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Redazione
pubblicato il 09-11-2020

Cinque cose da sapere prima di sottoporsi a una biopsia prostatica



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La biopsia della prostata è l’esame risolutivo sia per confermare una diagnosi di tumore sia per stabilirne la gravità. I consigli per gestire il rischio infettivo e il dolore

Cinque cose da sapere prima di sottoporsi a una biopsia prostatica

La biopsia prostatica - consistente nel prelievo di campioni di tessuto della ghiandola che vengono analizzati al microscopio per verificare l’eventuale presenza di cellule tumorali - è un esame che può rivelarsi fastidioso e richiede un’attenta preparazione per ridurre i rischi di complicanze. Per prevenire eventuali infezioni batteriche, a partire dal giorno prima del test viene di solito prescritta una terapia antibiotica, da proseguire per altri 4 5 giorni. Inoltre, sempre allo scopo di ridurre al minimo le possibilità di contaminazione batterica, viene consigliato un clistere (per pulire il retto e rendere più igienica la procedura). Chi è in terapia con farmaci anticoagulanti, deve interromperla a partire da 7-10 giorni prima del test.

 


DUE SOLUZIONI PER LA BIOPSIA PROSTATICA

Il test viene eseguito in ambulatorio, in anestesia locale. La biopsia può essere effettuata per via transrettale o transperineale, aiutandosi con l’ecografia per visualizzare la ghiandola prostatica. Nella biopsia transrettale (che è la più diffusa), il prelievo di campioni dalla prostata viene effettuato con uno speciale ago fatto passare attraverso l’ultima porzione dell’intestino (il retto); in quella transperineale il prelievo è effettuato invece attraverso l’area compresa tra l’ano e la base dello scroto (il perineo). La scelta dell’una o l’altra modalità dipende soprattutto dalla sede in cui si sospetta che sia localizzato il tumore. I campioni prelevati vengono successivamente analizzati al microscopio dal patologo. Il test dura tra i 10 e i 20 minuti.

 

LE POSSIBILI COMPLICANZE

La biopsia prostatica è una manovra invasiva non esente da rischi. Le complicanze più frequenti sono un lieve sanguinamento con presenza di sangue nelle urine, nelle feci o nello sperma che può durare fino a più di un mese dopo l’esame. Dopo il test può verificarsi anche un lieve rialzo della temperatura corporea. In genere si tratta di sintomi che si risolvono spontaneamente; inoltre l’assunzione di una terapia antibiotica per i 4-5 giorni successivi all’esame scongiura i rischi di complicanze di natura infettiva. Circa una persona su 50, al termine dell’esame, fa fatica o non riesce a svuotare spontaneamente la vescica. In questi casi è necessario inserire temporaneamente un catetere vescicale che verrà rimosso dopo qualche giorno. Le complicanze più serie che richiedono un ricovero - sanguinamento abbondante, febbre alta o incapacità di urinare - si verificano in meno dell’uno per cento dei casi.

 


COME GESTIRE IL DOLORE?

Prima della biopsia prostatica, in genere viene effettuata un’anestesia locale. Alcuni pazienti riportano fastidio nel corso dell’esame (specie nel momento in cui viene effettuato il prelievo) che tuttavia è di lieve entità e passeggero. Talvolta è possibile avvertire dolore dopo il termine della biopsia. In questi casi si può informare del disturbo il proprio medico, che potrà prescrivere un analgesico.

 


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