La guarigione dalla sieropositività è un evento estremamente raro e dipende dalle cure anticancro. Solo 5 i casi documentati. Ma c'è una novità presentata al congresso IAS
Guarire da un'infezione HIV è un evento estremamente raro. Ad oggi, secondo quanto raccontato nei giorni scorsi a Brisbane al congresso dell'International Aids Society (IAS), sono 5 i casi di guarigione documentata. In tutti i casi ciò è avvenuto grazie ad un trapianto di staminali effettuato per curare un tumore. Ma se in 4 casi ciò è dipeso da una particolare caratteristica genetica dei donatori -che rende le cellule del sistema immunitario particolarmente resistenti all'attacco del virus- l'ultimo caso discusso a IAS rappresenta una grande novità: il "paziente di Ginevra" da oltre 18 mesi dalla sospensione delle terapie antiretrovirali non presenta segni del virus nonostante le cellule staminali ricevute non posseggano la mutazione "protettiva".
HIV: CONTROLLARE LA MALATTIA CON GLI ANTIRETROVIRALI
All'inizio degli anni '90 la diagnosi di sieropositività equivaleva ad una condanna. Il virus dell'HIV, infettando in maniera specifica le cellule del sistema immunitario, rendeva le persone affette più vulnerabili a molte malattie che generalmente, nelle persone sane, non creano particolari problemi. Rendeva perché oggi, grazie alla ricerca, lo scenario è completamente cambiato tanto che una persona positiva al virus, se opportunamente trattata, possiede un'aspettativa di vita media simile a chi non è mai entrato in contatto con il virus. Il merito è delle terapie antiretrovirali, molecole che agiscono interrompendo selettivamente i meccanismi che il virus mette in atto per replicarsi e infettare nuove cellule. Farmaci che non eliminano definitivamente il virus ma che, presi per tutta la vita, consentono di tenere a bada l'HIV evitando che evolva in AIDS.
GUARIRE GRAZIE AL TRAPIANTO
Se dunque i farmaci antiretrovirali hanno rivoluzionato la vita delle persone sieropositive, parlare di guarigione dall'infezione è sempre stato un tabù. E lo è tutt'ora perché i 5 casi documentati rappresentanto un "incidente di percorso" delle cure anticancro. Il primo caso risale al decennio scorso: Timothy Ray Brown, "il paziente di Berlino", ha vissuto per 12 anni senza più assumere antiretrovirali dopo un trapianto di midollo per la cura di una leucemia. Il secondo riguarda un uomo sieropositivo colpito da linfoma non-Hodgkin. Curato tramite cicli di chemioterapia e successivamente sottoposto a trapianto di midollo per andare a ripopolare il sangue di globuli bianchi e rossi precedentemente "distrutti" dalla chemio, una volta guarito dal tumore nel suo sangue il virus HIV non era più rilevabile. Cure anticancro e trapianto hanno avuto come effetto collaterale l'eliminazione del virus. Al "paziente di Berlino" ne sono seguiti altri 4.
CHIUDERE LA PORTA AL VIRUS
La guarigione in tutti i casi è dipesa da una particolare caratteristica delle cellule staminali trapiantate. HIV è un virus che infetta le cellule del sistema immunitario. Ricerverne di nuove aventi una mutazione di CCR5 -la porta di ingresso del virus- che conferisce resistenza agli attacchi di HIV ha consentito ai pazienti di evitare che HIV intaccasse le nuove cellule. Ecco spiegata dunque la guarigione.
IL CASO DEL PAZIENTE DI GINEVRA
Ma con il "paziente di Ginevra", un individuo maschio con diagnosi di HIV dal 1990 e curato per tumore nel 2018, la situazione si è fatta differente. Secondo quanto raccontato a IAS questa persone da 18 mesi non ha più segni del virus nel sangue nonostante la sospensione della terapia. Piccolo particolare: il donatore da cui ha ricevuto le cellule staminali non presenta una mutazione in CCR5 rimanendo dunque potenzialmente suscettibili al virus. Quanto descritto rappresenta una novità assoluta che i ricercatori cercheranno di comprendere. In passato si verificarono due casi simili ma la remissione durò solo 4 e 8 mesi rispettivamente.
NON ABBANDONARE LE CURE
I casi di guarigione non devono però generare facili entusiasmi: i casi documentati -oltre ad essere eventi estremamente rari- rappresentano un "effetto collaterale" delle cure anticancro. Una procedura difficilmente applicabile in un individuo sieropositivo ma sano dal punto di vista oncologico. Il trapianto di midollo non è affatto una procedura priva di rischi. Non solo, il virus HIV può infatti entrare nelle cellule -seppur con frequenza minore- attraverso recettori alternativi a CCR5. Ecco perché avere la mutazione non significa possedere uno scudo contro le infezioni da HIV. CCR5 sarà la prossima sfida dei farmaci per la cura dell'HIV ma non dimentichiamoci però di quanto già raggiunto: oggi gli antiretrovirali in commercio stanno salvando milioni di vite.
Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.