiore al dieci per cento.

Come esempio, nel lavoro viene citato un possibile schema per sospendere l'assunzione del citalopram (un Ssri), partendo da 20 milligrammi: per poi passare a 9.1, a 5.4, a 3.4, a 2.3, a 1.5, a 0.4 fino alla completa sospensione (con intervalli settimanali).

Il «monitoraggio» dei recettori occupati è stato ipotizzato sulla base di dati ottenuti da studi di neuroimaging con l’utilizzo della tomografia a emissione di positroni (PET).


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GRANDE INTERESSE ATTORNO AL TEMA

Indipendentemente dall'ipotesi, affascinante ma ancora lontana da venire nella pratica clinica, la ricerca fa il paio con almeno altri due lavori pubblicati negli ultimi mesi sullo stesso tema.

Segno che, per dirla con Andrea Fiorillo, docente di psichiatria all'Università della Campania Luigi Vanvitelli e presidente della Società Italiana di Psichiatria Sociale, «l'interruzione del trattamento con gli antidepressivi, soprattutto nei pazienti affetti da una depressione maggiore ricorrente, rappresenta un tema di grande interesse».

La necessità di fornire risposte aggiornate deriva soprattutto dalle richieste che i pazienti avanzano per capire come e quando potranno sospendere la terapia.

Una curiosità che, secondo lo specialista, nasce «anche da una serie di preconcetti e di informazioni sbagliate»: dai rischi per la salute del cuore al tema dell'aumento di peso. «Grazie ai nuovi farmaci, possiamo ottenere una remissione dei sintomi permettendo al paziente di riappropriarsi della propria vita in maniera soddisfacente».  

LE INDICAZIONI DISPONIBILI

Le attuali linee guida disponibili - come quelle British Association for Psychopharmacology, del National Institute for Health and Care Excellence e del Canadian Network for Mood and Anxiety Treatments - forniscono indicazioni e raccomandazioni generiche sulla sospensione del trattamento con farmaci antidepressivi.

«La regola che vale più o meno per tutti i farmaci è che più lentamente si interrompono, minori sono i rischi di sviluppare i sintomi dell'astinenza - dichiara Andrea Fagiolini, direttore della clinica psichiatrica dell'Università di Siena -. La raccomandazione è quella di definire il percorso di sospensione sulla base delle caratteristiche del paziente e del farmaco utilizzato.L'ideale sarebbe farlo rientrare tra quattro settimane e alcuni mesi, perché occorre tenere conto anche del rischio di ricaduta».

La psicoterapia, nella fase di «tapering», può essere utile per attenuare i sintomi dell'astinenza nei pazienti. «Soprattutto quella a orientamento cognitivo-comportamentale rappresenta un valido strumento da utilizzare in tutte le fasi del trattamento della depressione - aggiunge Fiorillo -. Purtroppo, però, la disponibilità di interventi psicologici nelle strutture pubbliche è estremamente ridotta».

Uno stato dell'arte che, fino a oggi, ha comportato la rinuncia al trattamento o l'affidamento a un servizio privato di qualità variabile.  

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I SINTOMI DELL'ASTINENZA

L'astinenza dovuta a una sospensione poco equilibrata degli antidepressivi può manifestarsi con sintomi diversi, a vari livelli: nausea, vertigini, ansia, palpitazioni, insonnia, rabbia, scarsa concentrazione.

L'insorgere di queste condizioni spesso spaventa i pazienti e li porta a cercare «conforto» nei farmaci: dando così il via a un circolo vizioso di sintomi e farmaci che può durare tutta la vita.

«Uno degli errori più frequenti è quello che porta a sospendere l'assunzione di antidepressivi in autonomia, nel momento in cui si registrano i primi benefici - chiosa Fagiolini -. Questi farmaci vanno assunti anche quando si pensa che non ce ne sia più bisogno. Lo si deve far per prevenire una possibile ricaduta, che nella maggior parte dei casi risulta più aggressiva e resistente ai trattamenti rispetto al primo episodio».

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Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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