I grafici delle temperature globali in aumento parlano di milioni di vite umane a rischio. Alla Conferenza annuale sul clima si ricorda: l'inazione è imperdonabile
«La crisi del cambiamento climatico è una crisi sanitaria» è il messaggio emerso durante i vari lavori della giornata dedicata alla salute (il 3 dicembre), l’Health Day, nell’ambito della COP28, la conferenza annuale delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Una novità di quest’anno che conferma la sempre maggior importanza delle questioni relative alla salute nei negoziati sul clima.
UN’EMERGENZA GLOBALE
Sono milioni i decessi l’anno e sono già in aumento i casi di diarrea, malaria, dengue, malattie infettive facilitate dalle ondate di calore, attualmente la più comune forma di emergenza sanitaria, e altri fenomeni come precipitazioni estreme, inondazioni e siccità, che agiscono sulla sicurezza alimentare, la cosiddetta food security, con cui si intende la possibilità di avere accesso ad acqua pulita e cibo di qualità. In serata, l’annunciata Dichiarazione della Cop28 su clima e salute è stata approvata da 123 Paesi, compresa la Cina, all'appello mancando solo India, Russia, Arabia Saudita, Sudafrica e Turchia. Il documento è ora al tavolo dei negoziati.
NON SONO GRAFICI DI TEMPERATURE, MA VITE UMANE
La centralità della salute in ogni azione per il clima era già stata evidenziata di recente dall’ottavo rapporto del Lancet Countdown on health and climate change, redatto da un team internazionale di 114 ricercatori, secondo cui cambiamenti climatici continuano ad avere crescenti effetti negativi sulla salute e sulla mortalità in tutto il mondo. I rischi per la salute legati al clima e il loro impatto stanno aumentando, si legge nel Rapporto, anche a causa «dell’esposizione al caldo estremo, pericolo di incendi, idoneità ambientale per le malattie infettive e meno ore per lavorare o fare attività fisica in modo sicuro all'aperto». Questa edizione del rapporto fa anche, per la prima volta, delle previsioni. Un aumento della temperatura media globale di 2 gradi Celsius, si dice, è sempre più probabile in assenza di significative misure di riduzione dei gas serra («le attuali politiche ci mettono sul binario di un catastrofico 2,7 gradi entro il 2100» e «i governi continuano a incentivare i combustibili fossili attraverso sussidi, spesso con cifre che equivalgono al budget nazionale per la salute»). Se questo accadesse, si calcola che il numero di morti legate al caldo aumenterà del 370% entro la metà di questo secolo. Intervenendo ieri a Dubai, la executive director del Lancet Countdown e ricercatrice dell’Ucl Marina Romanello ha ribadito che «la perdita di vite umane dovute al cambiamento climatico è non reversibile, come sono invece alcuni degli effetti sull’ambiente. L’inazione è imperdonabile, il suo costo è enorme. Bisogna essere chiari e non perdere ulteriore tempo: dire stop ai combustibili fossili è essenziale per il futuro». Per ogni dollaro che spendiamo ora per rafforzare la resilienza, vengono evitati 7 dollari di danni e di perdite di vite umane.
GUARDARE ALL’INTERO ECOSISTEMA
L’Health Day è stata anche un’occasione per mettere insieme dati di salute del cambiamento climatico che ostacolano il raggiungimento dei successi di salute pubblica resi possibili dagli avanzamenti biomedici nella diagnosi e trattamento delle malattie. A quelle già dette, ci sono poi quelle associate all’inquinamento dell’ecosistema, come ha evidenziato l’inviato speciale Usa per il clima John Kerry: «Sono oltre 8,3 milioni i morti l’anno in tutto il mondo a causa dell'inquinamento dell'aria e, secondo uno studio di Harvard e della George Mason University, l’esposizione alle polveri sottili inquinanti provenienti dalle centrali elettriche a carbone è associata a un rischio di mortalità più che doppio rispetto all’esposizione al Pm2,5 proveniente da altre fonti. Suona allarmante? Perché lo è. È incomprensibile come adulti in posizione di responsabilità non si facciano carico di quanto ci uccide ogni giorno. Dobbiamo smetterla di ucciderci col carbone».
