Un nuovo studio rileva un’associazione fra la dieta e il rischio che un tumore della prostata diventi più aggressivo. L’indagine su 886 uomini con tumori di basso grado in “sorveglianza attiva”
Una dieta sana potrebbe aiutare a mantenere ad un basso grado un tumore della prostata in pazienti con tumori in fase iniziale e poco aggressivi, sottoposti a “sorveglianza attiva” (non in terapia ma sotto un controllo costante dello stadio della patologia). Questo è quanto suggerisce una ricerca compiuta alla Johns Hopkins University School of Medicine (Baltimora, Usa) che ha coinvolto 886 uomini con un tumore della prostata di basso grado, esaminandone le abitudini alimentari e seguendo l’evoluzione della loro malattia. Detta ricerca è stata pubblicata sulla rivista Jama Oncology.
LA SORVEGLIANZA ATTIVA PER I TUMORI DELLA PROSTATA
Quando con una biopsia si accerta che un uomo ha un tumore alla prostata, il campione di tessuto asportato viene sottoposto ad analisi istologica e classificato in gruppi da 1 a 5 a seconda della gravità constatata. Al gruppo 1 sono accorpate le cellule tumorali “indolenti” che appaiono non molto diverse dalle cellule sane e che non creano metastasi. Sono i casi in cui può essere suggerita una sorveglianza attiva. Il grado 5 indica il livello più aggressivo del cancro e la sua tendenza a diffondersi nel corpo. Ovviamente qui l’intervento terapeutico è d’obbligo.
LA RICERCA SUL RUOLO DEL CIBO
Diverse ricerche scientifiche hanno cercato di capire se e in che modo il regime alimentare può influenzare il rischio di progressione di malattia nei pazienti con tumori prostatici di basso grado, ma la questione resta aperta. Uno degli autori della ricerca , Christian Pavlovich, professore di Oncologia urologica presso la Johns Hopkins University, ha dichiarato: «Ci sono già stati studi sul rapporto tra alimentazione e cancro della prostata, ma riteniamo che il nostro sia il primo a fornire un’evidenza statisticamente significativa sul fatto che una dieta sana può associarsi a una riduzione del rischio che la malattia evolva a un grado più alto».
UN OCCHIO ALLA DIETA
Nella ricerca sono stati considerati 886 uomini, età media 66 anni, con diagnosi di tumore alla prostata di grado 1 tra gennaio 2005 e febbraio 2017. Tutti sono entrati nel programma di sorveglianza attiva. A ciascuno è stato chiesto di rispondere a questionari sulle proprie abitudini alimentari, classificando le risposte in base all’aderenza alle “Dietary Guidelines for Americans”, linee guida che raccomandano il consumo di alimenti come cereali, verdure, frutta, latte e carne in base al fabbisogno calorico, limitando l’assunzione di grassi saturi, colesterolo e sodio.
IL NESSO FRA DIETA E PROGRESSIONE TUMORALE
Al controllo dopo 6,5 anni, è risultato che 187 uomini (il 21 per cento) erano stati riclassificati al livello 2 o più del tumore, e tra loro 55 (il 6 per cento) erano purtroppo saliti al livello 3. Ha osservato Bruce Trock, professore di Urologia, Epidemiologia e Oncologia: «Abbiamo verificato un’associazione inversa, statisticamente significativa, tra il livello di osservanza della dieta e il rischio di riclassificazione. In altre parole, più era alto il livello di aderenza ad una dieta salutare e minore era il rischio di riclassificazione verso un livello di patologia che avrebbe richiesto un trattamento curativo».
PAZIENTI IN CERCA DI SITILI DI VITA SALUTARI
Il professor Pavlovich è entrato più nello specifico: ogni aumento di 12,5 punti nella qualità della dieta è apparso associato a una riduzione del 15 per cento all’incirca del rischio di progressione di malattia al gruppo 2 o più. Questi risultati andranno confermati da altri studi su popolazioni più ampie, ma indicano una relazione interessante fra la qualità della dieta e l’evoluzione della malattia. Commenta il dottor Giuseppe Procopio, direttore del Programma Prostata e dell’ Oncologia medica genito-urinaria presso la Fondazione Irccs Istituto Nazionale dei Tumori di Milano: «Quello della Johns Hopkins è uno studio prospettico, che aumenta le nostre conoscenze in questo ambito di ricerca clinica. Gli uomini in sorveglianza attiva per un tumore prostatico chiedono di rimanere protagonisti del proprio benessere e di mantenere le proprie condizioni di salute anche attraverso stili di vita salutari, incluse l’alimentazione e l’attività fisica. In caso di tumori di basso grado, infatti, è possibile evitare un trattamento immediato (prostatectomia o radioterapia) e i conseguenti effetti collaterali, ed essere monitorati in sorveglianza attiva».
TARDARE O EVITARE IL TRATTAMENTO QUANDO POSSIBILE
Conclude il dottor Procopio: «La sorveglianza comporta in alcuni casi anche il dover cambiare strada e attivare una terapia se le caratteristiche si modificano nel tempo. Questo lavoro documenta che una sana alimentazione potrebbe influenzare positivamente il corso della malattia, aumentando le possibilità di evitare il trattamento».
Serena Zoli
Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.