L'attività fisica negli anziani ricoverati migliora le condizioni complessive e riduce il numero dei nuovi ricoveri. Ma gli ospedali non sono a misura dei «vecchietti»
Un ospedale a misura di anziano? Deve prevedere cure (chirurgiche e farmacologiche) all'avanguardia, questo sì. Ma anche un adeguato percorso di riabilitazione che - compatibilmente con le condizioni dei pazienti - contempli un percorso di attività fisica. La sinergia tra allenatori, infermieri e geriatri, oltre alla precocità dell'intervento, può fare la differenza: migliorando le capacità funzionali dei «vecchietti» (primo obbiettivo), ma anche la loro qualità di vita e lo stato d'animo, riducendo la comparsa di forme di delirio legate alla durata del soggiorno in ospedale (più breve se il paziente fa ginnastica), il tasso di cadute, i nuovi ricoveri e i decessi entro tre mesi dalla dimissione. Il tutto indipendentemente dalla causa del ricovero. Sempre che, naturalmente, le condizioni di una persona siano compatibili con l'opportunità di svolgere gli esercizi messi a punto dagli specialisti presenti in ospedale.
COSA MANGIARE QUANDO L'ETA' AVANZA?
L'IMPATTO DELL'ATTIVITA' FISICA SUGLI ANZIANI
Sono queste le conclusioni che emergono da uno studio pubblicato sulla rivista Jama Internal Medicine e condotto da un gruppo di specialisti dell'ospedale di Pamplona, che hanno coinvolto nella ricerca 370 pazienti. Età media: oltre 87 anni. Durata (media) del ricovero: otto giorni. Partendo da questo gruppo, gli specialisti hanno suddiviso uomini e donne a seconda dell'intervento ricevuto: con o senza attività fisica. L'esercizio, quando effettuato, ha avuto una durata media di cinque giorni: quasi sempre con due sedute quotidiane. Notevole è stato l'impatto sui pazienti: dal sensibile miglioramento rilevato in una batteria di test fisici a cui sono stati sottoposti tutti gli anziani (compresi quelli che non avevano effettuato alcuna seduta di allenamento). Ma soprattutto, in nessun caso sono emersi effetti avversi legati allo svolgimento dell'attività fisica.
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L'IMPATTO DEI RICOVERI SUGLI ANZIANI
L'aspetto non è di poco conto, perché le ricadute nei pazienti anziani, dovute alla loro fragilità, sono già frequenti. Le statistiche europee dicono che quasi la metà delle persone con più di 85 anni muore entro un anno dal ricovero in ospedale. Lo scenario potrebbe anche aggravarsi nei prossimi anni, se la prospettiva di vita di ogni individuo continuerà a spostarsi in avanti. Nonostante la risoluzione del motivo del ricovero in ospedale, i pazienti, specialmente quelli che sono fragili, tendono a continuare a vivere con un carico di disabilità piuttosto grave. Questo determina un peggioramento delle loro condizioni di salute, oltre che un aggravio di costi per per il servizio sanitario. Da qualunque punto si osservi la scena, dunque, prolungare i ricoveri o reiterarli non è mai la soluzione auspicabile. Come intervenire, allora? «Rimettendo in piedi» anzitutto i pazienti, quando possibile. «I ricoveri ospedalieri acuti svolgono un ruolo importante nell'aumento della disabilità degli anziani - affermano i ricercatori -. L'invalidità, in questo caso, è legata alla scarsa mobilità. I nostri dati, insieme a quelli di ricerche precedenti, suggeriscono che portare i pazienti a svolgere attività fisica è importante per preservare la loro capacità funzionale, durante e dopo il ricovero».
SERVONO OSPEDALI A MISURA DEGLI ANZIANI
«Quando si parla di invecchiamento attivo, occorre pensare anche alle condizioni di vita dei pazienti negli ospedali - afferma Matteo Cesari, direttore dell'unità semplice di geriatria alla Fondazione Ca' Granda - Ospedale Maggiore Policlinico di Milano -. Questo lavoro dimostra come di fronte a un paziente anziano, oltre a evitare il ricorso alla medicina difensiva, occorre mettere in atto interventi cuciti su misura per favorire la mobilità». Questo approccio sta iniziando a diffondersi negli ultimi anni, nei più grandi ospedali europei (ma in Italia sono pochissimi gli ospedali che hanno una palestra a due passi dai reparti di geriatria). Il servizio sanitario inglese, nei mesi scorsi, ha lanciato una campagna contro la «paralisi da pigiama», che mira a far tornare i pazienti anziani a casa quanto prima. Ma anche a coinvolgerli il più possibile in diverse attività, durante il ricovero (se le loro condizioni lo permettono). Se si volesse sintetizzare: si invecchia meglio se si sta in ospedale il meno possibile.
Fonti
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).