La deposizione di sali di calcio-fosfato nelle arterie favorisce l’insorgere di malattie cardiovascolari. Ileana Badi punta a chiarire come un piccolo Rna possa provocare questo disturbo
La calcificazione vascolare è una complicazione, normalmente associata all’età, caratterizzata dalla deposizione di sali di calcio-fosfato nelle pareti delle arterie. Sebbene la calcificazione vascolare sia un principale fattore di rischio per malattie cardiovascolari, non ne è stata ancora trovata una cura efficace. Recenti pubblicazioni hanno tuttavia rivelato l’importante contributo della senescenza cellulare nel mediare questo processo. Comprendere i dettagli molecolari di questo pericoloso processo è l’obiettivo della biotecnologa Ileana Badi, che grazie alla Fondazione Umberto Veronesi svolge un progetto di ricerca presso il Centro Cardiologico Monzino di Milano.
Ileana, di che cosa ti occupi nel tuo progetto?
«I microRna sono piccole molecole di Rna non codificante la cui funzione è quella di regolare l’espressione dei loro geni bersaglio. Studi preliminari del nostro laboratorio indicano che il microRna-34a possa giocare un ruolo importante nell’innescare la calcificazione vascolare attraverso la senescenza cellulare. L’obiettivo principale dello studio è comprendere i meccanismi molecolari e cellulari attraverso cui il microna-34a possa influenzare la calcificazione vascolare, allo scopo di sviluppare cure efficaci per questa complicazione associata all’invecchiamento. Verrà valutato se questo microna sia in grado di innescare la calcificazione attraverso la regolazione negativa dell’espressione di alcuni suoi geni bersaglio, che rivestono un ruolo importante nel bloccare la calcificazione vascolare».Quali prospettive apre questo progetto, anche a lungo termine, per la salute umana?
«Lo svolgimento del nostro studio permetterà di stimare se bloccare il microRna-34a possa rappresentare un’efficace strategia terapeutica per contrastare questa problematica».
Hai lavorato anche in Olanda: cosa ti ha spinto ad andare? Cosa ti ha lasciato questa esperienza?
«Esatto: ho lavorato 3 anni come post-doc all’Academic Medical Center dell’Università di Amsterdam. Volevo fortemente fare un’esperienza all’estero: credo che sia un’occasione importante sia dal punto di vista professionale che personale. Vedere realtà che hai conosciuto in Italia da un altro punto di vista ti apre davvero la mente. E’ stata un’esperienza stupenda: in laboratorio ho trovato tanti amici/colleghi che provenivano da ogni parte del mondo, che condividevano la mia stessa passione e che non mi hanno fatto rimpiangere l’Italia».
Ricordi il momento in cui hai capito che la tua strada era quella della scienza?
«Fin dalle prime lezioni di scienze alle scuole medie ho capito che non mi bastava quello che diceva il professore o che era scritto sul libro: volevo saperne sempre di più su come funziona la cellula, il Dna, l’Rna. Credo di aver capito lì che volevo diventare una biologa molecolare».
Cosa ti piace di più e di meno della ricerca?
«Adoro la possibilità di sperimentare le mie idee, di togliermi le mie curiosità. E anche i lati brutti servono: c’è sempre qualcosa da imparare. Inoltre le difficoltà fanno apprezzare di più le cose belle».
Cosa ne pensi delle persone contrarie alla scienza per motivi “ideologici”?
«Credo che molto spesso i più accaniti contestatori siano anche le persone meno informate. Secondo me è molto importante l’attività di disseminazione scientifica, come quella che sta facendo la Fondazione Umberto Veronesi: è appunto attraverso il dialogo che si possono contrastare molti dei problemi che insorgono. Ma non c’è solo un problema di conoscenze mancanti: la scienza porta con sè anche dilemmi etici, che devono essere affrontati grazie al confronto tra scienziati e società civile».
Cosa fai nel tempo libero?
«Ho praticato per 30 anni danza classica e moderna: ho dovuto smettere perché mi sono infortunata. Ora ballo il tango, vado in palestra e faccio immersioni. Mi piace anche molto andare a teatro e ai concerti di musica rock».
Se un giorno un tuo figlio o figlia ti dicesse che vuole fare il ricercatore, come reagiresti?
«Credo che i figli vadano supportati qualsiasi strada vogliano intraprendere. Se mio figlio mi dicesse che vuole fare il ricercatore significherebbe che ha la mia stessa passione per la scienza: quindi lo asseconderei e condividerei con lui i piaceri e i dispiaceri di questo mestiere».
Una figura che ti ha ispirato nella tua vita personale e/o professionale.
«Credo che Linus Pauling debba essere un esempio per ogni scienziato. Due Nobel: uno per la Chimica e uno per la Pace».
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