ESPLICITARE IL NESSO CLIMA-SALUTE
Il cambiamento climatico aumenta il rischio e l’incidenza di molte malattie, ma spesso la sua comunicazione è resa meno efficace perché esso non è ancora previsto tra le cause di morte nei documenti medici uffiali, come ha ricordato Diarmid Campbell-Lendrum, responsabile dell'unità sanitaria e cambiamenti climatici dell’Oms. Il primo caso riconosciuto è stato nel 2020 quello di una bambina londinese di nove anni, residente a 30 metri dalla circonvallazione South circular road, Ella Kissi-Debrah. Il suo decesso nel 2013 fu causato da «insufficienza respiratoria acuta, asma grave ed esposizione all’inquinamento atmosferico» ha ricordato Jane Burston, Chief Executive Officer e fondatrice di Clean Air Fund, che ha ricordato come conoscere le cause significa avere le soluzioni. I buoni esempi ci sono: durante le olimpiadi del 2008, le misure del governo cinese per ridurre le emissioni e le restrizioni sul traffico privato ha portato a una riduzione del 40% dei casi di asma.
TRASFORMARE I SISTEMI SANITARI E RIVOLUZIONARE LA FORMAZIONE
La salute può essere un catalizzatore per l’azione congiunta di tutti gli altri settori coinvolti. Ma oltre ad aumentare la propria resilienza alle minacce del cambiamento climatico, i sistemi sanitari devono agire in almeno altre due direzioni: il 5% delle emissioni proviene dal settore sanitario e una minoranza dei medici possiede competenze in ambito di salute e clima. Lo ha detto Jemilah Mahmood, oggi Executive Director del Centre for Planetary Health alla Sunway University in Malesia, con un passato sul campo in contesti di crisi e poi all’Onu. «L’impatto sanitario del clima è così devastante anche perché i principali determinanti della salute sono sociali, ambientali ed economici, colpiti dai cambiamenti climatici. Nel nostro corso di laurea in medicina è obbligatorio un corso di salute planetaria. Serve una rivoluzione nella formazione e nella comunicazione» ha spiegato Jemilah Mahmood. «Quello di cui abbiamo parlato oggi ci riguarda ormai tutti. Dobbiamo tradurre quanto è emerso oggi in concetti che le persone possano capire, suggerire domande semplici come ad esempio: avete notato nei vostri assistiti un aumento di infezioni urinarie dovute alla disidratazione?».
DIETA SOSTENIBILE
Infine, all’Health Day si è parlato di transizione verso una dieta vegetale e diversificazione delle fonti proteiche. L’attuale sistema di produzione alimentare affama una parte del mondo e ammala un’altra parte, tramite la malnutrizione che è in aumento ovunque. «Produrre più cibo per una popolazione in crescita non è abbastanza e non è sostenibile» ha detto Raphaël Podselver di ProVeg International. «L’83% delle terre agricole coltivabili serve per sfamare gli animali, cui vanno circa i due terzi dei cereali prodotti. Il 40-50% degli esemplari viene “sprecato” perché muoiono o non vengono mangiati. Il 70% degli antibiotici usati nel mondo va per limitare la diffusione di malattie negli allevamenti. C’è poi un problema legato alla perdita di biodiversità dovuta sia al disboscamento e all’occupazione delle terre, sia alle poche varietà coltivate, secondo la Fao una decina di piante rappresenta quasi il 70% della produzione agricola, che ci rende vulnerabili».
DOVE CLIMA E GUERRE COLPISCONO INSIEME
Dal settore umanitario un appello a non ragionare per silos e a riconoscere la doppia morsa che stringe alcuni paesi che causa morti e migrazioni di massa: «Conflitti e cambiamenti climatici colpiscono duramente alcune popolazioni del mondo: si pensi a paesi come Afghanistan, Somalia e Siria, complessivamente le 16 nazioni più vulnerabili sono quelle che meno di tutte (2% delle emissioni globali) hanno contributo al cambiamento climatico» ha detto David Miliband, presidente dell’International Rescue Committee «Sono paesi dove non c’è sicurezza alimentare, ci sono poche possibilità anche solo di vedere un medico e la disuguaglianza di genere colpisce massimamente la salute delle donne. Serve un approccio basato sulle persone e le comunità, finanziando misure di adattamento, innovazione e resilienza».
Sostieni la ricerca, sostieni la vita. Dona ora
Nicla Panciera
Giornalista professionista e medical writer, si occupa di salute e di scienza per varie testate nazionali (tra cui Repubblica, La Stampa, Le Scienze, Mind Mente e cervello, dove cura una sua rubrica, e Vita), è autrice del libro «In piena libertà e consapevolezza» (con Margherita Hack) per Baldini&Castoldi e di «Cervelli che contano» (con Giorgio Vallortigara) per Adelphi Piccola Biblioteca Scientifica.