Fezolinetant, una nuova molecola che non agisce sui recettori ormonali, si è rivelata utile nel trattamento delle vampate. Un vantaggio non indifferente soprattutto in ottica di una riduzione del rischio oncologico
In menopausa le vampate di calore sono un fenomeno ampiamente diffuso. La terapia ormonale sostitutiva rappresenta una delle possibili cure. Questa però, se utilizzata per lunghi periodi, è potenzialmente associata ad un aumentato rischio di tumore al seno. Ecco perché diverse donne preferiscono evitare di assumerla. Da qualche tempo però, grazie alla ricerca, sono state sviluppate delle molecole alternative in grado di ridurre le vampate senza agire a livello ormonale. Un recente studio di fase III, pubblicato sulle pagine di The Lancet, ha dimostrato che la molecola fezolinetant è in grado di ridurre significativamente le vampate di calore. Un risultato importante che potrebbe portare presto all'approvazione all'utilizzo di questo nuovo farmaco.
VAMPATE E MENOPAUSA
Uno dei sintomi più diffusi associati alla menopausa è lo sviluppo delle vampate di calore, situazione che può influenzare negativamente la qualità di vita della persona. Ad oggi si calcola che circa il 70% delle donne in menopausa ne soffra e circa il 10% riporti questo sintomo come insopportabile. Quando queste diventano così importanti, ovvero si manifestano oltre 30 vampate la settimana e più di un paio per notte, è fondamentale aiutare la donna con la terapia ormonale sostitutiva che ripristini i corretti valori ormonali. Questi farmaci non agiscono solo sulla riduzione delle vampate ma hanno anche effetto positivo su altri sintomi come la secchezza vaginale, le alterazioni del tono dell'umore, l'instabilità emotiva, l'insonnia, i dolori osteo-articolari e le difficoltà di concentrazione.
TERAPIA ORMONALE E RISCHIO CANCRO
Pur avendo indubbi vantaggi, la terapia ormonale sostitutiva presenta alcune controindicazioni. Una di queste è l'aumentato rischio di sviluppare un tumore al seno quando utilizzata per molti anni. Attenzione però alle facili conclusioni: la correlazione era nota, soprattutto a fronte di un utilizzo protratto nel tempo. Ma l'esito di una revisione di studi pubblicata sulla rivista The Lancet nel 2019 ha confermato che le probabilità di ammalarsi risultano (di poco) più elevate fino a dieci anni dopo aver sospeso l'assunzione di ormoni. Ecco perché, a fronte di questo risultato, occorre ponderare con il proprio medico i rischi e i benefici e la scelta di quale terapia assumere e per quanto tempo utilizzarla. Non solo, un altro caso di mancato utilizzo della terapia ormonale sostitutiva riguarda tutte quelle donne che sono in cura con agenti antiormonali che causano deprivazione estrogenica per evitare il rischio di recidiva per tumore al seno. In questi casi una terapia ormonale andrebbe ad annullare l'effetto della terapia anti-recidiva.
LO STUDIO
Partendo da queste considerazioni negli anni i ricercatori hanno provato a sviluppare nuove molecole capaci di agire su meccanismi differenti. Dalla ricerca preclinica è emerso che la neurochinina B insieme al suo recettore svolgono un ruolo importante nel causare i sintomi vasomotori della menopausa. Ed è per questa ragione che si sono sviluppati farmaci capaci di agire su questo specifico target che nulla ha a che fare con il complesso meccanismo ormonale degli estrogeni. Una di essi è fezolinetant. Per verificarne l'efficacia lo studio di fase III SKYLIGHT 1 ha coinvolto oltre 500 donne in menopausa con vampate da moderate a forti. Divise in tre gruppi, ad uno è stato somministrato il placebo, al secondo il farmaco ad un dosaggio di 30mg e il terzo a 45mg. Dalle analisi è emerso che, rispetto al placebo, la molecola ha ridotto in maniera significativa e duratura nel tempo (sino ad un anno di valutazione) i sintomi delle vampate. Per contro oon sono stati riportati miglioramenti significativi nei disturbi del sonno per entrambe le dosi di fezolinetant rispetto al placebo.
LE IMPLICAZIONI
Quanto ottenuto dimostra la possibilità di agire sui sintomi attraverso un'azione non ormonale. Un vantaggio non di poco conto soprattutto per il legame, seppur minimo, tra terapia ormonale sostitutiva e rischio cancro. Non solo, anche se mancano studi nei pazienti oncologici questa nuova molecola potrebbe rappresentare una possibile cura delle vampate tipiche della menopausa precoce per le donne in cura con terapia antiormonale dopo la rimozione di un tumore al seno. Il razionale scientifico c'è, ora occorrono gli studi.
Sostieni la ricerca scientifica d'eccellenza e il progresso delle scienze. Dona ora.
Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.