La metà delle persone con diabete vive nelle grandi città. E' lo stile di vita sedentario l'anticamera della malattia. I dati presentati al congresso SID
La metà degli individui affetti da diabete si concentra nelle grandi aree urbane. Secondo gli ultimi dati dell'ISTAT, delle 3,2 milioni di persone con questa patologia, il 52% risiede nelle 14 città metropolitane d'Italia. Sul banco degli imputati c'è in primis lo stile di vita: nelle città risiedono molte più persone con problemi di obesità e che praticano scarsa attività fisica. E' questa la fotografia della persona con diabete scattata all'ultimo congresso della SID, la Società Italiana di Daiebetologia, svoltosi a Rimini nelle scorse settimane.
DIFFERENZE TRA DIABETE DI TIPO 1 E 2
Il diabete è una patologia che affligge 400 milioni di persone al mondo ed è caratterizzato da un aumento dei livelli di glucosio nel sangue. La malattia si divide in due grandi categorie: quella di tipo 1 -che riguarda circa il 10% delle persone con diabete- in genere insorge nell’infanzia o nell’adolescenza. Chi ne soffre subisce la progressiva distruzione, ad opera del proprio sistema immunitario, delle cellule del pancreas che producono l’insulina. Quella di tipo 2 invece, con un’evoluzione molto più lenta, si manifesta dopo i 30-40 anni e può essere trattato, a seconda della gravità, con diversi farmaci prima di arrivare all’utilizzo dell’insulina.
DIABETE URBANO
Ma se dunque il diabete di tipo 2 è principalmente legato agli stili di vita, i dati ci dicono che sono le aree a maggior densità di popolazione dove si registra una prevalenza maggiore di diabete. A tal proposito gli esperti cominciano a definire questa situazione con il nome di "diabete urbano". «Prendendo come modello Roma, l'area metropolitana più popolosa d'Italia e la quarta di Europa - spiega Antonio Nicolucci, direttore Coresearch - Center for outcomes research and clinical epidemiology- dall'analisi congiunta di dati ISTAT e di rapporti epidemiologici esistenti è stato possibile costruire una mappa del diabete e dei fattori di rischio nella città italiana e nell'area metropolitana. La prevalenza di diabete negli otto distretti dell'area metropolitana è stata messa in relazione con indicatori degli stili di vita e di stato socio-economico».
PIU' MEZZI PRIVATI, PIU' DIABETE
All'interno dell'area metropolitana di Roma, la prevalenza di diabete varia fra il 5,9% e il 7,3% nei vari distretti sanitari. Ebbene, nelle aree a più alta prevalenza di diabete è risultata più alta la percentuale di cittadini che si muovono con mezzi privati (62%), mentre è inferiore la quota di quanti si muovono a piedi o in bicicletta (12%). Viceversa, nei distretti dove si riscontra una minor percentuale di diabetici, oltre il 20% delle persone si muove a piedi o in bicicletta e il 52% utilizza un trasporto privato (automobile o motorino). Dalla ricerca emerge inoltre che, «in condizioni di vulnerabilità socio-culturale - prosegue Nicolucci - il diabete non solo è più frequente, ma insorge anche più precocemente. L'analisi effettuata su Roma rappresenta a tutti gli effetti un nuovo modo di considerare una patologia cronica quale è il diabete come una rete di complesse interazioni fra caratteristiche individuali, socio-culturali e ambientali, e per questo - conclude - il modello sarà ora esportato alle altre aree metropolitane italiane».
Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.